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Aereflot: la via ironica al socialismo.

* di Giordano Nardecchia

Che la nostra tradizione comunista presentasse, a suo tempo, qualche lacuna sul piano culturale, è una scoperta non proprio dell’altro ieri. Il Partito Comunista ci ha salvato da una guerra, scritto una costituzione, contribuito a introdurre le più importanti misure a vantaggio del popolo e dei lavoratori – istruzione e sanità pubbliche, tutela dei diritti sul lavoro.

Più controverso è stato l’esito del tentativo, pure avvenuto, di costruire una macchina discorsiva in grado di creare una via etico-culturale che superasse, da un lato, il bacchettonismo cattolico già al tempo obsoleto, dall’altro il libertinismo edonistico all’americana, non a caso rivelatosi strategia vincente del cosiddetto Soft Power.

Mancò, probabilmente, l’adeguata attenzione a quella cultura pop con la quale non si riuscì a trovare una mediazione virtuosa. Si ricordi la celebre intuizione di Togliatti, quando riprese il compagno Pietro Secchia: «e tu pretendi di fare la rivoluzione senza sapere i risultati della Juve?» ( va detto per inciso che la citazione non rende i giusti omaggi a un comunista fra i più intelligenti come Secchia). Gli intellettuali della sinistra più tradizionale hanno sempre rischiato, paradossalmente, di ritrovarsi intrappolati nel loro stesso intellettualismo, producendo senza volerlo l’antitesi non mediata del cinepanettone – il cinepanettonismo al rovescio: l’inflazionata formula del prendersi troppo sul serio.

È con questa critica che si presentano al grande pubblico gli Aeroflot feat. Collettivo Radio Mosca, un collettivo artistico-musicale proveniente direttamente dalle «campagne del Benigni di Berlinguer ti voglio bene», a «raccontare il comunismo senza scomodare l’autorevolezza dei CCCP o i facili slogan di Modena City Ramblers » (a proposito del prendersi sul serio). Lo fanno con disco Il resto del Cremlino vol.1, che si può ascoltare online su http://www.ilrestodelcremlino.it/#box-soundcloud.

Il collettivo Aeroflot feat. Collettivo Radio Mosca sceglie la rotta che tracciò proprio quel primissimo Benigni di Berlinguer ti voglio bene – prima di trasformarsi nel chierichetto perfetto – e poco prima di lui il Paolo Villaggio di Fantozzi: far convivere politica, cultura e umorismo, nel modo più “pop” (nel senso di leggero) possibile.

Militango, la traccia n.8, è forse il brano più eloquente nel descrivere il rapporto così complesso fra la militanza disciplinata e l’attenzione non supponente verso le tendenze delle masse: protagonista è la caricatura del già citato Togliatti in compagnia di Nilde Iotti. Imprescindibili, per completare l’opera, i momenti più seri (Quanto Grano, Ballata per le vittime del Duomo), anche se lo stesso Collettivo non ha la stessa idea di momenti seri: nelle chiacchiere fra un brano e l’altro si sente dire anche «Bandiera Rossa veloce e poi si passa alle cose serie».

La sintesi più arguta è forse il brano conclusivo del disco: In morte del PCI. Vale la pena di riportarne l’intero testo: «E dopo ave’ lottato settant’anni / Dalla bandiera ‘l simbolo si toglie / Siccome all’est gli hanno fatto danni / Anche noiartri ci si deve scioglie / Mi pare di fa’ proprio come Nanni / Che dopo ave’ discusso con la moglie / Pe’ fagli rabbia in tutte l’occasioni / Furbo com’era si tagliò i coglioni.»

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