Da Reggio Emilia
Iniziamo con una bella immagine: durante la partita di Serie A Sassuolo-Chievo Verona nella curva del “nuovo” stadio della società nero verde saltava all’occhio del telespettatore (e degli spettatori presenti allo stadio ovviamente) un inconfondibile e bellissimo color granata in curva sud. Oltre 500 ultrà della Reggiana, di tutti i gruppi organizzati, hanno cantato e urlato per i primi 15 minuti della partita cori per la squadra di casa: perché nonostante tutto, lo stadio “Città del Tricolore” è lo stadio della città di Reggio Emilia e della sua squadra di calcio.Dopo aver ribadito con forza questo concetto, d’accordo con gli ultras del Sassuolo , gli ultrà granata hanno abbandonato la curva: il messaggio è arrivato forte e chiaro. Ma che succede a Reggio Emilia?
Lo stadio della città di Reggio Emilia fu il primo esempio in Italia di impianto di proprietà di un club calcistico, sul modello inglese, tecnologicamente all’avanguardia: presenti innovazioni come i tornelli (subito rimossi), un servizio di telecamere a circuito chiuso, e panchine riscaldate con a disposizione una linea telefonicae addirittura un apparato moviola (come non ricordare Bruno Pizzul, in un Italia-Lituania del ’95, andare in estasi per le immagini che mostravano i giocatori in panchina guardare i piccoli monitor lì situati).
Fautore principale del progetto, partito nel 1994, fu l’allora amministratore delegato della Reggiana Franco Dal Cin: questo periodo coincise con il declino sportivo della Reggiana, dalla seria A alla C1 in 3 soli anni. Il nuovo stadio venne interamente costruito da privati, con una somma di circa 11 milioni di euro: la parte maggiore la misero il Consorzio 2000 la consociata Unieco (il colosso cooperativo “rosso”,con interessi e partecipazioni ramificate ovunque, e oggi in via di fallimento) ma non solo: buona parte dei soldi furono versati da 1.026 tifosi granata, che sottoscrissero degli abbonamenti pluriennali. Contribuirono poi la Mirabello 2000 e la Cassa Mutua. A questi si aggiunse, inoltre, il contributo, sottoscritto sotto forma di sponsorizzazione, della principale azienda lattiero-casearia di Reggio nell’Emilia, la Giglio, da cui il primo nome dello stadio. In sostanza: dopo nemmeno 20 anni, in cui la Reggiana ha dovuto subire persino l’onta del fallimento e che ora naviga mestamente in serie C2, lo stadio (con il suo cumulo di debiti ma anche con il suo grande potenziale commerciale) è stato battuto all’asta al presidente della Confindustria e padrone della MAPEI, nonché patron del Sassuolo per 3 milioni e 750 mila euro. Dal contributo popolare dei tifosi della Reggiana il passaggio è significativo.
Gli ultrà granata, come dicevamo, hanno preso posizione «STADIO Città del Tricolore, vergognatevi tutti». «Stadio Città del Tricolore, Barilli (il presidente della Reggiana calcio, ndr) e Comune ennesima umiliazione» e domenica hanno dato una grande prova di civiltà e di attaccamento ai colori granata. Non possiamo essere che d’accordo con questa posizione, in questo calcio fatto di soldi,veline e pay tv, chi ci rimette sono solo i tifosi costretti ad essere schedati per poter seguire la propria squadra del cuore, ad accettare partite in giorni ed orari improponibili, a vedere barattata la storia e la dignità dei propri colori per il business di qualche padrone, sia esso reggiano o meno. Non sappiamo come finirà questa storia, se lo stadio verrà effettivamente tenuto dal Sassuolo e dal suo presidente o se un gruppo di imprenditori locali riuscirà a riprenderlo, probabilmente non cambierà molto ma un mezzo sorriso ci viene strappato da un’ultrà granata: “nel caso dovesse prenderlo il Sassuolo, speriamo almeno che si comprino anche la sfiga che ci ha colpito in tutti questi anni”. Sappiamo però che a rimetterci, in questi anni di pagliacciate societarie e sportive, è stata la Reggiana e la sua storia sportiva: sono stati i tifosi che per suo amore hanno addirittura pagato di tasca propria il nuovo stadio. Il calcio e il profitto non posso andare di pari passo, questo deve essere sempre più chiaro a chiunque voglia seguire con passione i colori della propria squadra del cuore.