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La posta in gioco in Venezuela.

Nicolas Maduro ha vinto le elezioni in Venezuela, nonostante l’opposizione filoamericana chieda il riconteggio delle schede e non ammetta la vittoria del candidato del Psuv. E’ l’epilogo di una campagna elettorale iniziata ben prima della morte di Chàvez, dal mancato giuramento, non ritenuto essenziale dalla Corte Suprema, quando ormai era chiaro che la salute del comandante venezuelano, era seriamente compromessa.

Le forze imperialiste hanno sfruttato il passaggio storico dell’aggravarsi della malattia e della morte di Hugo Chàvez per condurre una campagna elettorale all’attacco che ha messo a dura prova la resistenza delle forze bolivariane. Il mancato riconoscimento della vittoria da parte di Capriles indica che la borghesia ha in ogni caso rialzato la testa in Venezuela, e quello della richiesta di un riconteggio delle schede è il primo segnale nella direzione di una possibile acutizzazione dello scontro politico. Le forze filo-imperialiste hanno abituato il Sud America a forme di rovesciamento delle legittime decisioni popolari, proprio attraverso l’abile sfruttamento di momenti difficili, di passaggi, come certamente questo è per il Venezuela.

La prima considerazione che viene dalle elezioni venezuelane è proprio questa. Nei mesi che verranno, forse già nei prossimi giorni, sarà necessario prepararsi con tutte le forze a respingere ogni tentativo di rovesciamento del risultato del voto. Quel tentativo che non riuscì con Chàvez ancora in vita, prendendo a pretesto il giuramento dopo l’elezione, e che oggi potrebbe accadere con il pretesto del margine ridotto dei voti, oppure sfruttando anche il minimo calo di consenso futuro al governo venezuelano. Gli Stati Uniti non hanno ripetuto l’errore compiuto a Cuba, quando fecero espatriare in poche settimane l’intera alta borghesia locale. In Venezuela al contrario essi hanno continuato a mantenere una presenza, con invio di risorse e denaro, a finanziamento delle attività controrivoluzionarie. I capitalisti sono stati duramente colpiti in questi anni di governo bolivariano, ma il sostengo costante proveniente dal capitale internazionale, e la presenza di controllo privato in settori fondamentali della gestione dello Stato e del consenso, come i media, li hanno mantenuti in vita, costituendo una importante testa di ponte del capitale internazionale e dell’imperialismo americano in Venezuela.

Da ciò discende la seconda considerazione, di più ampio respiro e di portata più generale, sul futuro del processo rivoluzionario venezuelano e sulle tappe oramai ineludibili che esso dovrà compiere, nella direzione di una maggiore rottura con le forme tipiche del sistema democratico borghese, e la lotta a quei centri di potere economico che la borghesia venezuelana utilizza come testa di ponte per la creazione attorno a sé di consenso popolare. Alcune misure importanti sono state individuate dal PCV nei mesi scorsi, come “misure nella costruzione della base materiale del socialismo”, che hanno proprio come obiettivo quello di spezzare le resistenze del modello di accumulazione capitalistica che continuano ad esistere in Venezuela, e che rappresentano per la borghesia venezuelana importanti fonti di potere economico e sociale. Il PCV propone la totale nazionalizzazione, con passaggio sotto il controllo dello Stato, della Banca Nazionale, al fine di vietare ogni manovra speculativa, del settore del commercio estero, per porre fine all’utilizzo del SITME (sistema di transazioni per i titoli di valuta estera) per l’introduzione di dollari nel paese con fine speculativo, il lancio di una campagna di industrializzazione e creazione di attività produttive statali, utilizzando le risorse petrolifere in questa direzione.

Il processo rivoluzionario in Venezuela presenta elementi tipici e difficilmente riproducibili in altre parti del mondo, specie in Europa. Ma anche esso si trova oggi di fronte alla questione comune del rapporto tra governo e presa del potere, tra costruzione di un modello di sistema attraverso un consenso espresso di volta in volta nella competizione elettorale con la borghesia, oppure nella costruzione di un modello che si distacchi da quello democratico liberale. Il socialismo anche nel XXI secolo, non può fare a meno, nel medio periodo, di confrontarsi con questo nodo. Quando le forze rivoluzionarie si pongono sul terreno dello scontro attraverso le regole della democrazia borghese esse possono riuscire vittoriose nel breve periodo, ma non avranno mai la certezza della loro vittoria definitiva. La borghesia disporrà sempre di risorse materiali da utilizzare contro di esse, tali da garantirsi importanti fasce di sostegno. Ogni riforma di stampo progressista, anche la più radicale, rimarrà in definitiva ostaggio della precarietà di quel sistema. Questo accadrà specie in un paese come il Venezuela dove la posta in gioco non riguarda il semplice governo di uno Stato, ma gli equilibri di un continente e la prospettiva per tutti i popoli del mondo. La posta in gioco in Venezuela oggi riguarda Cuba, la sopravvivenza nel Sud America di forze antimperialiste e progressiste, e di questo il capitale è a conoscenza, e per questo si scaglia con tanta forza contro la prospettiva della rivoluzione bolivariana.

Siamo convinti che i compagni venezuelani conoscano bene questa condizione, che oggi stiano ragionando su come portare avanti un processo rivoluzionario, conquistando nuove tappe importanti nella direzione della costruzione del socialismo in Venezuela, tassello di fondamentale importanza per la prospettiva rivoluzionaria di tutti i popoli del mondo.

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