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Residui attivi e contributi: «le famiglie pagano la scuola».

bookIn questi giorni una campagna del Fronte della Gioventù Comunista nelle scuole italiane sta riportando l’attenzione sulla questione dei contributi scolastici versati dalle famiglie al momento dell’iscrizione. Il nostro giornale ha affrontato la questione dei contributi nelle scorse settimane e quindi non torneremo direttamente sull’argomento.

Pochi conoscono invece la storia dei residui attivi, che sono una delle cause tecniche principali dell’aumento dei contributi in questi anni. Le spese di una scuola sono ripartite dalla legge a carico di diversi soggetti. Tra questi lo Stato è quello con i maggiori oneri di spesa, per il funzionamento didattico, gli stipendi, le supplenze, mentre alle famiglie spetta, dalla legge sull’autonomia, contribuire all’ampliamento dell’offerta formativa. Tutti questi fondi entrano a far parte del bilancio della scuola nelle varie voci, con una differenza tra i fondi dello Stato che sono vincolati ad una destinazione e quelli delle famiglie che non avendo vincolo di destinazione, consentono una maggiore duttilità nell’utilizzo.

A partire dalla metà del decennio scorso lo Stato inizia a ritardare il pagamento alle scuole per esami di stato, supplenze brevi e funzionamento didattico. Questo fattore, unito alla costante diminuzione dei finanziamenti alla scuola pubblica, spinge le scuole ad anticipare e utilizzare fondi propri non vincolati, provenienti dal contributo delle famiglie per pagare spese di competenza dello Stato. I rimborsi però tardano ad arrivare e si accumulano nei bilanci delle scuole i cosiddetti residui attivi, crediti che i singoli istituti vantano nei confronti dello Stato, ma che non sono stati pagati.

Con una circolare del 13 aprile 2012, relativa al pagamento delle supplenze brevi, il MIUR invia alle scuole le istruzioni su come comportarsi “in attesa dell’assegnazione integrativa” di fondi da parte dello Stato per pagare le supplenze. Il Ministero elenca una serie di criteri sostitutivi. Si parte dallo storno compensativo, ovvero la riduzione di altre previsioni di spesa eccedenti , con il trasferimento di quelle somme alla previsione di spesa per le supplenze. In secondo luogo mediante prelievo dall’avanzo di amministrazione, con il limite della quota di residui attivi (cioè non può utilizzare i residui attivi a copertura…perché tanto non li riavrà indietro!). In ultima opzione, provvedere ad una variazione di bilancio iscrivendo una maggior previsione di entrata da parte dello Stato. In sostanza la terza ed ultima opzione, da utilizzare secondo il MIUR solo in casi straordinari, se impossibile fare il resto, sarebbe in realtà l’opzione corretta, dato che è lo Stato che dovrebbe finanziare queste spese.

L’ammontare dei residui attivi in generale è un mistero, dato che, secondo i sindacati della scuola, non sono mai stati forniti dati ufficiali dal Ministero, sebbene nel 2010 le scuole furono invitate a compilare un questionario indicando l’entità di questi fondi, spedito al Ministero dell’economia. Si parla a livello di stime di una quota che va dal miliardo al miliardo e mezzo di euro, di crediti vantati dalle scuole nei confronti dello Stato. Tutte le spese sostenute in questi anni con questi soldi, sono state pagate con il contributo delle famiglie. Ma in realtà nessuno lo sa e nessuno ne parla.

Questa circolare del MIUR spiega nel dettaglio come avviene il processo di sostituzione di risorse pubbliche con soldi delle famiglie e come le scuole siano obbligate ad utilizzare i fondi delle famiglie a compensazione dei tagli. Tutti sanno che il rimborso non arriva, e se arriva è parziale e in ritardo di anni, ma si continua a portare avanti questa finzione dei residui attivi, che permettono alle scuole di mantenere il bilancio in parità. Pagare il contributo nuoce gravemente alla scuola pubblica.

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