*di Paolo Spena, Responsabile Scuola e Universita FGC
La prima tappa dell’attuazione della “Buona Scuola” del Governo Renzi sarà un decreto legge, al quale stanno lavorando il Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, il sottosegretario Davide Faraone e la responsabile scuola del Partito Democratico Francesca Puglisi, con il quale entreranno in vigore le prime misure “urgenti”, prima dell’avvio del nuovo anno scolastico 2015/16. Nel decreto è incluso, oltre all’assunzione dei precari iscritti nelle graduatorie ad esaurimento, il cosiddetto “pacchetto studenti”. Quest’ultimo comprende misure che introducono due notevoli novità: la valutazione degli insegnanti da parte degli studenti, e il “curriculum dello studente”, cioè la possibilità per gli studenti degli ultimi anni delle scuole superiori di scegliere gli insegnamenti da seguire e quelli da “scartare”, differenziando così i propri curriculum. Come sempre la giusta chiave di lettura sta nell’analisi complessiva del processo che sta avvenendo, e nella contestualizzazione di queste misure all’interno del progetto della “Buona Scuola”.
La valutazione degli insegnanti da parte degli studenti è una rivendicazione storica del movimento studentesco, in sé giusta ma che va tuttavia trattata con cautela. Una valutazione di questo tipo deve avvenire, e certo non ci si può schierare a difesa dei fannulloni. In questo senso, è certamente giusto che alla valutazione del lavoro di ogni singolo insegnante partecipi l’intera comunità scolastica: i colleghi docenti, gli studenti, i genitori, e non solo il Preside, che si sta progressivamente trasformando in una sorta di manager che ha il compito di amministrare la scuola e trattare il personale scolastico come se fosse alle sue dipendenze. Il problema è il modo in cui la valutazione degli insegnanti viene concepita nella “Buona Scuola” di Renzi. Il testo parlava infatti di “far uscire i docenti dal grigiore dei trattamenti indifferenziati”, in altre parole differenziare gli stipendi degli insegnanti in base a queste valutazioni, e non più in base agli scatti di anzianità. Una misura pensata in realtà per operare l’ennesimo taglio al finanziamento dell’istruzione pubblica, e che non fa altro che incrementare il clima di competizione interna all’istituzione scolastica. Il parere degli studenti servirebbe, in questo modo, a differenziare gli stipendi degli insegnanti, “premiando” i più bravi. Questo significa da una parte un “contentino” al mondo studentesco, per la verità poco importante rispetto a quelle che sono le rivendicazioni degli studenti nella fase attuale (in cui è necessario battersi per l’accesso di tutti all’istruzione, oggi più che mai minacciato), dall’altra la crescente ostilità che per reazione si genererebbe fra il corpo docenti e quello studentesco, e all’interno del corpo docenti stesso, minando in definitiva la possibilità di una coesione fra studenti e insegnanti contro lo smantellamento della scuola che oggi prende piede con il ritmo di una riforma a Governo.
La seconda questione, quella del curriculum studentesco, necessita di un chiarimento analogo. La valorizzazione delle attitudini dei singoli studenti, anche attraverso la possibilità di scegliere cosa studiare (e anche come studiare), sarebbe un elemento positivo se solo avesse alla base la possibilità di tutti di accedere all’istruzione, e una situazione di omogeneità della qualità dell’offerta formativa in tutte le scuole del territorio nazionale, da quelle del Sud a quelle del Nord, da quelle di periferia a quelle del centro. La realtà purtroppo è ben diversa: la forbice sempre più ampia fra le scuole “pollaio” di serie B e le scuole d’elite, o di serie A, è ormai evidente anche fra le scuole statali. La “Buona Scuola” del Governo aggraverà questa situazione, e per averne conferma basta osservare le varie misure che essa prevede. Il progetto dei finanziamenti statali differenziati, cioè più consistenti per le scuole “migliori” secondo una logica di premialità, in realtà farà sprofondare ancora di più le scuole in difficoltà (esattamente come avviene oggi negli USA). L’idea del “Registro Nazionale dei Docenti”, da cui i Presidi potranno attingere i nomi degli insegnanti che desiderano “assumere” nella propria scuola, secondo una logica che progressivamente porta alla concezione del docente come un “libero professionista” degna di una scuola privata, contribuisce a spingere in questa direzione. In questo contesto di profondi mutamenti dell’istruzione pubblica, introdotti facendo perno sulla “autonomia” delle scuole, in cui il discriminante fra l’iscrizione a una scuola “di serie A” o a una “di serie B” è sempre più la condizione economica, come potrebbe configurarsi la differenziazione dei curriculum studenteschi? Se da una parte gli studenti di ogni scuola potranno scegliere fra una serie di insegnamenti messi a disposizione dall’istituto, dall’altra ci saranno alcuni istituti “di serie A” che potranno iniziare a offrire insegnamenti specializzati, di qualità molto più elevata rispetto agli insegnamenti proposti dalle scuole “di serie B”. Molti insegnamenti “a scelta”, poi, saranno incentivati dalle aziende private che, sempre secondo la “Buona Scuola”, dovranno finanziare le scuole pubbliche al posto dello Stato. In questo contesto la proposta della differenziazione dei curriculum studenteschi è una riedizione della proposta di abolizione del valore legale del titolo di studio (che già oggi, data la condizione di estrema disomogeneità fra le scuole italiane, è una pura formalità legale), che si cerca di “far entrare dalla finestra” dal momento che non si è riusciti a farla passare “ dalla porta principale”. Se già oggi il curriculum di uno studente diplomato in una prestigiosa scuola del centro è solo formalmente uguale a quello di chi è diplomato in un fatiscente istituto di periferia, o di una città del Meridione, questa formalità scompare del tutto nel momento in cui nel curriculum del primo figurano insegnamenti specializzati e qualificanti, che la scuola del secondo non avrebbe mai potuto permettersi di offrire. Inoltre, in un mondo del lavoro in cui vige la lotta per la sopravvivenza e in cui la questione dell’inserimento dei giovani diplomati e laureati nel lavoro non è mai seriamente affrontata, si inserisce l’ennesimo elemento che favorisce la competizione sfrenata fra gli studenti, minando il sentimento di unità che dovrebbe essere naturale nella condivisione di un percorso di formazione. Con il curriculum studentesco si passa a un’istruzione “individuale” e sempre più parcellizzata, si azzera il valore del crescere collettivamente all’interno di una classe, si introduce anche nelle scuole la percezione, già diffusa nella coscienza degli studenti universitari, di essere in continua lotta fratricida con i propri compagni per la conquista di un futuro dignitoso.
Nel complesso, al di là dell’illusione superficiale, le misure del “pacchetto studenti” continuano nel solco tracciato dai precedenti Governi: quello dello smantellamento dell’istruzione pubblica e del suo abbandono alle logiche del mercato e della competizione. Con la valutazione degli insegnanti da parte degli studenti, elemento di per sé condivisibile, si cerca una giustificazione alla differenziazione degli stipendi degli insegnanti, e si mina la possibilità di una coesione fra il corpo docenti e quelli studentesco nella difesa della scuola pubblica e nell’opposizione all’attacco che proviene dal Governo. Con la proposta del curriculum studentesco di fatto si porta a compimento con altri mezzi l’abolizione del valore legale del titolo di studio, incrementando il divario fra le scuole “di serie A” e quelle “di serie B”, legando sempre più il futuro di ogni studente alla sua possibilità di studiare in istituti prestigiosi. Sono sempre più confermate le ragioni della nostra opposizione alla “Buona Scuola” del Governo, che si dimostra essere niente più che la scuola di classe di cui oggi necessita questo sistema. Più che mai diventa evidente la necessità di una riorganizzazione effettiva del movimento studentesco, proprio in un momento in cui tutto contribuisce a creare divisione. La risposta a un Governo che ci vuole gli uni contro gli altri è l’organizzazione del conflitto all’interno di ogni singola scuola. Ogni giovane comunista deve essere cosciente che su di lui pesa la responsabilità di costruire una cellula comunista nella sua scuola, di essere portavoce delle istanze del mondo studentesco, di guidare le mobilitazioni contro il Governo in difesa della scuola pubblica. Uniti siamo forti, organizzati saremo invincibili.