* di Edoardo Genovese
L’alluvione che si è abbattuta sui Balcani, in particolare su Serbia, Bosnia-Erzegovina e, in maniera leggermente minore, in Croazia, è stato il più grande disastro ambientale che ha colpito la regione balcanica negli ultimi 120 anni.
I Balcani sono immersi in una fase esasperata di odio nazionalista sfociato negli anni ’90 nelle sanguinose guerre civili, che hanno colpito ferocemente tutta la classe lavoratrice dei paesi ex-jugoslavi, a cui si aggiunge anche l’instabilità ambientale.
La situazione è gravissima: solo in Croazia tra il 17 e il 18 maggio sono state evacuate circa 15000 persone mentre in Serbia e Bosnia-Erzegovina si contano attualmente, secondo le stime della CRI, almeno 90000 sfollati, di cui 65000 solo in Bosnia; le persone colpite da questo nubifragio sono 1 milione e mezzo. La preoccupazione maggiore risiede nel fiume Sava, uno dei più imponenti corsi d’acqua che attraversa i Balcani, che è già esondato parecchie volte creando danni irreparabili alla popolazione. I villaggi a ridosso del fiume sono già stati fatti evacuare dalle autorità statali con l’aiuto dell’esercito, ma il problema adesso ricade sulle migliaia di persone che, in poco tempo hanno perso tutto, alcune anche la vita
Tra le tante persone colpite da questa calamità, almeno 49 hanno perso la vita. E non è ancora finita. Grande preoccupazione c’è per le possibili (in questo momento che sto scrivendo) nuove esondazioni della Sava e del Danubio a Belgrado e due centrali termiche, in grado di fornire la metà dell’energia necessaria all’intera Serbia, sono a rischio distruzione. Il terreno, impregnato dell’acqua pluviale, ha già causato circa 2100 smottamenti in Bosnia-Erzegovina, e potrebbe creare ulteriori danni.
Alla carenza di cibo, medicinali, beni di prima necessità e di campi di accoglienza per gli sfollati, con il grande rischio di epidemie e infezioni, si aggiunge anche il problema delle mine anti-uomo ancora interrate nei Balcani: le cifre delle mine ancora presenti dagli anni ’90 non è stimabile e la preoccupazione maggiore è che l’alluvione possa spostarle. Molte mine sono state infatti localizzate e segnalate alla popolazione (anche se non rimosse) e l’acqua potrebbe spostarle creando così pericoli ancora maggiori di quelli che stanno affliggendo i Balcani.
Non bastava lo sciovinismo e la povertà: anche l’ambiente ha voluto colpire brutalmente la classe lavoratrice – e la popolazione tutta – dei Balcani. “Non ce la faccio a ricominciare tutto daccapo, non alla mia età – dice Safet Jusic, abitante del villaggio di Topcic Polje – Non credo di farcela. Ho anche pensato alla soluzione più drastica, al suicidio”.
Dalla Macedonia, ora colpita da una guerriglia urbana a causa di un omicidio, vengono comunque inviati tramite camion e pullman i beni di prima necessità e anche in alcune città italiane, per esempio Genova, memore dell’alluvione che la colpì il 4 novembre del 2011 causando 6 morti, la popolazione cerca di mobilitarsi per fornire un seppur piccolo aiuto.
La redazione di Senza Tregua, giornale del Fronte della Gioventù Comunista, esprime la massima solidarietà alla popolazione dei Balcani, con la speranza che si riescano a prendere le immediate contromisure per affrontare la tragica situazione che milioni di persone stanno vivendo in questo momento e soprattutto che le masse diano ulteriore forza allo spirito anti-sciovinista e solidale che ha contraddistinto le rivolte popolari degli scorsi mesi in Bosnia-Erzegovina (per approfondire leggere: senzatregua.it), superando le fratricide divisioni etniche con la fratellanza e l’unità proletaria, necessaria per far fronte anche a questi disastri.