* di Alessandro Fiorucci
“Loro ridono. Hanno appena ucciso 15 uomini e si sentono allegri. Contro quel riso osceno noi combattiamo. Esso taglia nettamente il mondo: da un lato la barbarie, dall’altro la civiltà. I cordoni di repubblichini sono sempre fitti. Ad ogni passaggio, ad ogni posto di blocco, mi imbatto nella loro insolenza, nella loro spavalda vigliaccheria: mitra ostentati, bombe a mano al cinturone, facce feroci, lugubri camicie nere. Ancora una volta, come in Spagna di fronte alla spietata ferocia degli ufficialetti nazisti, si rivelano i due mondi in antitesi, i due modi opposti di concepire la vita.”
(da “Senza Tregua-La guerra dei GAP” di Giovanni Pesce)
Milano, 10 agosto 1944
La sveglia arriva presto, alle 4.30, per 15 partigiani detenuti nel reparto tedesco a San Vittore.Fatti scendere in cortile, una tuta da operaio a testa, un bigliettino col proprio nome. Sul registro del carcere si legge “Partiti per Bergamo”.. non c’è tempo per capire cosa stia succedendo,salgono sull’autocarro e alle 5.45 sono in piazzale Loreto. Pochi istanti e i fascisti della legione “Muti” sparano, molte scariche di mitra, li uccidono tutti.
Antonio Bravin, Giulio Casiraghi, Renzo Del Riccio, Andrea Esposito, Domenico Fiorani, Umberto Fogagnolo, Giovanni Galimberti, Vittorio Gasparini, Emidio Mastrodomenico, Angelo Poletti, Salvatore Principato, Andrea Ragni, Eraldo Soncini, Libero Temolo, Vitale Vertemati.
Comunisti e socialisti, o appartenenti ad alte formazioni partigiane, molti di loro sono giovani operai e lavoratori accomunati dall’avere donato le proprie energie, dall’avere avuto il coraggio di dedicare la propria vita per un’Italia che non fosse non soltanto libera dal fascismo, ma socialista.
I corpi martoriati dai colpi vengono esposti in bella vista, nella piazza. Un cartello, piantato in terra recita “Assassini!”. I militi fascisti sorvegliano armi in pugno il macabro spettacolo..Piazzale Loreto è il punto in cui convergono tutti i pendolari, per raggiungere le fabbriche e i luoghi di lavoro. Ancora qualche minuto e sarebbero scesi dai tram.. I militi li costringono a scendere, li fanno sfilare tutti davanti ai corpi coperti di mosche e di ingiurie. Non paghi del sangue , i fascisti insultano i parenti delle vittime. I milanesi devono vedere, devono capire che fine fanno i partigiani.
Per tutto il giorno, fino a pomeriggio inoltrato si protrae l’orrenda scena, sotto l’aria afosa d’agosto.
La strage fu ordinata da Theodor Saevecke, capitano delle SS, come rappresaglia per un attentato contro un camion della Wehrmacht avvenuto due giorni prima in viale Abruzzi. Il bando di Kesserling imponeva la fucilazione di dieci italiani per ogni tedesco ucciso. Nell’attentato,tuttavia, persero la vita sei cittadini italiani, rimase ferito soltanto l’autista. Un’azione controversa, che di certo non fu organizzata e compiuta da combattenti partigiani. Giovanni Pesce, comandante dei GAP (Gruppi di Azione Patriottica) di Milano, infatti negò sempre qualsiasi responsabilità degli antifascisti.
L’eccidio di Piazzale Loreto fu preparato nel dettaglio: il luogo, l’orario, le vittime.. nulla fu lasciato al caso. Migliaia di operai nell’orario di punta di una giornata lavorativa avrebbero assistito alla strage. Quest’ultimo fattore non è affatto di secondaria importanza, anzi riveste un ruolo di primo piano. il messaggio di morte doveva arrivare a quella fascia sociale, al proletariato urbano, la classe operaia, anima viva e pulsante nella lotta di Liberazione dal nazifascismo. “La Fabbrica”, giornalesindacale del Partito Comunista Italiano milanese, in quei giorni preparava le masse all’insurrezione, a Milano si pensava che di lì a pochi giorni l’occupazione sarebbe terminata, che sarebbe giunta finalmente l’ora decisiva. Questa energia inarrestabile, rafforzata dal rapporto diretto fra le unità partigiane e i lavoratori, non poteva essere tollerata dal comando milanese delle SS. La fucilazione aveva precisa funzione terroristica: doveva stroncare ogni simpatia popolare nei confronti della Resistenza, isolare i gruppi di combattenti, dipingere questi ultimi come “banditi”, “criminali”, incutere paura fra la popolazione. Evidentemente l’azione sortì l’effetto contrario e la storia seguì un corso diverso da quello sperato dai tedeschi, come sappiamo.
I repubblichini tentarono di prendere le distanze da questa operazione criminale delle SS, in modo del tutto ipocrita, essendo coinvolti in pieno nella faccenda. Mussolini intuì subito che quello che successe il dieci di agosto a Milano gli sarebbe costato caro.
Che fine fece il gerarca nazista, a guerra conclusa? Non soltanto i suoi crimini restarono impuniti, ma dal ’48 incominciò a prestare il suo servizio presso la CIA, ed in seguito ricoprì ruoli di primo piano nella polizia della città di Bonn, nella Repubblica Federale Tedesca, fino alla pensione. Nel 1999 ricevette una condanna all’ergastolo dal tribunale militare di Torino, e morì nel 2004, senza essere mai estradato, e senza subire un processo in Germania.
I quindici martiri partigiani di Piazzale Loreto rischiano troppo spesso di essere dimenticati, di rimanere soltanto dei nomi scolpiti su una targa commemorativa in una metropoli caotica.A 70 anni di distanza, la gioventù comunista sente il dovere di ricordare, di fare in modo che la memoria antifascista venga mantenuta viva, ma soprattutto di trarre insegnamento dallo spirito di tanti giovani partigiani che pagarono spesso anche con la vita le loro idee di giustizia sociale e di libertà. Uno spirito raro, che soltanto i figli del popolo possono avere.