Redazione
Venerdì 19 Settembre si è svolto a Formia il corteo dei giovani lavoratori stagionali del Sudpontino organizzato dalla locale federazione del Fronte della Gioventù Comunista (FGC). A manifestare, bandiere rosse in spalla, c’erano prevalentemente bagnini con le magliette di salvataggio e “spiaggini”, ma anche camerieri e bariste. Molti dei manifestanti indossavano mascherine bianche per evitare ripercussioni sul luogo di lavoro.
“BASTA SFRUTTAMENTO, OTTO ORE E SALARIO MINIMO” – questo recitava lo striscione in testa al corteo. «Le otto ore lavorative e la garanzia del salario minimo sono due rivendicazioni storiche del movimento dei lavoratori, che oggi abbiamo voluto riproporre proprio perché ancora “rivoluzionarie”» – affermano gli organizzatori della protesta, che preferiscono restare anonimi – «La legge in Italia fissa la durata massima della settimana lavorativa a 40 ore. I giovani che lavorano sulle spiagge del nostro litorale, ma anche nei bar o nei ristoranti, lavorano il doppio e senza nessun giorno di riposo. Da quello che è emerso dalla nostra inchiesta sui litorali di Formia, Minturno e Gaeta e dalla nostra esperienza personale di lavoratori stagionali, parliamo di decine di “spiaggini” che spesso hanno meno di 20 anni e passano 12 o 13 ore a lavorare in spiaggia per meno di 30€ al giorno, vale a dire più di 84 ore alla settimana per 800 o 900 euro!»
Un segnale molto importante, la manifestazione di venerdì, essendo del tutto priva di precedenti nel territorio del Sudpontino – questo il commento dei militanti del FGC, che hanno poi precisato: «Abbiamo ritenuto fondamentale ridare voce prima di tutto ai lavoratori. La politica locale e le istituzioni ci hanno tradito da tempo, perché tutti conoscono la condizione dei ragazzi che lavorano d’estate, che meriterebbe una campagna seria contro lo sfruttamento del lavoro invece del consueto silenzio di chi è complice. Se in piazza non c’erano esponenti della classe politica locale o sindacalisti è perché non sono stati invitati; c’erano invece i lavoratori ed è da lì che noi dobbiamo partire. Noi non nutriamo l’illusione che le cose cambino da sé semplicemente perché lo stiamo chiedendo. Siamo convinti che i lavoratori non possano limitarsi a chiedere diritti: devono prenderseli, e perciò riteniamo fondamentale ricostruire l’unità e l’organizzazione dei lavoratori, che possono vincere solo se lottano insieme. Il corteo è stato quindi soltanto il primo mattone di quello che vogliamo costruire per riconquistare tutto quello che ci spetta.»
Da Formia giunge una ventata di nuovo che spazza via quella politica da salotto che va a braccetto con gli sfruttatori del sudore dei lavoratori, giovani e non, così come a quelle teorie che mirano a cancellare l’organizzazione e la lotta di classe. Il Fronte della Gioventù Comunista porta in piazza i giovani lavoratori schiacciati nelle nuove forme di sfruttamento, sotto parole d’ordini quali “Otto ore” e “salario minimo” come gli operai a inizio del secolo scorso nelle fabbriche, dando una decisa risposta a coloro che hanno abbandonato i lavoratori nascondendo il loro tradimento e/o fallimento dietro un falso modernismo che presume l’impossibilità di dare organizzazione alle nuove forme di lavoro e coscienza ai lavoratori a causa della loro stessa passività, in particolare nei giovani.