Un bell’articolo pubblicato su gli Altri riapre una discussione antica a sinistra sulla questione della droga. In questi anni la cultura di movimento e della sinistra radicale in generale è stata dominata dalla parola d’ordine della liberalizzazione, della libera scelta individuale. Troppo spesso questo ragionamento ha portato a dimenticare la dimensione sociale del fenomeno e dello scopo finale che la droga rappresenta. Con l’avanzare della crisi e l’emergere di aree di fortissimo disagio sociale è forse il caso di aggiornare l’analisi e porre la questione in altri termini. Non volgiamo che questo articolo venga preso per becero moralismo, né accomunato alle varie richieste di natura repressiva che vengono da destra. Vogliamo al contrario porre alcuni elementi di riflessione perché un dibattito serio sulla droga è quanto mai necessario.
Per capire di cosa parliamo bisogna partire da alcuni dati. Secondo alcune stime nel 2015, con l’aggravarsi della crisi il consumo di droga aumenterà, con un’incidenza marcata tra i giovani. Si stima che il consumo di eroina, droga in forte ascesa in questo momento arriverà a lambire quota 300.000 persone, in stragrande maggioranza giovani, quello di cocaina circa 700.000, ossia quasi il 2% della popolazione italiana, quello di droghe sintetiche 250.000. Solo pochi anni fa una bella inchiesta di Loris Campetti dal nome significativo “quanto tira la classe operaia” pubblicata nel 2008 sul Manifesto, aveva messo in luce l’aumento del consumo di droghe, ed in particolare della cocaina, in fabbrica. Un consumo ancora maggiore tra le nuove generazioni di operai che rispondevano così all’aumento dei turni di lavoro, ad un lavoro massacrante fisicamente e alla fine della solidarietà di classe e l’emersione di elementi competitivi, introdotti dalla cultura dominante anche all’interno della classe operaia. La droga come risposta ad esigenze fisiche di reggere allo sfruttamento, e come evasione dalla condizione attuale.
Nel 2009 anno in cui la crisi iniziava a manifestare i suoi effetti reali con l’aumento della cassa integrazione e dei licenziamenti, e la chiusura delle prime fabbriche. Nel nord Italia si lanciava l’allarme sull’abbassamento del prezzo della cocaina, divenuta droga di diffusione di massa. Le inchiesta parlavano di costo di una micro dose, pari a quello di un aperitivo. La cocaina passava così da droga per “ricchi” a droga di massa, proprio negli anni della crisi con una notevole diminuzione del suo costo. Gli effetti immediati della cocaina sono quelli che consentono di reggere maggiormente la fatica di ritmi di lavoro esasperati. Una droga favorevole al sistema quindi, che ti consente di reggere dove fisicamente non ce la faresti. Eccone spiegata la grande diffusione avuta in questi anni. Non si tratta di un fenomeno nuovo.
Per capire di cosa stiamo parlando forse è bene citare un brano di Engels riferito alla condizione degli operai inglesi alla fine dell’800. “Tutte le lusinghe, tutte le possibili tentazioni si uniscono per spingere gli operai all’ubriachezza. L’acquavite è per essi quasi la sola fonte di piacere, e tutto congiura per mettergliela a portata di mano. L’operaio ritorna a casa stanco ed esaurito dal suo lavoro; trova un’abitazione priva di ogni comodità, umida, sgradevole e sudicia; ha un acuto bisogno di una distrazione, deve avere qualcosa per cui valga la pena di lavorare, che gli renda sopportabile la prospettiva delle fatiche del giorno successivo… in simili circostanze esiste una necessità fisica e morale, per cui una grande parte degli operai deve soggiacere all’alcool… Ma come è inevitabile che un gran numero di operai cada vittima dell’ubriachezza, così è anche inevitabile che l’alcool eserciti i suoi effetti distruttivi sullo spirito e sul corpo delle sue vittime”
Engels riferendosi al problema del crescente alcolismo tra gli operai inglesi, individua nella situazione materiale dello sfruttamento capitalistico le cause che spingono gli operai in massa a consumare alcol e la finalità ultima del sistema negli spiriti distruttivi che piegano moralmente e fisicamente la classe operaia. Oggi le sostanze sono cambiate, o forse sarebbe meglio dire sono aumentate, ma il risultato è sempre lo stesso.
L’aumento del consumo di cocaina, insieme con le droghe sintetiche, è servito anche a rompere una barriere psicologica di massa. Con l’acuirsi ulteriore delle conseguenze della crisi, anche la cocaina nonostante l’abbassamento diventa troppo costosa. E il consumo di eroina cresce, con percentuali importanti. Non è un caso questa volta che la crescita del consumo di eroina avvenga quando il disagio sociale imbocca la strada della protesta. Chiunque abbia un po’ di memoria tra i meno giovani ricorderà l’utilizzo scientifico che l’eroina ebbe nella fine degli anni ’70, producendo i suoi effetti nel decennio successivo, sui movimenti sociali tanto in Italia quanto nel resto del mondo occidentale. L’eroina agì con forza paragonabile alla repressione più brutale, perché è quella che non subisci esternamente ma vedi crescere internamente. Tra le fila dei militanti dell’autonomia e della sinistra extraparlamentare l’eroina ha fatto infinitamente più vittime della repressione dello Stato. È bene tenere sempre a mente quella lezione.
La stragrande maggioranza dei giovani oggi è alle prese con disoccupazione, precarietà, insicurezza sul proprio futuro. Una situazione che si somma alla mancanza di riferimenti culturali in grado di prospettare una possibilità di cambiamento effettivo. Questo binomio tra la percezione del mondo di merda in cui si vive e la mancanza di soggetti percepiti come in grado di cambiarlo, spinge a chiudersi in soluzioni individuali in cui la ricerca del cambiamento non ha dimensione reale e collettiva, ma è fatta di isolamento e virtualità. È un fenomeno di dipendenza di massa che non è limitato alle ipotesi precedenti, ma che riguarda in particolare l’alcol e il consumo di droghe sintetiche. Tutti gli indicatori – se mai ce ne fosse bisogno e non basti guardarsi intorno – parlano di una diffusione dell’alcolismo tra le nuove generazioni che ha avuto una crescita esponenziale in questi anni. Il nostro non è moralismo perché conosciamo bene la differenza che intercorre tra il consumo di bevande alcoliche in momenti di socialità, con i propri amici e la sistematica necessità dell’abuso di alcolici presente in un numero sempre maggiore di ragazzi, come elemento necessario ed unico di evasione dalla realtà.
In questi anni il tema della dipendenza è stato sottovalutato dal punto di vista sociale, per le conseguenze sul livello di massa che esso comporta, come elemento di controllo sociale e come ricerca di forme di soluzione individuali allo sfruttamento e alla situazione attuale. Ma il mondo non si cambia dentro di sé, chiudendosi nella ricerca di qualcosa che non esiste, il mondo si cambia con la lotta, con l’azione collettiva che si misura con la realtà concreta, tutto il contrario di quello che droga e alcol forniscono.
La droga e la dipendenza da sostanze in generale, sono fattori apertamente controrivoluzionari e come tali vanno considerati e trattati da chi aspira a costruire nel nostro paese le premesse per un cambiamento reale dello stato di cose presente. L’analisi sulla libertà individuale, deve cedere il passo a quella sulla dimensione sociale, sulle finalità ultime. Combattere la droga vuol dire combattere il sistema. Farla sparire dai nostri quartieri ridando speranza di cambiamento reale ad una generazione un nostro dovere rivoluzionario.