* di Fronte della Gioventù Comunista Calabria
Sabato 22 agosto il Sindacato Unitario dei Lavoratori (SUL), sindacato autonomo e maggioritario all’interno dello scalo calabrese, ha indetto 24 ore di blocco delle attività produttive per lottare contro lo stato di perenne crisi in cui versa il porto di Gioia Tauro e la conseguenziale perdita di posti di lavoro, proprio in una regione dove la disoccupazione raggiunge livelli paragonabili alla Grecia. Lo scalo gioiese, nonostante le sue immense potenzialità logistiche determinate dall’ imponenza dell’infrastruttura e dalla posizione geografica al centro del Mediterraneo, sta progressivamente perdendo posizioni nella competizione globale. A dimostrarlo sono i numeri i quali attestano inequivocabilmente che dal 2011 la quantità di contenitori movimentati è in caduta libera, arrivando a toccare il minimo storico.
Tutto questo smaschera l’ipocrisia delle istituzioni borghesi e i loro rappresentanti, sempre pronti a riempirsi la bocca con frasi altisonanti sull’importanza del porto e sulla sua futura ripresa, per poi piegarsi sistematicamente ai voleri del padrone di turno e abbandonare i lavoratori del più grande polo produttivo calabrese. Infatti a giugno di quest’anno l’ex assessore De Gaetano ha dichiarato che entro il mese di luglio ci sarebbe stato un aumento vertiginoso delle movimentazioni. Tuttavia, quasi alla fine di agosto, di questo presunto aumento non si vede nemmeno l’ombra. Nel frattempo Contship Italia e Msc Crociere hanno acquistato le azioni della Maersk ( gruppo danese, che ha attività in diversi settori ma principalmente nel trasporto marittimo essendo il più grande armatore di navi mercantili nel mondo ) , che abbandona Gioia Tauro e sposta tutto su Vado Ligure, senza dare alcuna delucidazione sui programmi e gli investimenti del nuovo accordo che ridisegna gli equilibri nella società che gestisce l’area portuale, la Medcenter Container Terminal Spa.
Inoltre, il 29 luglio MCT ha richiesto per il quinto anno consecutivo la Cassa Integrazione Straordinaria per 353 unità lavorative senza alcuna prospettiva di riassorbimento alla fine della procedura. In un contesto del genere, dove il rischio di 400 esuberi alla fine di quest’anno si fa sempre più concreto, dove l’incubo della disoccupazione e della precarietà regna sovrano nella vita dei 2000 lavoratori del porto e delle loro famiglie, il silenzio dei padroni e la retorica trionfalistica delle istituzioni borghesi non fanno altro che aumentare la sacrosanta rabbia operaia, riversata nel combattivo sciopero di 24 ore di sabato 22 agosto. Lo sciopero ha visto la partecipazione di centinaia di lavoratori che si sono mobilitati insieme alle loro famiglie in un presidio permanente di fronte ai cancelli di entrata del porto. Questo importante momento di lotta si è rivelato un catalizzatore di forze sindacali e sociali accorse in solidarietà alla lotta dei portuali. Il sit-in ha visto la partecipazione di una delegazione della FIOM e dei COBAS scuola di Reggio Calabria, di alcuni movimento sociali del territorio reggino e di associazioni di cittadini, dimostrando con i fatti la capacità della classe operaia di poter fungere da soggetto di riferimento e di avanguardia nella lotta delle masse popolari contro questo sistema. Inoltre, la partecipazione allo sciopero di un gran numero di lavoratori appartenenti a sindacati che non hanno aderito alla data di mobilitazione dimostra la giustezza della proposta di costruire un fronte unitario dei lavoratori e un distacco sempre più ampio nei confronti di chi sindacato, quello vero, ha smesso di farlo da un po.
Un fronte, dicevamo, che unisca indifferentemente dall’appartenenza sindacale e della categoria, sulla base di una piattaforma chiara di lotta di classe contro i padroni e il loro sistema, autonomamente dalle dirigenze sindacali complici e fondato sul protagonismo operaio. Addirittura pure la Confindustria calabrese ha dichiarato di essere d’accordo con le motivazioni dello sciopero dichiarando, tuttavia, che il blocco di 24 ore delle attività produttive sia dannoso in un momento così delicato; tutto ciò a dimostrazione di come il padronato, sicuramente agevolato da un maggiore utilizzo dello scalo, sia sempre pronto a utilizzare la forza operaia a proprio piacimento per poi abbandonare i lavoratori e opporsi a ogni iniziativa di lotta reale e autonoma che sfugga dal suo controllo e che vada contro i propri interessi. I portuali di Gioia Tauro hanno chiesto a gran voce, nelle loro rivendicazioni, che le istituzioni calabresi si battano affinchè “sul porto vengano operate scelte strategiche per il suo pronto rilancio puntando sullo sviluppo reale dell’intermodalità e su una necessaria diversificazione delle attività portuali, esigendo, contestualmente dai terminalisti formali impegni su investimenti e prospettive per il futuro”.
Insieme agli operai è stata presente anche una folta delegazione del Fronte della Gioventù Comunista e del Partito Comunista che, oltre alla doverosa solidarietà, ha assicurato la vicinanza militante alla lotta dei lavoratori del porto invitandoli a continuare la battaglia. La gioventù comunista ha espresso la necessità di costruire l’unità di classe tra i lavoratori e gli studenti delle scuole superiori e delle università calabresi; proprio l’unità degli operai e degli studenti che nei decenni passati ha dato grandi risultati alle masse popolari italiane. I comunisti hanno invitato la classe operaia gioiese a non delegare alle istituzioni la difesa dei propri diritti e la conquista del proprio avvenire ricordando ai lavoratori che solo con la lotta, con l’unità e con l’organizzazione è possibile respingere gli esuberi, la cassa integrazione, l’aumento dei carichi di lavoro a fronte di sempre meno personale e conquistare il diritto al lavoro e al salario.
Lo stadio a cui è giunto il sistema capitalista non assicura più lo sviluppo delle forze produttive ,come nel caso del porto di Gioia Tauro, senza implementare disumanamente lo sfruttamento, senza licenziare, senza aumentare la precarietà e peggiorare le condizioni di lavoro: la rivendicazione principale da portare avanti, oltre alla lotta alla disoccupazione ( “lavorare meno, lavorare tutti”, riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario ), è quella della nazionalizzazione sotto controllo operaio del porto in quanto solo la classe lavoratrice, che ogni giorno produce tutta la ricchezza ( e della quale non vede che le briciole ), ha le capacità di gestire efficacemente il processo produttivo,eliminare sfruttamento e condizioni di lavoro ormai sempre peggiori.
Per combattere la logica che porta i capitalisti a fare profitto sul nostro sudore e sulla nostra miseria, per rilanciare l’occupazione e conquistare il diritto al lavoro, a gioia tauro come altrove, la lotta deve passare da semplicemente economica a politica e rivoluzionaria, per superare questo sistema fondato sullo sfruttamento, sul profitto e costruire il socialismo-comunismo. Il Fronte della Gioventù Comunista ha già iniziato la sua lotta.