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Mai con Salvini, ma mai con UE e euro.

Cari compagni e care compagne,

un primo dato è che tutti noi qui presenti riteniamo la convocazione di una contromanifestazione un fatto decisamente insufficiente per arginare il processo politico che va creandosi nella costruzione di un’area politica nazionale di matrice reazionaria con la convergenza di gruppi neofascisti nell’alleanza con la Lega Nord. L’idea stessa della contromanifestazione è un sintomo dell’arretratezza politica ed organizzativa che oggi si vive in una certa area, con una tendenza costante ad inseguire a non essere protagonisti del momento storico e dei suoi processi. Poiché porre oggi la questione dell’organizzazione sarebbe del tutto inutile date le diversità tra i presenti, penso che l’elemento centrale debba essere duplice e riguardare il carattere del consenso e delle parole d’ordine politiche che contrapponiamo alla manifestazione leghista a Roma.

Relativamente alla questione politica sono state dette molte cose giuste a cui come Fronte della Gioventù Comunista ci associamo, in relazione al lavoro, alla precarietà, alla compromissione della Lega nel sistema di potere che in questi anni ha governato. Manca però, salvo un solo intervento una questione che riteniamo sia imprescindibile e che debba essere posta con forza: la questione dell’Unione Europea e dell’euro. Il primo punto della manifestazione di Salvini è proprio l’opposizione all’euro e alla UE. Il tempo è poco e non c’è modo di addentrarsi in analisi complesse però vorrei dire che la spiegazione della crescita della Lega, della nascita di un blocco nazionale di carattere reazionario, sul modello del FN in Francia e altre situazioni che si verificano in Europa è proprio da addebitarsi all’influenza della UE e alle responsabilità di questo sistema. È inutile parlare di antifascismo se non si analizzano le cause che sono alla base di quello che stiamo vivendo. Se uso dei termini un po’ specifici è perché so di parlare ad una platea di compagni che militano e conoscono il significato di alcune espressioni.

Noi oggi attraversiamo una crisi profonda, che non è solamente una crisi economica del sistema capitalistico, espressione questa che andrebbe analizzata a fondo e che altrimenti rischia di essere errata. Noi viviamo per dirla con Gramsci una crisi organica, in cui si è interrotto il rapporto di fiducia tra le classi dominanti e i loro partiti tradizionali di riferimento, ma soprattutto è in crisi la capacità di esercitare l’egemonia da parte della grande borghesia monopolistica sulle masse popolari. Il punto centrale di questa crisi, il fattore scatenante più potente è il fallimento delle prospettive di miglioramento delle condizioni dei lavoratori e delle masse popolari con il processo di unificazione europea. L’idea che la costruzione della UE e dell’euro sarebbe stato un elemento di miglioramento delle condizioni di vita reali dei popoli, si scontra oggi con la realtà. Questa illusione, in cui pure una parte rilevante delle masse popolari avevano creduto è entrata in crisi e produce una sfiducia generale che si concretizza con un divario tra masse popolari e politica, e con l’emergere di movimenti di carattere reazionario, in assenza nel nostro paese di una sinistra che abbia seriamente affrontato la questione. La Lega e la sua operazione raccolgono il consenso degli strati sociali della piccola borghesia che precipitano con la crisi e con il processo di incremento del libero scambio e in assenza di altro trascinano anche parte dei lavoratori e delle masse popolari dietro di loro.

Non possiamo correre il rischio in questa situazione di vedere da una parte una manifestazione, quella della Lega, che tuona contro l’Unione Europea e l’euro, in modo certo politicamente sbagliato, illusorio e propedeutico ad un peggioramento ulteriore della condizione delle masse, ma dall’altra una contromanifestazione che non si pone il problema, o che si limita a parola vuote quanto illusorie come l’idea dell’Europa dei popoli o della riformabilità, che accetta implicitamente, l’inevitabilità del processo di integrazione europea, che è il disegno più funzionale agli interessi della grande borghesia e allo schiacciamento dei diritti delle classi popolari.. Il rischio di presentarsi nei fatti come i cani da guardia di questo sistema a livello di massa è altissimo, e non serve criticare Renzi se poi si accetta alla base lo stesso meccanismo che produce Renzi, ossia la permanenza nella UE. La critica che oggi si sviluppa prevalentemente nei confronti dell’austerity è una critica parziale e limitata, perché implicitamente o esplicitamente, si limita a porre la questione nell’opposizione tra austerità da una parte e politiche espansive dall’altra, ma nulla dice in relazione ai rapporti di produzione, alla divisione del lavoro; in sostanza si limita a porre due opzioni interne ad un medesimo sistema. E quando a tenere questo orizzonte sono coloro che dovrebbero puntare a superare questo sistema, la questione diventa seria.

Allora a nostro parere la manifestazione del 28 deve porre con forza e nettezza la questione dell’uscita dalla UE, evitando di lasciare le masse di fronte alla meccanica divisione tra la proposta reazionaria dell’uscita dalla UE e dall’euro per rimettere in moto i meccanismi di uno stato borghese che in quelle condizioni non potrà che essere più reazionario e dall’altra la prospettiva dell’integrazione europea come accettabile e accettata, al massimo con qualche proposta apparentemente radicale. Per noi questo è un punto dirimente. Dobbiamo dire con forza che la prospettiva della liberazione dei lavoratori e delle masse popolari passa per la rottura della gabbia della UE e la conquista del potere popolare, e che nessuna delle due alternative oggi in campo, PD e simili da una parte, Lega e fascisti dall’altra va in questa direzione.

Rovesciare il tavolo non porsi solo sul lato opposto. Lo dico anche in relazione alla questione dell’immigrazione che oggi è stata spesso citata da molti interventi dei compagni. Non sono convinto che la soluzione rispetto al razzismo di alcuni settori neofascisti e reazionari sia l’esaltazione del carattere “meticcio”, come viene detto da molti, della protesta. Penso al contrario che sia da riportare alla luce l’essenza reale dei rapporti di classe che il velo della nazionalità e della razza tende a nascondere, e che implicitamente finisce per continuare a nascondere anche chi in buona fede, si limita solo a porre all’opposto lo stesso ragionamento e non a ragionare in modo opposto. Noi dobbiamo dire ad esempio che mentre Salvini a parole tuona contro l’immigrazione gli imprenditori del Nord che la Lega rappresenta fanno la fila per accaparrarsi immigrati disperati, senza diritti che accettano salari da fame, che sono la vera forza del made in Italy di interi settori. A parole la Lega è contro l’immigrazione, ma i settori sociali che rappresenta e la sostengono sfruttano la disperazione per ragioni economiche, anche in danno dei diritti dei lavoratori.

Perché non parlare poi del sostegno che i vari Salvini, Le Pen e amici danno alle politiche imperialiste, non facendo mai mancare i loro voti. Chi genera l’immigrazione se non il sistema di sfruttamento imperialista che impone guerra, fame e distruzione a interi paesi del mondo nel nome degli interessi di alcuni grandi gruppi economici? Non ci può essere critica reale alla Lega se si dimentica la critica all’imperialismo. Queste sono questioni di fondo da porre alla manifestazione del 28. E’ qui, insieme alle molte cose giuste dette sulla precarietà, sulla corresponsabilità nella gestione politica della Lega, che si misura il nostro essere realmente alternativi non solo alla Lega, ma al sistema che la esprime. Oggi il capitalismo è in grado di generare oltre al consenso anche l’organizzazione del dissenso. Evidentemente un dissenso apparente che non ne muta la struttura e che non mette in crisi il sistema. Anche la Lega rientra in questo quadro.

Un ultima questione come dicevo all’inizio la riservo al discorso proprio sul consenso che insieme alla linea politica è l’elemento centrale. Anche i fatto di Cremona, se mai ce ne fosse stato ulteriore bisogno, hanno posto con forza la questione del modo di costruire il consenso. L’idea della giornata campale, applicata al 28 in occasione della manifestazione della Lega, non solo sarebbe inutile ma seriamente controproducente in relazione alla questione del consenso di massa che non genererebbe, e dell’ennesima possibilità data alle forze di governo di prendere provvedimenti di carattere reazionario e repressivo. Quel giorno è fondamentale riuscire a comunicare un messaggio, altrimenti la già difficile posizione di una contromanifestazione, diventerebbe davvero controproducente a tutti gli effetti.

Questi sono per la gioventù comunista i punti principali che devono essere considerati in quella data. Per il resto ovviamente solo l’organizzazione, il lavoro costante nel radicamento di classe a nostro parere paga e ogni giornata episodica ha una valore limitato. Ma questo non è il momento né il luogo di porre questa discussione. Come FGC faremo la nostra parte ma a condizione di non avere tentennamenti sulle questioni politiche principali. Non possiamo permetterci il lusso di apparire come difensori, seppure radicali, dello status quo contrapposti alle illusioni, molto concrete in termini di massa, della Lega. Questo sarebbe il peggiore risultato e consegnerebbe ancora di più i lavoratori, i disoccupati, le masse popolari del nostro paese nelle braccia degli incubi reazionari della Lega e dei neofascisti. Un rischio che non possiamo e non vogliamo permetterci di correre.

* intervento di Alessandro Mustillo (Segr. Naz. FGC)  all’assemblea alla facoltà di Lettere della Sapienza per la manifestazione del 28 febbraio.

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