* Redazione
“Per riconquistare i territori occupati dall’Isis in Siria servirà una forza di ribelli siriani da 12.000 a 15.000 uomini”, così si è espresso il capo di stato maggiore interforze USA, Martin Dempsey, durante una recente conferenza stampa al Pentagono. Washington per la prima volta fornisce il numero di uomini necessari per “combattere” il cosiddetto Stato Islamico in Siria e già la scorsa settimana il Congresso statunitense ha approvato un piano del presidente Obama per formare ed equipaggiare 5.000 truppe definite “moderate”. Gli Usa gettano quindi le basi per i prossimi passi dell’escalation dell’intervento imperialista in Medio Oriente, in particolare in Siria, mentre continuano gli attacchi aerei che violano lo spazio aereo siriano. Intanto si amplia la cosiddetta “coalizione dei volenterosi”, con i paesi dell’UE che uno dopo l’altro decidono di farne parte come nel caso di Gran Bretagna, Belgio e Danimarca.
Per gli USA in Siria e Iraq sarà un “intervento militare persistente e duraturo”
L’IS si conferma essere uno strumento creato, armato e sostenuto dagli USA in collaborazione con le altre potenze imperialiste, per rovesciare il governo siriano e viene oggi sfruttato al meglio per portare avanti gli stessi progetti imperialisti nella regione. Il Pentagono ha infatti ufficializzato i dettagli del piano per addestrare le forze “moderate ribelli” in Siria, annunciando che le sue squadre sono già in Arabia Saudita per addestrare al momento 5.000 “ribelli” ma questa non sarà “la cifra finale”. Le stime fornite da Dempsey parlano infatti di 12/15.000 uomini, in quanto i bombardamenti aerei non sono sufficienti per far ritirare l’ISIS dalla Siria: “Per conquistare il terreno perduto, dobbiamo stabilire campi di addestramento, leader militari e stabilire una struttura politica che li sostenga, e questo richiede tempo”, annunciando quindi che l’intervento degli USA, in Siria e Iraq sarà “persistente e duraturo”. L’impegno degli Stati Uniti per rovesciare il governo siriano è confermato dal Ministro degli Esteri americano, John Kerry, che in un articolo al quotidiano “Boston Globe” precisa: “Questa campagna non è per aiutare il presidente della Siria Bashar Assad. Non siamo dalla stessa parte di Assad che è in realtà una calamita che ha attirato i combattenti stranieri provenienti da decine di paesi in Siria. […] Assad ha perso legittimità molto tempo fa. Ci stiamo imbarcando in un importante sforzo per addestrare ed equipaggiare i membri moderati dell’opposizione siriana che combattono lo Stato Islamico e il regime al tempo stesso”. Un goffo quanto ipocrita tentativo di nascondere il ruolo degli Stati Uniti e delle altre forze imperialiste nella creazione e rafforzamento delle varie fazioni islamiste per i propri interessi. Un’abile manovra geopolitica quella sviluppata con questi primi bombardamenti che permettono di mantenere un “caos controllato” nella regione, riducendo all’impotenza i grandi Stati arabi, come l’Iraq e la Siria e allo stesso tempo alimentare la corsa agli armamenti e costruire il pretesto per l’intervento contro Bachar al-Assad. E’ un segreto di pulcinella che Al-Nusra e l’ISIS siano stati finanziati rispettivamente dal Qatar e Arabia Saudita, così come è noto il ruolo della Turchia e dei suoi servizi segreti nell’ingresso in Siria dei combattenti che hanno nella Turchia di Erdogan la loro base logistica, come più volte denunciato dai comunisti turchi. Ed è proprio la Turchia – il cui sostegno all’ISIS è noto – ad aprire lo scenario dell’invasione via terra del territorio siriano, ponendo come condizione per una sua integrazione nelle operazioni, la costituzione di una “zona di sicurezza” nel nord della Siria composta da una “no-fly zone” – che comporterebbe lo scontro tra l’aviazione USA e quella siriana – e dall’ingresso dell’esercito turco dietro la maschera dell’aiuto umanitario ai profughi (che in realtà sarebbe una protezione di fatto delle truppe dell’IS). Una proposta accolta così dagli USA, nelle parole del Segretario della Difesa C. Hagel: “Stiamo trattando questa possibilità con la Turchia e la esaminiamo in modo che la Turchia possa contribuire alla coalizione contro l’ISIS, perché anche per loro è una minaccia”. E proprio ieri (giovedì 2 Ottobre) infatti il Parlamento turco ha votato (298 a favore e 98 contrari) la decisione sulla base della quale le forze turche potranno intervenire nel conflitto e penetrare in Siria, decisione a cui il Partito Comunista (KP) si oppone in modo radicale affermando che “la mozione parlamentare dell’AKP è una dichiarazione di guerra”. I fascisti dell’ISIS sono una “pedina” nello scacchiere del medio-oriente, in cui le potenze imperialiste globali e regionali giocano la loro partita per raggiungere i propri obiettivi, dove i vari elementi a volte prendono direzioni diverse e a volte convergenti…
I comunisti turchi denunciano il legame tra CIA, MIT e l’ISIS
Così si esprime il Partito Comunista (KP-Turchia) in una nota (1) a commento della notizia del rilascio dei 49 ostaggi turchi rapiti dall’IS a Mosul dopo 101 giorni di prigionia. “L’ISIS è solo uno dei gruppi religiosi armati attivi in Siria e Iraq. Questi gruppi sono stati finanziati e armati con ogni sorta di armi da Arabia Saudita, Qatar e Turchia. Davutoğlu (Primo Ministro turco) e i suoi funzionari di governo non sono solo a conoscenza di ciò, ma hanno gestito questa attività di finanziamento e armamento. Questo è un crimine. CIA e MIT (Agenzia Intelligence Turca) mantengono legami con tutti i gruppi religiosi, tra cui l’ISIS. L’annuncio degli USA della guerra contro l’ISIS non cambia questo fatto. E’ inoltre chiaro che l’AKP e gruppi come ISIS hanno una affinità ideologica. E ancora più importante, questi gruppi sono in possesso di critiche informazioni e connessioni che possono mettere il governo dell’AKP in una situazione difficile, in futuro […]”. In un recente articolo (2) sul giornale SoL, Kemal Okuyan, così spiega il legame tra USA, Turchia e ISIS: “La reazione del governo degli Stati Uniti alla presa di Mosul da parte dell’ISIS è simile alla reazione di Davutoğlu [il primo ministro turco, ndt] all’attentato di Reyhanli (a Reyhanli, città turca di confine con la Siria, più di 50 persone sono state uccise in un attacco bomba lo scorso anno. Quando a Davutoğlu gli venne chiesto dei morti, rispose con un accenno di sorriso). L’amministrazione degli Stati Uniti è estremamente soddisfatta dell’agenda dell’ISIS. Nel tempo potrà fronteggiare le conseguenze indesiderate, i risultati inaspettati, ma ciò è qualcosa a cui penseranno in futuro.” […] e prosegue chiarendo: “cosa ha in mente la Turchia? Sta recitando la nuova parte affidatale dagli Stati Uniti nel corso della redistribuzione dei ruoli fra gli attori o è la squadra Erdogan-Davutoglu che segue un percorso folle che li porterà su posizioni in contraddizione con quelle degli Stati Uniti? Nessuna delle due. Per essere precisi, la domanda non è quella giusta. La Turchia non si muove nella regione unicamente sulla base di un programma assegnato dagli Stati Uniti. Come forza di un certo peso, nei suoi processi decisionali lascia anche spazio alle sue priorità ideologiche e politiche. Queste decisioni non hanno sempre bisogno di essere in linea con le strategie degli Stati Uniti, cosa che sarebbe impossibile in ogni caso. Approfondiamo un po’ di più la questione ISIS. Tra i paesi che hanno aderito alla coalizione guidata dagli Stati Uniti, ce ne sono alcuni che finanziano ancora l’ISIS? Sì, ci sono. Se Arabia Saudita, Qatar e Giordania avessero fermato il flusso di denaro e di armi verso l’ISIS, non ci sarebbe voluta più di una settimana per farla finita con tutta la faccenda. Tuttavia, a parte alcune misure simboliche, nulla di sostanziale è stato fatto su questo fronte. In altre parole, la coalizione reazionaria continua ad alimentare l’organizzazione che ha definito “nemica”. Come può essere credibile un’affermazione del genere? Ma loro vogliono farcelo credere. L’ISIS è fuori controllo (!). Diciamo invece che si è voluto che l’ISIS andasse fuori controllo!
E proprio a questo punto, il governo AKP di Erdogan annuncia pubblicamente il suo impegno con l’ISIS, si finge riluttante ad unirsi alla coalizione, non è disposto a dichiarare l’ISIS “terrorista” e di volta in volta si scontra con l’amministrazione statunitense. L’esistenza di legami militari, economici, politici e ideologici della Turchia con l’ISIS è di dominio pubblico. Non è in discussione se questi legami esistano, ma sono la loro scala e la profondità. Come riesce Erdoğan a ottenere questa grande libertà di movimento? Perché, se lo scopo degli Stati Uniti è di creare da questo caos un “sistema” sotto la loro supervisione, sarà necessario un elemento in grado di parlare la stessa lingua degli stati tribali islamisti. L’AKP sa che questo ruolo determinante non può essere di nessun altro se non suo. Non c’è altra forza adeguata per questo compito. Anche un governo turco laico disposto a collaborare con gli Stati Uniti potrebbe in parte svolgere diversi ruoli, ma non parlare il linguaggio ideologico reazionario che parla l’AKP. Per rimanere al potere, l’AKP deve vegliare sull’ISIS ed altri. E gli USA lo sanno.”.
I comunisti siriani contro l’intervento imperialista nel loro paese
Con un comunicato dell’Ufficio Politico emesso da Damasco il 24 Settembre (3), il Partito Comunista Siriano ha condannato l’aggressione statunitense chiamando il popolo siriano alla resistenza. “[…] Queste azioni sono una flagrante trasgressione del diritto internazionale che non permette la violazione della sovranità di uno stato nazionale indipendente. Tali azioni ostili avvengono sotto il pretesto di combattere le organizzazioni terroristiche, le stesse organizzazioni che sono state create nei laboratori dell’intelligence dei circoli imperialisti, particolarmente in quelli britannici e statunitensi, con l’attivo contributo dei circoli sionisti, allo scopo di creare un pretesto per l’intervento imperialista mondiale e l’aggressione contro i paesi della regione, la Siria in special modo a causa della sua posizione di opposizione all’egemonia imperialista e sionista, […].L’esperienza del nostro popolo e dei popoli del mondo prova in modo indiscutibile che non va riposta alcuna fiducia nell’imperialismo e nella sua guida, l’imperialismo Usa, a capo del terrorismo nel mondo. […] Il Partito Comunista Siriano chiama tutti i patrioti in Siria a difendere il paese, a proteggere la sovranità nazionale e a prendere coscienza delle cospirazioni e degli inganni imperialisti. Tutti i pretesti dell’imperialismo Usa, compresa la lotta al terrorismo, non possono giustificare la violazione della sovranità nazionale. Il nostro popolo sta combattendo coraggiosamente le bande terroristiche assicurandosi una buona posizione nella lotta e il coraggioso esercito siriano, forte dell’appoggio delle masse, sta sconfiggendo questi terroristi oscurantisti, come gli ultimi sviluppi confermano, tanto che i circoli imperialisti sono stati spinti ad accelerare le misure aggressive verso Siria. Il popolo siriano combatterà, come già fatto in passato, e resisterà con coraggio a ogni aggressione contro l’indipendenza nazionale e la dignità. La vittoria è nostra. Ribadiamo che ergersi a baluardo non è solo dovere, ma è anche possibile e che la [questione della] patria sta in cima e davanti ogni altra considerazione. La Siria non si inginocchierà.”.
Uno dopo l’altro i paesi dell’UE entrano nella “coalizione dei volenterosi”
La Gran Bretagna e il Belgio hanno deciso con un voto dei rispettivi Parlamenti, l’invio di aerei da combattimento; la stessa decisione è stata annunciata dal Primo Ministro della Danimarca, Schmidt.
Il Parlamento britannico si è espresso a favore con 524 voti (43 contro) per il coinvolgimento nelle operazioni in Iraq e non in Siria, ma il ministro britannico della Difesa, M.Fallon, si è affrettato a precisare che questo sarà il prossimo passo, affermando alla BBC che: “L’ISIS ha la sua base in Siria, dove è situato il suo quartier generale, dove dispone delle risorse e della sua gente. Per affrontare l’ISIS bisogna fare i conti con questo per sconfiggerlo sia in Iraq che in Siria”. Sottolineando che l’intervento imperialista ha un carattere prolungato, il Primo Ministro Britannico, Cameron, parlando alla Camera ha puntualizzato che questa campagna sarà caratterizzata da “pazienza e perseveranza, non dal colpisci e terrorizza”. La Gran Bretagna utilizzerà aerei da combattimento Tornado GR4, molti dei quali sono situati nella base britannica di Akrotiri, Cipro, che sono in grado di colpire nel nord dell’Iraq.
Il Primo Ministro danese, Schmidt, ha annunciato da parte sua la decisione di inviare sette caccia F-16, con 250 persone tra personale di volo e di terra. Anche l’Olanda ha deciso la sua partecipazione, e la Francia ha già realizzato le prime operazioni di raid aerei, mentre la Germania si “limita” al momento all’invio di armi ai curdi in Iraq così come la Grecia.
Di fronte alla crisi del capitalismo e delle sue contraddizioni inestricabili, l’unica via per il capitale è la guerra.
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2) http://solidnet.org/turkey-communist-party-of-turkey/cp-of-turkey-akp-isis-us-are-they-all-crazy-en