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La teoria politica della nuova destra e l’avanzata delle forze reazionarie

* di  Daniele Bergamini

Per ricostruire il partito comunista in Italia non basta solo analizzare le ragioni pratiche della nostra sconfitta o della scomparsa della cosiddetta sinistra radicale, foriera di teorie revisioniste e antimarxiste, ma occorre ricominciare la gramsciana battaglia delle idee. Durante questa crisi del capitalismo è evidente la crescita delle forze reazionarie di destra, ma sarebbe sterile demonizzarle senza conoscere la loro ideologia e la sua funzionalità ai disegni reazionari della borghesia. Tali forze presentano analogie e differenze coi vecchi partiti fascisti ed è necessario conoscere il nucleo teorico e filosofico di questi soggetti per potere formulare una critica seria, rigorosa e scientifica che indirizzi correttamente il lavoro dei comunisti e che stimoli il dibattito.

Le moderne forze reazionarie e populiste di destra hanno subito l’influenza di varie personalità e circoli intellettuali noti come Nuova Destra e hanno assorbito i principi fondamentali delle teorie neo-fasciste e neo-destriste. In Italia e in Francia la nuova destra e il neofascismo sono il frutto di una rottura con soggetti come il Movimento Sociale Italiano, accusati di essere solo residuati nostalgici e incapaci, senza alcuna base culturale. Gli intellettuali, per così dire, legati a quest’area pur non facendo tutti parte dei vari partiti di estrema destra influenzano l’ideologia di questi soggetti e sviluppano iniziative comuni sulle tematiche adottate. I concetti basilari del neo-destrismo sono la critica dell’immigrazione come pericolo per l’identità dei popoli, il federalismo etnico, l’interclassismo e il comunitarismo contrapposti al liberalismo e al comunismo, la lotta contro la “modernità” e il “mondialismo” e il superamento della dicotomia destra – sinistra.

Questi concetti sono parzialmente ripresi dai partiti più importanti e conosciuti della moderna destra estrema come il Front National e la Lega Nord e sono integrati con argomenti securitari e legalitari come la lotta al “degrado”, la sicurezza e l’Islamofobia o la preferenza nazionale (il celebre motto prima gli italiani, vale a dire la costruzione di un welfare state che privilegi i cittadini italiani)

La questione dell’immigrazione e il concetto di identità

L’immigrazione è il cavallo di battaglia per eccellenza, che riempie lo spazio lasciato vuoto dalla sinistra borghese con tematiche come l’identità autoctona, la preferenza nazionale e le tematiche securitarie. Queste ultime si diffondono grazie anche al fatto che la cosiddetta “sinistra” si impegna solo sul versante dei diritti civili e dell’accoglienza ma nega la lotta di classe e tramite i sindacati concertativi soffoca le lotte economiche come la lotta per il salario. Alla visione caritatevole/affaristica (in realtà con ben pochi benefici per gli stessi immigrati) della sinistra istituzionale (e della Chiesa) viene contrapposto il concetto di identità, che è tipico di intellettuali come Alain de Benoist e Julius Evola. L’identità è compresa come la specificità di un popolo rispetto agli altri ed essa e minacciata dall’immigrazione, che svilisce sia l’identità dell’indigeno che quella del migrante, inoltre la difesa dell’identità va intesa come difesa della diversità dei popoli.

Questa teoria prende spunto dalle idee del filosofo fascista Julius Evola (1898-1974) che è uno dei maggiori riferimenti teorici del neofascismo, soprattutto italiano; egli sostiene il razzismo spirituale in contrapposizione al razzismo biologico, pur non negando il suo consenso al Reich e all’Italia fascista.

Per Evola il “il razzismo ha e deve avere un preciso significato di affermazione della qualità e della differenza di fronte al mito livellatore dell’umanitarismo demomassonico ed enciclopedico. L’umanità, il genere umano è un’astratta finzione. La natura umana è profondamente differenziata e le razze, i sangui sono l’espressione più tangibile e immediata di questa differenziazione” (1)In un altro scritto viene delineata la difesa delle differenze, il razzista spirituale “Riconosce la differenza e vuole la differenza. Essere differenti, essere ognuno se stessi non è un male ma un bene. Quando esiste la famosa umanità? Quando da un mondo ben articolato, si retrocede in modo caotico, collettivistico, promiscuo, pensabile solo come stazione finale e paurosa di un processo di disgregazione e livellamento sociale e spirituale […] Nella visione razzista della vita, invece, ogni differenza – persino corporea – è simbolica” (2)

Viene quindi rifiutato il suprematismo razziale tipico delle potenze fasciste dell’asse e si attribuisce a ogni “razza” o “popolo” eguale dignità ma diverse abilità e si critica il “multiculturalismo e immigrazionismo” che vorrebbero cancellare la diversità degli esseri umani per uniformarli e dominarli. È evidente che nonostante le divergenze con la dottrina fascista e nazista tradizionale o coi partiti “nostalgici” non viene messo in discussione il cardine della teoria hitleriana dello stato che nel Mein Kampf definitiva lo stato come contenitore della razza, o dell’identità, basando la cittadinanza sullo ius sanguinis (3).

Il concetto di difesa dell’identità rafforza l’opposizione della destra xenofoba al fenomeno migratorio, oltre alla strumentalizzazione della cronaca nera, e tale idea serve a giustificare la preferenza nazionale e la predilezione dello ius sanguinis come criterio di assegnazione della cittadinanza. I partiti di destra per rendersi più presentabili si ergono a difensori della patria e dell’identità negando le accuse di razzismo. Sia la dottrina fascista classica che la dottrina neo-destrista sono volte entrambe a dividere il proletariato nel nome della differenza etnica: l’immigrazione è ovviamente uno strumento del capitale che serve a aumentare l’esercito di riserva e ridurre il livello salariale e questo punto importante viene supportato sia con queste elaborazioni razziste e xenofobe sia con la visione “umanitaria” e caritatevole del fenomeno. Una critica a queste teorie reazionarie deve partire dal presupposto che l’identità dal punto di vista culturale è la sovrastruttura del modo di produzione in cui sono inseriti gli individui e la difesa incondizionata dell’identità etnica distrae dalla lotta di classe.

L’ideologia identitaria è speculare al cosmopolitismo borghese ed entrambe negano l’internazionalismo proletario. Se per esempio Proudhon, uno dei primi teorici e filosofi dell’anarchia, negava la questione nazionale i nazionalisti borghesi negano la contraddizione tra capitale e lavoro, e tale negazione è il cardine sia del corporativismo, sia della lotta all’immigrazione odierna. Il fatto che il movimento operaio abbia elaborato la questione nazionale è funzionale alla lotta contro al colonialismo e all’imperialismo: se pensiamo ad un futuro dove la diffusione della rivoluzione socialista si propagherà ancora in tutto il mondo, le nazioni come sistemi statali entro dati confini spariranno. Questo non porterà ad una immigrazione di massa: i proletari si sposteranno infatti solo in base al loro desiderio, poichè verrà minata alla base la causa principale del fenomeno migratorio nel sistema imperialista: l’immigrazione come fuga dalla povertà endemica .

La democrazia vista da destra e l’esperienza socialista

La nuova destra e i neofascisti contrappongono la democrazia di sangue delle piccole patrie alla democrazia liberale basata sul suffragio universale. Per esempio il filosofo neo-destrista francese Alain de Benoist scrive:

“La democrazia deve fondarsi non su pretesi diritti inalienabili dell’individuo senza appartenenze, ma sulla cittadinanza, che sancisce l’appartenenza a un popolo – vale a dire a una cultura, a una storia, a un destino – e all’unità politica nella quale questo si dà forma. La libertà risulta dall’appartenenza al popolo; la libertà del popolo è sovraordinata a tutte le altre libertà. All’interno di un’autentica democrazia, i cittadini detengono diritti politici eguali solo per il fatto di appartenere alla medesima comunità nazionale e popolare” (4)

Costoro criticano il comunismo e l’esperienza sovietica come frutto di un egualitarismo livellatore che cancella le differenze nazionali e individuali, negando e nascondendo l’ampio spazio dato dai comunisti all’autodeterminazione dei popoli. Da notare l’uso del concetto di popolo, che comprende sia la borghesia che il proletariato: per la nuova destra proletari e borghesi dello stesso paese non hanno interessi contrapposti. Viene strumentalizzata la guerra di Jugoslavia come esempio per tentare di dimostrare l’incompatibilità tra diverse nazionalità, negando o mettendo in secondo piano il ruolo dei capitali tedeschi e americani nella formazione di soggetti parafascisti come le milizie croate di Tudman che si ispiravano agli ustascia’ filonazisti(5). In Urss e nella Jugoslavia la cittadinanza era concessa ai richiedenti asilo, mentre i due paesi essendo plurinazionali erano federazioni. La costituzione sovietica garantiva l’istruzione nelle madrelingue delle varie repubbliche federate e l’eguale dignità delle nazionalità presenti in Urss e anche la libertà di culto (6)

Nei paesi socialisti si sono creati nuovi tipi di cultura anche per via del cambiamento nei rapporti di produzione, e spesso si parlava di nazionalità jugoslava o sovietica, anziché serba, croata, o russa, e aspetti come la religione o la tradizione passavano in secondo piano, anche se come detto prima erano tutelati. Questo anche per favorire una mentalità proletaria libera da pregiudizi razziali o sessuali (ad esempio l’applicazione del matrimonio combinato) e unire i proletari convincendoli della necessità di rinnovare la loro mentalità rispettando i loro usi e costumi. Se è legittimo tutelare la storia e il patrimonio storico del proprio paese questo non deve essere una scusa per discriminare altri proletari, o per paventare un impossibile livellamento biologico o etnico. Il materialismo insegna che gli uomini nascono in date condizioni che determinano il loro essere sociale, se le condizioni storiche e economiche cambiano, come è naturale che sia, cambia anche la mentalità degli uomini, le loro tradizioni e costumi, addirittura il modo di nutrirsi. È quindi naturale che i proletari, cambiando il modo di produzione, trasformano la loro cultura ( essendo una sovrastruttura ), mentre l’identitario immagina idealisticamente un mondo immutabile in cui la tranquillità borghese non deve essere scossa da stravolgimento rivoluzionario.

Localismo, corporativismo e interclassismo

Dal punto di vista della teoria economica e della critica della democrazia liberale vi sono orientamenti molto vari all’interno delle nuove destre, ma si può dire che vi sono ampie convergenze su temi come l’interclassismo e la difesa del capitalismo locale o nazionale, da cui nasce anche l’opposizione al progetto dell’UE con una versione propedeutica ad un peggioramento ulteriore delle condizioni delle masse popolari. In alcuni casi vengono riprese persino tematiche no global reinterpretate in chiave identitaria, come la decrescita e l’ecologia, e in genere viene contestato il capitalismo finanziario in modo simile alla sinistra opportunista e si coltiva l’illusione di un capitalismo locale buono da contrapporre a quello della “finanza mondialista” che favorisce le multinazionali contro le aziende locali, ignorando le leggi di sviluppo del capitalismo . Tali teorie economiche sono funzionali alle borghesie imperialiste europee, ( ottimo esempio quella francese ) che competono nella spartizione delle zone di influenza in territori come il nord-africa e l’ex Urss. Inoltre sono collegate alla politica della preferenza nazionale, il cavallo di battaglia della destra radicale odierna: la costruzione di un welfare per soli italiani che secondo i promotori può scoraggiare l’immigrazione nel paese.

Queste tematiche sono state già trattate in altri articoli, ed è utile citare un passo di un precedente articolo:

“La borghesia si arricchisce importando massivamente forza lavoro per svalutare il suo prezzo e precarizzare le condizioni di lavoro, nella massima indifesa giuridica e assoggettamento totale dell’operaio immigrato alla dittatura padronale. Sono gli stessi che si beneficiano del dumping lavorativo coloro che aprono un secondo fronte di acutizzazione dello scontro, incolpando l’immigrazione per la disoccupazione, la criminalità, incentivando il razzismo come fenomeno di massa oscurando la divisione della società in classi, confondendo sulla natura del nemico e impedendo l’unità di classe. L’Unione Europea e lo Stato italiano legalizzano l’incarceramento degli schiavi del XXI secolo, con l’approvazione della “Turco-Napolitano” a cui segue la “Bossi-Fini”. Tutto l’arco delle forze parlamentari in un modo o nell’altro legittima questi centri di internamento, chi per l’uso populistico-securitario come la destra chi con argomentazioni “umane” come il centrosinistra”. (7)

Collegata all’idea del welfare per soli italiani vi è l’idea di alcuni gruppi contigui ai partiti di destra di boicottare le aziende che assumono anche immigrati e di far sì che vengano assunti solo italiani per scoraggiare l’immigrazione: questi programmi discriminatori servono a intensificare ancora di più la guerra tra poveri utile alla borghesia e racimolare consensi in una classe operaia autoctona priva di soggetti di classe e delusa dalla sinistra revisionista. Le borghesie hanno sempre praticato questo tipo di discriminazioni, negli Stati Uniti per esempio sono sempre stati discriminati, nella storia del paese, i vari gruppi di immigrati dal punto di vista salariale e occupazionale  . Va evidenziato come i partiti che si rifanno alla nuova destra come la Lega Nord sono organici all’imperialismo: basti pensare come la Lega, per non parlare di Fratelli d’Italia, abbiano sostenuto le missioni di guerra, abbiano votato contro l’indipendenza della Palestina, a favore di Napolitano nel 2013 e delle leggi che hanno introdotto il precariato in Italia, come la Legge Biagi. Solo per fare qualche esempio.

È pertanto evidente che tali ideologie nascono nel seno della borghesia, ma senza una corretta comprensione delle sue ideologie i comunisti non potranno fornire risposte corrette, né tantomeno organizzare una solida opposizione di classe che unisce i proletari di qualunque provenienza.

Note

1 j. Evola [con lo pseudonimo di G. Maffei], il culto romano della terra” , supplemento a ” il Regime Fascista” ,19 luglio 1940, ora in “Diorama Filosofico ristampa anastatica” a cura di M. Tarchi, Roma, Europa, 1974, pp. 80-81.

2J. Evola, indirizzi per un’educazione razziale, Conte, Napoli, 194, p. 23;  nuova ed., Padova, Edizioni di Ar, 1994

3 Adolf Hitler, Mein Kampf, capitolo 2, lo stato

4 Alain de Benoist, Democrazia: il problema, p. 92-93, Arnaud editore, Firenze, 1985

5 Fanjo Tudman era il fautore dell’indipendenza croata in funzione anticomunista e antijugoslava nella guerra di Jugoslavia degli anni ’90, fu egli stesso presidente della Croazia e formò milizie nostalgiche del nazifascismo

6 Articoli 121, 123, 124 della Costituzione dell’urss, con le modifiche del 1947

7 Il nemico non è lo straniero ma il capitale

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