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Teleperformance Italia, un nuovo caso di delocalizzazione

Di Salvatore Vicario

Un’altra dimostrazione di come opera il grande capitale e della funzione dello Stato come sostegno dei profitti dei grandi monopoli, con l’azione compiacente dei sindacati governativi. In questo caso è la Teleperformance Italia, filiale italiana della multinazionale francese leader mondiale nel settore dei Contact Center e del Business Process Outsourcing, che ha annunciato di voler trasferire una cospicua commessa ricevuta da ENI in Albania.

Dal 2008, l’azienda ha ricevuto sostanziosi sovvenzioni statali (che in buona quota, va sempre ricordato, sono soldi dei lavoratori) da parte del Governo per stabilizzare i giovani lavoratori. L’ultimo beneficio, in ordine di tempo, è stato concesso dal Governo Letta con la legge di stabilità approvata lo scorso dicembre, in cui vengono stanziati milioni di euro all’azienda. Nel Gennaio 2013, dietro la minaccia aziendale dei licenziamenti, si è giunti ad un accordo compromesso firmato dai sindacati concertativi Slc-CGIL, Fistel-CISL e Uilcom-UIL, per gli anni 2013-2015 con un ulteriore peggioramento delle condizioni di lavoro, che nella logica del “bene comune dell’azienda” hanno portato alla cassa integrazione, a lavorare di più attraverso una maggiore flessibilità, all’orario multi periodale, (contrattazione collettiva che può apportare delle variazioni all’orario settimanale di lavoro (40 ore) rapportandolo ad una durata media in relazione ad un periodo predeterminato non superiore all’anno, fissando una durata massima dell’orario di lavoro purché non superiore alle 48 ore settimanali in relazione ad un periodo non superiore a 4 mesi, che può essere innalzato fino a 6 mesi o fino a 12 mesi), alla riduzione del salario (livello e scatto di anzianità), riduzione dell’accantonamento TFR e della tredicesima.

Ma martedì scorso, l’azienda ha comunicato la sua intenzione di trasferire questa importante commessa dell’ENI in Albania, comunicando di non poter sostenere “gli abnormi costi del mantenimento di tali parti in Italia”, nonostante i finanziamenti statali e l’accordo firmato con i sindacati lo scorso anno. Ad essere colpiti saranno, questa volta, i giovani lavoratori di Taranto dove il call center rappresenta la seconda realtà occupazionale dopo l’Ilva. Un processo questo avviato già da anni, quando nel 2011 la quota di lavoratori all’estero passò da 2.700 a 4.000 ed è progressivamente aumentata negli anni. Tra le aziende che hanno lavorato e lavorano con Teleperformance Italia ci sono: Alitalia, Wind, H3G, BT Italia, Vodafone/Tele2, Telecom, Fastweb, Sky, Enel ecc…

Anche in questa vicenda, si può evincere l’asse Stato-padrone-sindacato concertativo a sostegno dei profitti del grande capitale all’interno dell’UE a scapito dei lavoratori e tutti possono constatare che il capitale, i monopoli e il loro potere non hanno “patria”, ma solo la necessità di massimizzare i loro profitti nel mercato globale. Gli accordi ipoteticamente difensivi firmati dai sindacati e fatti ingoiare ai lavoratori (spesso con la promessa di “salvare il posto”), così come i generici appelli allo Stato e ai governi “per mantenere la produzione in Italia”, come anche questa vicenda dimostra, non servono assolutamente a nulla. Lo Stato borghese agisce in funzione del capitalista, il capitalista vive in funzione del profitto, e il sindacato concertativo al loro libro paga serve a disarmare i lavoratori, disunirli, illuderli e smobilitarli costantemente.

Solo la dirompente azione cosciente e autonoma dei lavoratori, può spezzare quest’asse e ribaltare i rapporti di forza. Per noi giovani lavoratori questa è l’unica strada per conquistare il nostro futuro.

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