* di Alessandro Fiorucci
In questi ultimi anni molti cortei studenteschi e dei lavoratori si sono svolti nel nostro paese. Le condizioni della classe operaia e dei settori popolari peggiorano di giorno in giorno. Eppure la partecipazione in termini numerici a queste dimostrazioni è scarsa, o in ogni caso sempre al di sotto delle aspettative. Non appare come una contraddizione, che di fronte ad una condizione così grave, non vi sia una reazione adeguata?
L’aspetto principale da considerare è la demotivazione causata da continue sconfitte o misere vittorie temporanee, pronte a crollare in breve tempo. Pochissime infatti sono le mobilitazioni che ultimamente hanno raggiunto gli obiettivi prefissati. Ma poniamo il caso che questi vengano effettivamente raggiunti: la vittoria è parziale e limitata, e può solamente andare a contenere una situazione di per sé non buona e posticipare ulteriori peggioramenti. Sicuramente vedere di volta in volta che poco o niente si ottiene e che la propria condizione non migliora di una virgola è frustrante, ed un sentimento di disfattismo si diffonde facilmente anche fra coloro i quali erano più “attivi”. É altresì interessante notare quanto, mentre si svuotano le piazze, internet ed i social network diventino luoghi virtuali in cui sfogare e manifestare il proprio dissenso ed esprimere opinioni di carattere politico. Strumenti come le petizioni online vengono accolti con entusiasmo e curiosità da molte persone. Con un clic ci è possibile bloccare l’acquisto degli F-35, mandare a casa i politici, salvare l’Amazzonia dal disboscamento e chi più ne ha più ne metta. Oltre a deviare spesso l’attenzione su problemi secondari queste petizioni illudono un grande numero di persone.
“I cortei non servono a nulla”, “non si ottiene un bel niente scendendo in piazza” … ognuno di noi avrà sentito queste frasi dai nostri coetanei. Spesso si tenta di replicare a queste affermazioni, in maniera orgogliosa oppure impacciata. Resta l’amaro in bocca, perché un fondo di verità in quelle frasi c’è. Dietro alla fierezza di essere scesi in piazza e di aver compiuto una azione giusta, rimane il dubbio. Possiamo dire che le dimostrazioni abbiano cambiato realmente qualcosa? Saremmo degli ingenui, o nel peggiore dei casi dei bugiardi, a rispondere di si.
Ora, viene spontaneo domandarsi perché partecipiamo ai cortei, oppure per quale motivo li organizziamo. Siamo forse dei pazzi, o dei moderni Don Chisciotte? Al contrario.
I giovani sfruttati infatti scoprono di avere un’arma invincibile: l’organizzazione.
Insieme a lottare ponendo obiettivi immediati la gioventù comunista possiede una prospettiva rivoluzionaria, tesa al rovesciamento del sistema attuale ed alla costruzione del socialismo, di una società nuova. In questo senso i comunisti “nel movimento presente rappresentano in pari tempo l’avvenire del movimento stesso” *. Sono l’avanguardia “che spinge sempre avanti” *. É evidente la necessità di una formazione politica adeguata dei quadri dirigenti e dei militanti rivoluzionari, che permetta loro di assumere questa funzione di guida, in modo cosciente e combattivo.
Senza il lavoro quotidiano, l’impegno e la dedizione costante di ogni giovane militante, in particolare nel luogo di lavoro e di studio, la manifestazione perde di significato, e rimane una generica “giornata di lotta”, una data casuale e isolata. Anche dal punto di vista estetico la gioventù comunista in piazza si differenzia in modo evidente: sfila ordinata, in blocco dietro a striscioni unitari, levando al cielo le bandiere rosse, che tanto infastidiscono i vari opportunisti che si incontrano nelle piazze. Questo non è altro che il riflesso dell’attività che svolgiamo ogni giorno.
Diciamo con forza che la responsabilità della situazione che vivono attualmente la classe operaia e gli strati popolari poveri, nonché dei numerosi problemi della nostra società, è del capitalismo. L’attività di propaganda è diretta in questo senso.
Prendiamo un esempio concreto: nell’ambito della nostra attività politica all’interno delle scuole la nostra lotta è stata diretta, negli ultimi mesi, contro la proposta di riforma del Governo Renzi. L’obiettivo immediato è quello di fermare questa riforma, ma la nostra è tutt’altro che una posizione di conservazione. Consideriamo infatti che la condizione dell’istruzione e della scuola pubblica italiana non è ottima, anzi. La lotta è contro la scuola di classe e quindi contro questo sistema, come parte della lotta generale della nostra classe.
E’ opportuna un’ulteriore considerazione, sulla funzione ed il ruolo delle dimostrazioni di piazza in una prospettiva rivoluzionaria.
“Gli scioperi, il boicottaggio, il parlamentarismo, la manifestazione, la dimostrazione: tutte queste forme di lotta sono buone come mezzi che preparano e organizzano il proletariato. Ma nessuno di questi mezzi è atto a distruggere l’ineguaglianza esistente. – ecco il nodo fondamentale – E’ necessario concentrare tutti questi mezzi in un mezzo principale e decisivo, è necessario che il proletariato insorga e conduca un atto decisivo contro la borghesia, per distruggere dalle fondamenta il capitalismo. Questo mezzo principale e decisivo è la rivoluzione socialista”. *
Ora la questione appare più chiara: il corteo per i comunisti, come altre forme di lotta, è un mezzo, se considerato singolarmente insufficiente, che non va ad eliminare le radici dell’inuguaglianza, dei problemi che affliggono le masse. Ciò non significa che esso sia inutile. Riteniamo che la dimostrazione di piazza sia parte dell’attività politica, che sia uno strumento importante per sviluppare la lotta, accumulare e raggruppare le forze, preparare ed organizzare il proletariato verso la rivoluzione, l’unico strumento per abbattere il sistema attuale.
Partecipiamo quindi ad una manifestazione perché ne condividiamo le rivendicazioni e denunce che però nella totalità dei casi sono parziali e limitate nel recinto della gestione del sistema capitalistico; perciò non ci facciamo illusioni riguardo la reale portata dell’iniziativa. Queste rivendicazioni e denunce possono, alle volte, servire come punto di partenza e parte integrante della nostra attività, ma sottomessi allo spontaneismo e alla direzione opportunista sboccano in un movimento “puramente riformista” limitato al rivendicazionismo economicista, pertanto destinato a fallire. Ricordiamoci che non è un semplice corteo che va a modificare radicalmente lo stato attuale delle cose e non lo sono neppure le riforme, poiché semmai in passato c’è stato qualche margine oggi di certo non c’è, e chi va predicando che vi possa essere un miglioramento in questo modo, sia in ambito studentesco che generale, mente.
Per usare le parole di Lenin, i comunisti dirigono la “lotta della classe operaia non soltanto per ottenere condizioni vantaggiose nella vendita della forza-lavoro, ma anche per abbattere il regime sociale che costringe i nullatenenti a vendersi ai ricchi” ***.
Per questo il FGC esiste, combattendo ogni battaglia e organizzando studenti e lavoratori in misura sempre crescente: se vogliamo cambiare il sistema abbiamo bisogno, però, anche di te.
Scendi in piazza, lotta e organizzati con il Fronte della Gioventù Comunista! Il Comunismo è la gioventù del mondo!
Note:
*(K. Marx e Friedrich Engels, dal Manifesto del Partito Comunista)
**(Stalin, da Anarchia o socialismo?)
*** (Lenin, da Che fare?)