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Il summit di Newport

*di Edoardo Genovese

Le decisioni prese nell’ultimo vertice NATO, svolto in Galles il 4 e 5 settembre, hanno avuto come argomenti principali l’attuale situazione ucraina e quella mediorientale, in particolare sull’ISIS. La riunione ha visto la partecipazione del Presidente ucraino Poroshenko, a guida dell’Ucraina che, nonostante l’allargamento degli accordi di Schengen del 2007, non fa ancora parte dell’Unione Europea e della NATO, trovandosi invece come paese osservatore del Movimento dei Paesi Non Allineati.

Il summit, analizzando nello specifico il conflitto ucraino, porta a un’esasperazione ancora più marcata del conflitto tra l’esercito di Kiev e le milizie popolari delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk, cercando di tirare in ballo la Russia. Il gigante russo, dopo il crollo dell’URSS e la presidenza El’cin, è ritornata prepotentemente sullo scenario internazionale spaventando non poco gli Stati Uniti e, di conseguenza, la NATO intera. L’articolo a doppia firma Cameron-Obama, pubblicato giovedì 4 settembre sul The Times riporta come, secondo l’opinione anglo-americana, «la Russia ha violato le regole con la sua annessione illegale e autoproclamata della Crimea e con l’invio di truppe sul suolo ucraino minacciando e minando le fondamenta di uno Stato sovrano»1 e che quindi «dovremo sostenere il diritto dell’Ucraina a decidere del suo proprio avvenire democratico e proseguire nei nostri sforzi per rafforzare i mezzi dell’Ucraina»2. Senza scendere in un infinito dibattito su quanto l’Euromaidan e il golpe possano essere democratici, si possono analizzare le parole del Premier britannico e del Presidente statunitense. In Iraq e in Afghanistan l’invio di truppe, che minacciarono e distrussero le fondamenta dello Stato sovrano, furono accolte con gaudio e gioia dalla comunità occidentale, mentre il diritto all’autodeterminazione, che è una norma di ius cogens del diritto internazionale, ossia quelle norme volte «all’individuazione di una serie di principi propri e specifici del diritto internazionale, ai quali si attribuisce un valore fondamentale, capace di tradursi nell’inderogabilità delle relative norme, e quindi di condurre all’invalidità dei trattati che si ponessero in contrasto con essi»3, fu ritenuto valido per l’autodeterminazione del popolo kosovaro mentre invalido nei confronti della Crimea e della popolazione del sud-est ucraino.

L’articolo pubblicato dal The Times racchiude sinteticamente quello che poi è stato risolto dal summit ONU. Il Presidente statunitense ha difatti chiesto che almeno il 2% del PIL venga impiegato per la spesa militare, andando incontro a un trade-off con le spese sociali che non può essere assolutamente ignorato. La richiesta del consacramento di due punti percentuali del prodotto interno lordo, richiesto a ogni Paese facente parte dell’ONU, si unisce indissolubilmente alla decisione di sostenere la giunta di Kiev con 15 milioni di euro «per la “sicurezza” di Kiev»4, entrando in contrasto con il “cessate il fuoco” firmato tra le autorità di Kiev e quelle della Novorossiya. Il continuo sostegno economico della spesa militare e l’aiuto finanziario a Kiev è il primo segnale che l’inasprimento della crisi internazionale tra il blocco NATO e la Russia è fortemente desiderato dalle autorità occidentali che hanno deciso di proseguire il progetto di sanzioni nei confronti della Russia (senonché queste si stiano rivoltando contro gli stessi sanzionatori, come nel caso della Francia che ha perso una cifra interno ai 2,5 miliardi di euro per la mancata consegna delle navi Mistral ordinate e pagate dalla Russia) ma soprattutto di rinforzare la presenza nell’Est europeo. Le basi nel Baltico infatti ospiteranno operazioni congiunte da parte dei paesi dell’Alleanza Atlantica: la prima inizierà il 15 settembre e terminerà il 26 dello stesso mese e vedrà la partecipazione di circa 1.300 militari provenienti da paesi NATO e non, come la Georgia, la Moldavia e l’Azerbaigian. Rasmussen, Segretario Generale della NATO, rincara la dose con l’ambigua affermazione che «mentre parla di pace, la Russia non ha fatto neppure un passo»5, quando invece la NATO sta preparando direttamente la guerra.

Le sanzioni economiche e i rapporti russo-cinesi

Dal punto di vista prettamente economico, le sanzioni hanno come obiettivo quello di isolare e “costringere alla resa” la Russia. Senza contare dell’inutilità delle sanzioni verso un paese che detiene una larga parte delle risorse mondiali, grazie alla conformazione del territorio e dell’ampiezza dello stesso, l’obiettivo di isolare la Russia si scioglierà come neve al sole. La Cina, infatti, dopo aver firmato un accordo il cui «contratto prevede una fornitura trentennale di metano, pari a 38 miliardi di metri cubi all’anno (la metà dei consumi italiani), garantito da un gasdotto lungo 2.200 chilometri dalla Siberia alla Cina orientale ancora da costruire. L’accordo vale 400 miliardi di dollari in trent’anni»6 ha ricevuto il sostanziale sostegno del Presidente cinese Xi Jinping alla linea di Putin nei riguardi della situazione ucraina.

Dal Cremlino giunse questo comunicato che lascia ben comprendere la forte intesa tra Russia e Cina: «Vladimir Putin e Xi Jinping hanno discusso la situazione estremamente complessa che si svolge in Ucraina, rilevando la vicinanza delle loro posizioni. Essi hanno espresso la speranza che le iniziative adottate dalla leadership Russa aiuteranno a diminuire la tensione socio-politica e garantire la sicurezza della popolazione di lingua russa in Crimea e nelle regioni orientali dell’Ucraina»7.

Quest’unione commerciale, finanziaria e militare, ha numerose operazioni congiunte eseguite nel Mar Cinese Orientale8.

 La posizione italiana

Al summit di Newport non è mancata la partecipazione del Primo Ministro Matteo Renzi che subito ha proposto un inasprimento delle sanzioni. Il Primo Ministro italiano ha infatti dichiarato che sono «pronti ad allargare il campo delle misure restrittive nella finanza, nella difesa, tecnologie sensibili e beni dual use»9 ma la risposta dell’UE è stata attendista: al momento si rimane fermi all’attuale protocollo sanzionatorio e il “corso degli eventi” determinerà un suo eventuale inasprimento. Non ha perso occasione, Renzi, di ricordare al Presidente russo di portare avanti dei fatti e non solo delle parole. Putin ha sempre parlato di una risoluzione politica della questione ucraina e di aiutare materialmente la popolazione di etnia russa del sud-est con l’invio del convoglio umanitario tanto contestato dal tandem Renzi-Mogherini come una «gravissima azione unilaterale russa»10.

Il leader del PD ha dichiarato inoltre come la risposta alla Russia deve essere forte e rapida, propugnando da un lato una soluzione pacifica mentre dall’altro avalla le decisioni di aprire cinque nuove basi NATO, non permanenti, in Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania con «aviazione, mezzi navali, depositi e arsenali»11 e, a rotazione, una brigata di forze speciali e con l’invio dei parà della Folgore nel battaglione di intervento speciale e farà parte con un contingente militare all’operazione “Trident Lance”, definiti «il più grande e sofisticato esercizio per la catena di comando dalla fine della Guerra Fredda»12. Da presidente di turno dell’UE, Renzi, ha anche avanzato l’idea (non nuova) dell’esercito europeo, con una politica estera comune e la centralizzazione delle politiche militari dei paesi dell’UE. Unendo ciò alla proposta di omogenizzare la crescita della spesa militare al 2% del PIL per tutti i paesi membri dell’UE.

L’Isis 

A Newport non si è parlato, tuttavia, solo di Ucraina. La situazione mediorientale creata dall’ISIS preoccupa e non poco gli Stati Uniti e l’Alleanza Atlantica. Da sempre sostenuti, finanziariamente e mediaticamente, come i giovani che avevano il coraggio di ribellarsi ad Assad, questi si sono rivoltati contro i loro stessi finanziatori come già era accaduto in passato. Rassmussen, al summit di Newport, ha comunque dichiarato che «non abbiamo ricevuto nessuna chiamata dall’Iraq. Sono certo che se il governo muovesse richiesta di assistenza, sarebbe presa seriamente in considerazione dagli alleati».13 Il caos nel quale sono stati gettati Iraq, Afghanistan e Libia dopo l’intervento statunitense e degli alleati, costituiscono il terreno su cui si muove la strategia americana e nessuna stabilità sarebbe garantita a Stati che rischiano seriamente di “fallire” come la Somalia (che, peraltro, nel 1995 con la missione Restor Hope vide la partecipazione dell’ONU e, in presenza massiccia, degli USA).

L’ISIS più che un “nuovo nemico” è una pedina mossa nello scacchiere, e per questo, ad oggi, non è previsto l’invio di forze di terra ma solo “aiuti e assistenza a chi combatte in prima linea” (vedremo in seguito meglio a chi si riferiscono) e supporto diplomatico, nel mentre che, rispondendo alle richieste di Obama secondo cui è necessario unirsi in un “grande sforzo internazionale”, viene formata una coalizione guidata dagli USA e dalla Gran Bretagna e comprendente Italia, Francia, Germania, Danimarca, Polonia, Turchia, Canada e l’Australia (paese non membro Nato), a cui potrebbe aggiungersi l’Iran e altri paesi della regione, allo scopo di “dare sostegno militare all’Iraq contrastare le forme di finanziamento dell’Isis, affrontare le crisi umanitarie e delegittimare l’ideologia dell’Isis”. Il pericolo dell’esercito dello Stato Islamico è la volontà di conquista di territori dove gli Stati Uniti vogliono instaurare dei governi amici per poter così usufruire di rapporti commerciali favorevoli: non è la bontà di cuore o la decapitazione dei due giornalisti statunitensi (questo potrebbe essere, tuttavia, un “casus belli”) quanto piuttosto il perseguimento di una precisa politica e di un piano imperialista, nel tentativo di egemonizzarsi nel Medio Oriente, nel quadro della competizione internazionale.

Gli obiettivi infatti sono quelli di cacciare dalla direzione dello Stato iracheno quelle correnti che si sono opposte ai diktat degli USA che hanno infatti ottenuto la cacciata del capo del governo che in precedenza avevano installato nel 2006. Al Maliki ha commesso (agli occhi degli USA) il crimine di aver stipulato accordi con la Russia e firmato un accordo a lungo termine di forniture massicce di petrolio alla Cina e di concedere lo sfruttamento dei giacimenti di petrolio a società non americane, rifiutandosi anche di fare dell’Iraq una base d’attacco contro la Siria. Allo stesso tempo, la consegna di armamenti alle forze curde, ha lo scopo di rafforzare il peso militare delle correnti curde allineate agli interessi dell’imperialismo occidentale nella regione che puntano a trasformare il Kurdistan in una testa di ponte nelle aggressioni future, in concertazione con alcuni settori curdi-iracheni che godono della loro benedizione come testimonia la recente partecipazione dell’establishment politico dell’UE e degli USA al meeting dei “Moudjahidine du people” nel giugno scorso in Francia. Tutto questo fa parte dello scenario di guerra che si estende su tutto il globo, in particolare dal Mediterraneo all’Africa, dal Medio-Oriente all’Ucraina, nel quadro della lotta per la spartizione imperialista del mondo. Per gli USA la suddivisione in blocchi dei paesi arabi è un obiettivo per affermare il proprio controllo sulle ricchezze e per questo va alla ricerca dei pretesti affinché si possa passare direttamente all’offensiva, costruendo un “casus belli” come nel caso dell’attacco all’Iraq di Saddam.

 Escalation di guerra

Il summit della NATO rientra perfettamente nell’escalation di guerra che i paesi occidentali vogliono muovere contro la Russia. Ripercorrendo, con i dovuti paragoni, le orme della Prima Guerra Mondiale14, lo scontro inter-imperialista tra il blocco NATO e la Russia si sta inasprendo a causa delle decisioni politiche dei Premier e Capi di Stato occidentali. La questione ucraina rientra nella necessità di inglobare un nuovo paese nel blocco europeo, nel poter contare su rifornimenti ingenti di grano e delle riserve minerarie del Donbass, espandendosi verso Est, territorio fino ad alcuni anni fa ostile. Putin però non ci sta a quest’espansione. La necessità di riavere sotto il suo controllo i Paesi dell’ex-Patto di Varsavia è fondamentale per aumentare il proprio peso politico sullo scenario internazionale e l’appoggio cinese può solo aiutarlo in questo suo intento. 

Sanzioni, esercitazioni e dichiarazioni “di fuoco” non fanno altro che alimentare questa pesante nube di guerra, confermando come i periodi di grande recessione sono indissolubilmente legati alla guerra.

I signori della guerra occidentali si sono riuniti, agli orientali aspetta la risposta. In Novorossiya, intanto, il “cessate il fuoco” viene ripetutamente già violato dall’Esercito Nazionale Ucraino, e il proprio diritto all’autodeterminazione e alla vita viene posto in dubbio da chi lo aveva concesso alcuni anni prima a Stati di cui necessitava avere il loro futuro supporto.

 


1http://www.huffingtonpost.it/2014/09/04/obama-cameron-nato-ucraina_n_5763872.html

2http://www.huffingtonpost.it/2014/09/04/obama-cameron-nato-ucraina_n_5763872.html

3AA. VV., Istituzioni di diritto internazionale, Torino, G. Giappichelli Editore, 2011, pag. 78

4Simone Pieranni, Il Manifesto, 05/09/2014, pag. 2

5http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09/04/vertice-nato-kiev-cessate-il-fuoco-rasmussen-da-russia-solo-parole/1109693/

6http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-05-21/gas-maxi-accordo-cina-e-russia-fornitura-38-miliardi-metri-cubi-annui-123703.shtml?uuid=ABH770JB

7http://www.formiche.net/2014/07/22/cina-russia/

8http://italian.ruvr.ru/news/2014_05_20/Russia-e-Cina-avviano-le-esercitazioni-militari-congiunte-0904/

9Simone Pieranni, Il Manifesto, 06/09/2014, pag. 2

10http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Ucraina-Farnesina-gravissima-azione-unilaterale-russa-2e5c57ed-147d-48a6-97d2-d722d40f46e0.html

11http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/europa/2014/09/03/vertice-nato-mosca-non-e-piu-un-partner-cambiamo-strategia_cb754620-198b-44ad-832e-f579dedd1cab.html

12http://www.blitzquotidiano.it/politica-europea/ucraina-i-para-della-folgore-nei-4mila-di-pronto-intervento-nato-1962706/

13Simone Pieranni, Il Manifesto, 05/09/2014, pag. 2

14Le ragioni della Grande Guerra, https://www.senzatregua.it/?p=1214

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