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Mural pro FARC in the mountains of Northern Cauca, Colombia_0

Le FARC-EP annunciano il cessate il fuoco unilaterale

di Salvatore Vicario

Con un comunicato del 17 Dicembre, da parte della Segreteria dello Stato Maggiore Centrale delle FARC-EP, l’organizzazione rivoluzionaria colombiana ha annunciato il “cessate il fuoco unilaterale e alle ostilità a tempo indefinito, che deve trasformarsi in armistizio” (1) che entrerà in vigore all’1 del 20 Dicembre 2014. Questo annuncio avviene dopo che il governo colombiano si è rifiutato di fare lo stesso, a testimonianza che la responsabilità del conflitto non sta nel presunto “terrorismo” della guerriglia, ma nelle politiche dei governi dell’oligarchia colombiana e dell’imperialismo statunitense. Nel comunicato le FARC-EP evidenziano che: “il conflitto sociale ed armato continua ad essere vigente; originato nella chiamata “violenza di parte”, nell’ingiusta visione storica sulle vitali questioni relative alla terra, nell’indegna gestione delle risorse pubbliche, nella concentrazione senza limite della ricchezza nazionale in poche mani, sempre più garosas (ingorde, ndt), e una istituzione pubblica inutile per esser stata incastrata da detentori del potere senza scrupoli, conferma che nel Tavolo di Dialogo, la sfida che ci attende è di una immensità senza precedenti. Per coloro che si sono impegnati nell’assemblare lo scenario a partire dal quale si costruirà una nuova Repubblica con il concorso di tutti e di ogni uomo e donna che conformano la componente umana di una stessa patria, i mesi che verranno sono fondamentali. Questo scenario è unico; non è uno qualsiasi. Si tratta, né più e né meno, dello scenario di ora o mai più. E’ lo scenario desiderato da tutti, per il quale abbiamo lottato e patito tanto: è lo scenario della pace, della riconciliazione, della fratellanza con giustizia sociale”. Nel seguito del comunicato, le FARC-EP richiamano alla legittimità della insurrezione e della lotta armata precisandone la congiuntura e i fini: “Facendo appello al sacro e irrevocabile diritto alla ribellione, che per ragioni che sempre sono sorte dall’inumana esistenza di coloro che nulla hanno avendo negato il minimo vitale in tutti i campi, ricerchiamo con le armi, come risorsa ultima dell’espressione politica, per collocarci in parità con lo spietato avversario di tutti i tempi, affinché la nostra voce, che è la voce del popolo escluso non continuerà ad esser trascurata”. Precisando infine che il cessate il fuoco unilaterale e la fine delle ostilità a tempo indeterminato, verrà considerato interrotto “solo se si dovesse constatare che le nostre strutture guerrigliere sono oggetto di attacchi da parte della forza pubblica”.

50 anni di lotta armata delle FARC-EP

50 anni fa, un gruppo di 46 uomini e due donne resistettero alle ripetute ondate di attacchi di un esercito formato da migliaia di soldati appoggiati da carri armati, bombardamenti da forze aeree e forze statunitensi d’élite. L’operazione militare ordinata dal governo conservatore di Guillermo León Valencia diede luogo all’epica resistenza di una manciata di contadini, la cui lotta è oggi accompagnata da migliaia di guerriglieri in lotta per il progresso e la giustizia sociale. La prima battaglia si svolse nel giorno che segna la creazione delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia. Il 27 maggio 1964. Sotto il comando di Manuel Marulanda, Isaia Pardo e Jaime Guaracas, i combattenti riescono a superare l’assedio militare e organizzare nel Luglio dello stesso anno una conferenza che produce uno dei testi politici fondamentali della resistenza colombiana. Nel Programma Agrario, destinato ai contadini, operai, studenti, artigiani e intellettuali rivoluzionari, si comunica l’esistenza di un movimento insurrezionale, in quattro diverse regioni, che, dal 1948, soffre la brutale repressione dello Stato e dei latifondisti.

Nello stesso anno, l’oligarchia aprì una profonda ferita nella situazione di tensione che il paese viveva, assassinando il candidato presidenziale che nutriva le speranze delle classi popolari colombiane. Dato come probabile vincitore, Jorge Eliécer Gaitán venne ucciso e nel Paese esplose la rabbia. Nelle città e nelle campagne, la popolazione prese le armi e scoppiò la guerra tra comunisti, liberali e conservatori. Solo a Bogotá oltre 500 persone morirono nei giorni successivi all’assassinio. Per oltre dieci anni il conflitto portò a circa 300 mila vittime e alla migrazione forzata di due milioni di colombiani in un paese che non aveva allora circa 11 milioni di abitanti. In questo periodo, uno dei fondatori storici delle FARC, Jaime Guaracas, sottolineò che “furono le circostanze, la necessità di difendere la vita“, che li costrinse ad essere guerriglieri. Nelle masse popolari colombiane si diffondono sempre più le idee dell’insurgencia, tanto che il governo militare di Rojas Pinilla arriva a dichiarare che “il comunismo sovietico vuole impossessarsi della Patria“, dichiarazione che come in altre parte del mondo, portò all’approvazione di una legislazione copiata dalle misure applicate negli Stati Uniti d’America, in piena caccia alle streghe contro i comunisti. In questo contesto, venne vietato l’ingresso di Pablo Neruda in Colombia. Nel 1958, un accordo – che si concluse nel 1977 – tra i partiti conservatori e liberali per porre fine alla faida, porta alla formazione di un governo di unità tra le due organizzazioni. Una amnistia generale portò alla smobilitazione e al disarmo dei principali gruppi in guerra, ma in diverse regioni, sotto la direzione dei comunisti, i contadini assediati dalle continue aggressioni dei latifondisti decisero di non consegnare le armi.

Nel 1965, appena un anno dopo la fondazione delle FARC, il numero dei guerriglieri era triplicato. Oggi, essi sono la maggiore forza popolare comunista in armi dell’America Latina, combattendo contro uno dei principali eserciti del mondo, con circa mezzo milione di soldati e con l’appoggio diretto degli USA, il cui investimento nella guerra colombiana è superato solo dall’appoggio che Washington offre ad Israele. Oltre le truppe ufficiali, le FARC-EP e il popolo colombiano soffrono anche le minacce e violenze militari delle forze paramilitari, mercenari criminali finanziati dall’oligarchia e dai cartelli della droga che controllano il potere politico. Questo conflitto che dura da oltre 50 anni è il tema centrale dei negoziati di pace, sulla base del pre-accordo dell’Agosto del 2012, in corso a L’Avana tra le forze in conflitto ed è stato il tema centrale della campagna per il secondo turno delle elezioni presidenziali realizzate a Giugno, disputate da due uomini dell’oligarchia, da un lato, il ri-eletto Juan Manuel Santos, più vicino all’idea del tavolo di pace e dall’altro Oscar Zuluaga, delfino dell’ex presidente Uribe, che dichiarò dopo il primo turno che lo collocava in testa: “Se vinciamo le elezioni, sospendo i dialoghi”. Una parte della sinistra colombiana scelse di sostenere al secondo turno Santos per far proseguire il processo di pace, ma come sempre le FARC-EP con una nota del loro comandante Timoleón Jiménez precisarono il campo in cui si svolgeva il dilemma: “Non si tratta di scegliere tra la guerra rappresentata da Zuluaga e la pace incarnata da Santos. E’ chiaro che qualsiasi dei due significherà la guerra” (2).

L’oligarchia col colletto bianco e le mani insanguinate

La drammatica verità da sempre tenuta presente nelle FARC-EP è che al di là della retorica sanguinaria e guerrafondaia dell’oligarchia, le vittime del conflitto per la maggior parte sono i figli delle masse popolari, dei lavoratori della città e dei contadini, costretti ad impugnare le armi dall’oligarchia. La guerra che imperversa in Colombia da più di mezzo secolo è tra le classi, ma nelle montagne, giungle, campagna e città, si affrontano donne e uomini con la stessa storia di miseria. Ovviamente, nonostante le stesse condizioni sociali, l’adesione alla guerriglia e all’esercito è fatto per ragioni diverse. Nei quartieri più poveri delle principali città colombiane, l’esercito è spesso una delle poche opzioni per sfuggire alla tragedia sociale del paese più diseguale dell’America Latina. Dall’altro lato, coloro che aderiscono alle FARC-EP lo fanno per convinzione politica e per la necessità materiali di conquistare un futuro collettivo di dignità. In un recente articolo (3) della compagna Antonia Bolivar Azurduy, del Partito Comunista Clandestino Colombiano, vengono delineate “le moralità” nel paese; quella del soldato di leva viene descritta come “la morale del ragazzo ignaro di esser stato reclutato per una guerra che non capisce, né desidera. Vuole mettere fine il prima possibile all’inferno che significa “svolgere il servizio militare” per poter tornare al suo quartiere, in un angolo ma in salvo dall’essere colpito da un proiettile, dall’esser colpito dai suoi superiori, dagli abusi e dalle violenze psicologiche finalizzate a condizionarlo contro un nemico che non conosce, né riconosce quando attraversa le strade o marciapiedi. Perché è solo un ragazzo delle città, delle baraccopoli, un espropriato, un uomo costretto ad andare in guerra. Senza diritto all’istruzione o al lavoro, ma obbligato ad essere carne da cannone delle élite che lo condannano alla povertà”. Mentre la morale del soldato professionista è quella “di chi non ha principi etici di fronte a sé o all’umanità, né amore per le persone che ha giurato di difendere. E’ la morale di chi spera di esibire una perdita nemica, un morto quale che sia, anche innocente, per ottenere benefici economici e un permesso di 72 ore. E’ la motivazione di un criminale al servizio dello Stato, del mercenario senza patria e senza coscienza di classe, perché sebbene non venga dalle alte sfere della società, non gli importa di uccidere quelli che sono nelle sue stesse condizioni sociali per difendere gli interessi degli sfruttatori”. Quella del rivoluzionario invece “è una morale costantemente nutrita da principi come la dignità, la solidarietà e la speranza, ed è ispirata dalla convinzione, dalla abnegazione e dalla lotta. E’ la morale di chi non pensa prima a se stesso, ma sempre agli interessi collettivi della classe, motivo del suo arruolamento nell’Esercito del Popolo. Di chi non lesina sforzi e si inventa ogni giorno nuove modalità per conquistare una patria bella per tutti gli emarginati, poiché ha scelto di assumersi il dovere storico di resistere alla tirannia, all’ingiustizia e al terrore di una classe criminale e narco-paramilitare che vuole mantenere la sua classe, il suo popolo, sottomesso nel dolore, nell’ignoranza e nell’inquietudine”. La morale dell’oligarca è quella “della classe dominante che uccide, che si nutre di morti e che grazie a questo rimane nella posizione privilegiata, di chi ammassa una grande fortuna sulle spalle di un popolo sfruttato, insultato, deriso e ipnotizzato che non sa che è a grazie al suo lavoro che i ricchi sono ricchi. Il potere ha la morale del carnefice consumato. Crea e mantiene dei grandi gruppi criminali, come quelli legati al paramilitarismo e al narcotraffico, per avere garantita la sua proprietà privata e l’espropriazione del popolo colombiano. E’ la morale del sistema capitalista”.

La base d’appoggio nelle città a sostegno della guerriglia

Per le caratteristiche di guerra e per ovvie ragioni storiche di un’organizzazione costruita da contadini, le FARC-EP rimangono, principalmente, nelle campagne e montagne. Ma è una falsa idea che l’organizzazione guerrigliera non esiste nelle città e che resiste circoscritta solo nelle zone più inospitali del paese. Sia attraverso il Partito Comunista Colombiano Clandestino (PCCC), sia attraverso le Reti Urbane Antonio Nariño (RUAN), l’attività politica rivoluzionaria si diffonde nei principali centri abitati della Colombia, come riconosciuto dalle stesse forze di polizia e militari. In occasione del 50° Anniversario delle FARC-EP, ad esempio, centinaia di giovani studenti incappucciati hanno celebrato l’evento all’interno dell’Università Nazionale di Bogotá mentre fuori, senza preoccuparsi di violare l’autonomia universitaria, carri militari sparavano getti d’acqua all’interno dell’edificio dal quale gli studenti hanno risposto con il lancio di pietre e molotov (4). Da decenni molte generazioni perseguitate di studenti universitari, sindacalisti e comunisti hanno abbandonato le comodità della propria vita nella città compiendo il difficile salto nella clandestinità e la lotta guerrigliera nelle montagne.

Le FARC-EP contro il narcotraffico

Forgiata dal Pentagono, la grande menzogna veicolata dalla stampa, dagli anticomunisti e revisionisti ed opportunisti, è che i guerriglieri comunisti si dedicano alla produzione e al traffico di cocaina. Occasione recente per la diffusione di queste idee da parte dei media che hanno diffuso delle vere e proprie veline provenienti da Washington, è stato il recente arresto dell’ex parlamentare di Forza Italia, Massimo Romagnoli, accusato di traffico di armi, con base nei balcani, tra cui anche la vendita di armi alle FARC-EP, oggetto dell’arresto da parte della procura di New York. Nell’atto di accusa dei PM di New York riprese poi dai media, le FARC-EP vengono descritti come “organizzazione terroristica” e “più grande fornitore al mondo di cocaina”. Dovere di ogni rivoluzionario è rigettare queste infamanti accuse ribadendo come la guerriglia comunista colombiana rifiuta e combatte il narcotraffico che impregna in realtà l’oligarchia colombiana, difeso dal paramilitarismo legato al terrorismo di Stato.

L’organizzazione rivoluzionaria colombiana controlla territori in cui i contadini poveri (il 90% dei contadini vive sotto la soglia di povertà) non hanno altro modo per sopravvivere, a causa delle draconiane condizioni di vita a cui sono costretti dall’oligarchia, se non attraverso la coltivazione della foglia di coca e la sua vendita. Ma le FARC-EP promuovono l’eliminazione della produzione e del traffico di droga attraverso un programma di sostituzione delle colture che nobilita il contadino fornendogli le condizioni per vivere dalla produzione agricola. Questo è stato, infatti, propriamente uno dei temi centrali posti sul tavolo dei negoziati di pace (5) e il programma presentato dalla FARC-EP è chiaro nei suoi obiettivi: “Generare condizioni materiali e immateriali per il benessere delle comunità agricole e dei nuclei famigliari che le formano – che, allo stato attuale, conseguono la loro precaria sussistenza attraverso la coltivazione di coca, papavero e marijuana – in un contesto di trasformazioni strutturali della società rurale, proprie del processo di riforma rurale e agraria integrale, democratica e partecipativa che il paese e i diseredati della campagna reclamano”. Come ribadito dal Comandante dello Stato Maggiore Centrale delle FARC-EP, Timoleón Jiménez, lo scorso 1 Giugno, “il narcotraffico è un fenomeno capitalista” e “la concezione del mondo” dei narcotrafficanti “è completamente incompatibile con la concezione dei rivoluzionari” affermando che “i narcotrafficanti sono nostri nemici” (6).

La giustizia sociale è il cammino per la pace

L’opportunità per la pace, rafforzata dalla mobilitazione delle organizzazioni dei lavoratori, dei contadini e indigeni, ha solo un percorso secondo le organizzazioni della guerriglia. Come le FARC, anche l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN) sostiene che non è possibile porre fine al conflitto, senza l’eliminazione delle ragioni che hanno portato alla violenza: l’ingiustizia sociale e la persecuzione e criminalizzazione delle organizzazioni di sinistra. Da quando i combattimenti hanno avuto inizio, oltre 50 anni fa, in diverse occasioni il cessate il fuoco è saltato. Nel 1984, durante il governo conservatore di Belisario Betancur, i negoziati condussero alla formazione del partito Unione Patriottica (UP) composto non solo da alcuni membri dell’organizzazione stessa, ma anche dall’ELN e attivisti di importanti movimenti sociali, sindacalisti e militanti del Partito Comunista Colombiano. Il processo di pace si ruppe con il genocidio che colpì l’UP e con l’attacco militare agli accampamenti dove erano situati i comandanti della segreteria delle FARC. Nei dolorosi anni in cui i guerriglieri e le organizzazioni di sinistra hanno cercato di aprire la strada alla pace, sono stati uccisi più di 5000 militanti dell’UP e, tra essi, due candidati presidenziali, otto deputati, 13 deputati regionali, 70 consiglieri e 11 sindaci. Molti dei candidati e degli eletti si trovarono nella giungla e nelle montagne, abbracciando la lotta armata, l’unica forma per sopravvivere.

Solo un decennio dopo le FARC-EP tornarono a sedersi al tavolo dei negoziati. Nel 1998, le immagini del presidente Andrés Pastrana in attesa del comandante Manuel Marulanda, a San Vicente del Caguan aprirono i telegiornali di tutto il mondo. In questo processo, il governo accettò la smilitarizzazione di un pezzo di territorio grande quanto la Svizzera per facilitare i colloqui di pace. Il processo travagliato si concluse nel 2002 con la successiva elezione di Álvaro Uribe, ex sindaco e legato al narcotraffico, a presidente della Repubblica con l’istituzione della dottrina di “Sicurezza Democratica” che si tradusse in migliaia di morti. La modernizzazione delle forze armate colombiane e il crescente coinvolgimento degli Stati Uniti e della sua tecnologia nella guerra ha comportato gravi perdite per l’organizzazione guerrigliera. Durante i due mandati di Álvaro Uribe, è morto per cause naturali Manuel Marulanda, leader storico, e sono caduti in battaglia diversi comandanti della Segreteria dello Stato Maggiore Centrale delle FARC: Ivan Rios, Raul Reyes, Jorge Briceño e Alfonso Cano.

Nonostante i duri colpi, le FARC-EP hanno adattato le loro attività alla nuova realtà militare. Dopo lo straordinario sviluppo della sua struttura, tra gli anni ‘80 e ‘90, e l’adozione di una linea tattica che gli ha permesso di sostenere, in alcuni casi, una guerra di posizione, le FARC-EP hanno recuperato la mobilità necessaria per attaccare e retrocedere senza che ciò rappresenti costi significativi per l’organizzazione guerrigliera. Con questa crescita negli ultimi anni sono riusciti a mantenere una struttura stabile e sono giunti ai colloqui di pace con il necessario potere negoziale per strappare importanti vittorie negli accordi da sottoscrivere con il governo.

La Colombia conduce annualmente la classifica mondiale dei sindacalisti e giornalisti assassinati. E’ inoltre il paese con il maggior numero di sfollati nel mondo. La lotta per la pace non è pertanto limitata a coloro che lottano anche attraverso le canne dei fucili. Proprio le FARC-EP hanno premuto affinché partiti, sindacati e movimenti che rappresentano importanti settori sociali della Colombia siano pienamente coinvolti in questo processo, favorendo la partecipazione popolare al Tavolo, diffondendo regolarmente testi e analisi sui vari punti e portando al Tavolo proposte provenienti dalle organizzazioni e movimenti sociali. La guerra non è tra la guerriglia e l’esercito/gruppi paramilitari ma di quest’ultimi contro i lavoratori, contadini, studenti e indigeni, privati ​​della libertà politica di potersi esprimere e lottare in un contesto legale per un mondo migliore.

E’ una falsità affermare che le FARC-EP si dedicano solo alla guerra. Molti contadini ricorrono ai medici della guerriglia per l’assistenza sanitaria. Tra il fogliame della giungla e delle montagne, sorgono vere e proprie città. In molti casi, sono la frontiera della dignità. I guerriglieri studiano, costruiscono ospedali nei luoghi più improbabili, ergono le stazioni radio clandestine, giocano a calcio in campi di fortuna e realizzano il teatro. Si svegliano ogni giorno alle quattro del mattino per addormentarsi alle otto della notte, con l’aspirazione che un giorno Bogotá sarà nelle mani dei lavoratori. Ispirati ai principi di Marx e di Lenin, e dall’esempio di Simon Bolivar, le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia–Esercito del Popolo rimangono fedeli alle ragioni per cui quei 48 contadini si sollevarono in armi nel 1964. Al contrario di ciò che dicono le agenzie di stampa internazionali, essi seguono il proprio cammino che deve essere compreso nelle circostanze della dura realtà che cercano di trasformare. Questa organizzazione guerrigliera che in mezzo secolo mai ha abbassato la testa di fronte all’oligarchia colombiana e all’imperialismo rimane ferma sull’obiettivo di conquistare la pace e il socialismo. Ma non la pace dei cimiteri dove si trovano migliaia di rivoluzionari e progressisti colombiani assassinati. È la pace con giustizia sociale per una democrazia in cui i lavoratori e il popolo sono i protagonisti. L’obiettivo di creare un contesto legale dove il proletariato possa esprimersi con il proprio protagonismo è parte della strategia e delle conquiste per la rivoluzione socialista in Colombia: “i progressi raggiunti sono significativi, ma non sono la panacea. Molto resta ancora da raggiungere, e stiamo parlando di un minimo, perché in realtà le proposte che abbiamo fatto puntano alla democratizzazione e modernizzazione del paese dentro parametri che nessuno potrà dire che sono quelli del socialismo, ma semplicemente quelli di un moderno stato sociale di diritto, dal quale la Colombia è ancora molto distante” (7).Ciò che stiamo discutendo sono punti di approccio per risolvere essenzialmente le cause della miseria, della disuguaglianza e della mancanza di democrazia, raccogliendo in particolare le iniziative popolari in questo campo. Siamo consapevoli che al tavolo non andiamo a fare la rivoluzione, ma nemmeno si tratta che il governo ottenga una pace conveniente senza cambiamento nelle ingiuste strutture. Questo dipende dall’azione organizzata delle masse; è per questo che quelle che stiamo discutendo sono le proposte minime e non il nostro programma rivoluzionario fino al Socialismo, al quale non rinunceremo mai” (8).

E’ necessario mantenere alta la vigilanza e la solidarietà internazionalista con le masse popolari colombiane e le FARC-EP, rigettare tutte le accuse e falsità della stampa borghese e degli opportunisti e revisionisti. L’atto di dichiarazione del cessate il fuoco è tutt’altro che una resa, è la dimostrazione che le FARC-EP sono una organizzazione politica che non è mai scaduta nel “militarismo fino a sé stesso” e che sempre fedele alla causa delle masse popolari mira a costruire un contesto di lotta rivoluzionaria che comporti meno sacrifici e lutti per esse.

_____________

Note:

1)    FARC-EP dichiara cessate il fuoco unilaterale e alle ostilità a tempo indeterminato – Dichiarazione della Segr. dello SM delle FARC-EP in spagnolo

2)    Dal dilemma mediatico al dilemma reale nota antecedente il secondo turno, da parte del comandante delle FARC-EP in spagnolo

3)    La morale comunista in un paese in guerra

4)    Video

5)    Leggere sul tema, la seconda parte dell’intervista al comandante delle FARC-EP, Jesús Santrich tradotta in italiano su resistenze.org

6)    http://www.nuovacolombia.net/Joomla/clamoridallacolombia/5349-0706-comandante-timoleon-jimenez-il-narcotraffico-e-un-fenomeno-capitalista.html

7)    Dall’intervista a Jesús Santrich, prima parte, tradotta in italiano su resistenze.org

8)    Dall’intervista esclusiva alla Delegazione di Pace delle FARC-EP a L’Avana, realizzata dal Partito Comunista del Venezuela, tradotta in italiano su resistenze.org

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