di Giulia Paltrinieri e Riccardo Pelli
28 luglio 1943. Sono passati appena tre giorni dalla caduta di Mussolini e dall’insediamento del Maresciallo Badoglio. In tutto il Paese la notizia porta una sincera e ingenua ventata di entusiasmo, che trascina gli italiani e i lavoratori fuori dalle case, nelle piazze, per chiedere insieme la fine della guerra e l’inizio di una storia diversa. Anche a Reggio Emilia, migliaia di operai, impiegati e tecnici delle Officine Meccaniche Reggiane si presentano al lavoro quella mattina con l’intento di uscire dai cancelli della fabbrica e sfilare per le vie del centro in nome della pace e della fine del fascismo.
Badoglio lascia un messaggio, che ha quasi i toni di un avvertimento: «La guerra continua a fianco dell’alleato tedesco…gelosa custode delle sue tradizioni millenarie…». E si dice che anche il direttore amministrativo della fabbrica avesse in un qualche modo avvertito i suoi dipendenti, consigliando loro di stare attenti e di non lasciarsi per il momento andare a manifestazioni e gesti pubblici. È vero che Mussolini non è più al governo, ma fascisti e tedeschi sono ancora ai vertici nevralgici del potere e non avrebbero nella pratica permesso alcun cambiamento di rotta. Lo sono in quei giorni, come lo saranno per molti decenni a venire. E la strategia è sempre la stessa di prima: reprimere il dissenso e la volontà di cambiamento del popolo e dei lavoratori, con la violenza e la forza. C’è anche un’apposita norma di ordine pubblico che proibisce gli assembramenti di persone oltre le tre unità e permette all’esercito di aprire il fuoco senza preavviso per disperdere la folla.
Così, quando circa cinquemila lavoratori delle Reggiane si avvicinano ai cancelli delle Officine, la reazione dell’esercito è già scritta. Non è mai stato chiaro chi avesse ordinato di alzare i fucili, probabilmente il tenente del reparto bersaglieri perde il controllo e ordina il fuoco sui manifestanti. Sono nove i corpi che cadono al suolo, nove operai disarmati, fra i quali anche una giovane donna incinta: Antonio Artioli, Vincenzo Bellocchi, Eugenio Fava, Nello Ferretti, Armando Grisendi, Gino Menozzi, Osvaldo Notari, Domenica Secchi e Angelo Tanzi. Nelle stesse ore a Bari la polizia uccide 23 persone, fra studenti, insegnanti e lavoratori che chiedono la liberazione dei prigionieri politici. La manifestazione pacifica delle Reggiane si trasforma in un eccidio, e ormai è chiaro che la caduta ufficiale del fascismo non comporta e non comporterà la fine dell’uso della violenza fascista come strumento di controllo e di potere. Una metodologia che rimarrà radicata, anche con la creazione della Repubblica, e che porta i suoi echi fino ad oggi.
Oggi ricorre il 71° anniversario di questo eccidio, e il Fronte della Gioventù Comunista ricorda gli operai delle Reggiane morti quel 28 luglio. In questi giorni venti di guerra soffiano in tutto il mondo, sempre più minacciosi. Lo spettro del fascismo si fa strada dal grembo della violenza imperialista palesandosi sempre di più alle masse, nonostante i tentativi delle forze capitalistiche di inquinare e distorcere l’informazione. Lo vediamo in Ucraina, a Gaza, in Venezuela. Le ex Officine Reggiane ora sono in stato di abbandono e si erigono accanto alla stazione come una vecchia carcassa irriconoscibile, salvo il capannone ristrutturato e utilizzato per la realizzazione di un Tecnopolo.
Pochi dei giovani reggiani sanno la loro storia, un numero ancora minore è a conoscenza dell’eccidio del 28 luglio 1943. Ricordare questo giorno non deve essere una vuota ricorrenza, ma è un dovere impostoci dalla necessità del momento storico che stiamo vivendo. Per noi significa ribadire la ferma opposizione sia alla guerra generata dagli interessi del capitale, sia alla repressione violenta dei popoli che cercano di emanciparsi da esso. Significa dunque lanciare un appello a tutti i giovani e ai lavoratori, per costruire un futuro diverso, nel quale prevalgano la dignità del lavoro sul profitto, la cooperazione sulla competizione, la pace sulla guerra. Questo è il modo migliore per ricordare i lavoratori che persero la vita alle Reggiane settantuno anni fa.