di Federica Savino
33 anni fa la terra tremò in Irpinia, un terremoto di magnitudo sismico 6,9 e del decimo grado della scala Mercalli, una forza distruttrice che si è protratta per circa 90 secondi un tempo che è sembrato infinito a chi lo ha vissuto. Questo terremoto provocò quasi tremila vittime e duecentottanta sfollati, rasando al suolo interi paesi, segnando così le vite di tutti gli abitanti, sconvolgendole e delimitandole da un prima e un dopo. Anche noi giovani, che allora non c’eravamo, conosciamo quelle sofferenze attraverso i racconti dei nostri genitori, parenti e amici, conosciamo il coraggio e la forza che ci è voluta per ricominciare!
Un terra scossa dal terremoto e soffocata dai tentacoli di una politica democristiana che ha visto in una tragedia solo la possibilità di guadagnarci, speculando sulla ricostruzione che è avvenuta a stento. Anche chi non c’era quel 23 novembre del 1980 sa quanto questa sia avvenuta lentamente, ci si ricorda dei prefabbricati che a stento sono spariti, che ancora oggi rimasti in alcuni paesi vengono addirittura assegnati con la stessa logica clientelare, e dei palazzi che non sono mai stati ricostruiti: siamo andati a scuola in edifici di amianto che quella stessa classe politica demitiana ha fatto costruire dopo quella tragedia!!
Prima viene il profitto e poi la dignità e la vita delle persone. Se alcune tragedie sono naturali e quindi per certi versi inevitabili, evitabile è invece costruire dove non bisogna, costruire senza tenere conto delle norme antisismiche e di sicurezza, costruire opere ed edifici che al primo tremore delle terra e alla prima pioggia eccessiva crollano come cartapesta. A distanza di trentatre anni, prova del fatto che nulla è cambiato, è il disastro che si è verificato in questi giorni in Sardegna; non è colpa di una semplice distrazione ma di un sistema che volge solo al profitto anche a costo della vita delle persone.