Pochi giorni fa il Termometro Politico – sito italiano che svolge da sempre un lavoro molto puntuale di studio dell’evoluzione del sistema politico nazionale e internazionale, confrontando sondaggi e inchieste – ha pubblicato alcuni grafici estremamente interessanti sulla Grecia. I grafici confrontano i sondaggi di tre istituti di rilevazione con le differenze tra gennaio e settembre del 2015, ossia prima e dopo il tracollo politico del governo Tsipras con il cedimento ai diktat della Troika e l’approvazione del nuovo memorandum. Il grafico mostra con chiarezza la perdita di voti di Syriza alla sua sinistra, evidentemente dovuta alla consapevolezza del “tradimento” operato dal governo di Tsipras rispetto alle promesse elettorali. Storicamente a sinistra del partito di Tsipras in Parlamento siede solamente il Partito Comunista di Grecia (KKE). Inevitabile quindi che il disincanto nei confronti della fallimentare opzione politica di Tsipras sarebbe andato a premiare la lotta del KKE, che in questi mesi ha dimostrato capacità di analisi politica, di organizzazione e di azioni di lotta molto incisive nella vita nazionale greca, basti pensare agli scioperi generali e alle imponenti manifestazioni di questi mesi, nonché alla posizione preveggente sul referendum.
I sondaggi mostrano chiaramente cosa sarebbe accaduto in assenza della costituzione di Unità Popolare, il partito fondato dalla scissione della sinistra di Syriza. I comunisti greci del KKE avrebbero avuto tra l’11 e il 12% dei voti, diventando stabilmente la terza forza politica del Paese. Decisamente un gioco troppo pericoloso per la borghesia greca e per le oligarchie finanziarie europee. Un dato che avrebbe scosso radicalmente il quadro politico greco, assestandogli il colpo finale e aprendo prospettive continentali interessanti.
È vero che in politica uno più uno non fa mai due, e che certi passaggi non possono essere intesi in modo eccessivamente meccanico, specie a livello elettorale, ma è difficile pensare che quel 4/5% di cittadini greci delusi da Syriza, inclini a votare una forza di sinistra, non sarebbero finiti per riversare i loro consensi sul KKE. Un partito comunista sopra il 10%, stabilmente terzo partito del Paese, con una straordinaria capacità di mobilitazione di massa tra i lavoratori, grazie al lavoro sindacale del Pame, e radicato tra la gioventù greca, sarebbe stato decisamente troppo. Staccando gli altri partiti (Alba Dorata sarebbe stata ampiamente dietro di 4-5 punti percentuali, e soprattutto sotto lo stacco ideale della seconda cifra) avrebbe di fatto indicato la polarizzazione politica di un’alternativa al duopolio Syriza-Nea Democratia che oggi appare determinante, aprendo una prospettiva del tutto diversa per la situazione greca. Al contrario oggi la dispersione di questa potenziale forza aggiuntiva in un nuovo partito, fa sì che al di fuori dei due partiti maggiori ci siano una serie di partiti tutti più o meno dello stesso valore elettorale (anche Pasok, To Potami, la stessa Unità Popolare viaggiano tra il 3,5 e il 5%) con una polverizzazione che diventa in questo momento funzionale ad assicurare partiti di riserva e prospettive di larghe coalizioni.
Sia chiaro che non c’è complottismo dietro questa considerazione, non crediamo che Unità Popolare nasca da qualche tavolo del ministero degli interni greco, studiata a tavolino contro il KKE. Ovviamente essa nasce da decisioni politiche di movimenti e partiti della sinistra greca. Il punto è però comprendere, indipendentemente dalle volontà e dalle aspirazioni, più o meno legittime, oltre la buona fede individuale e collettiva, quale sia la funzione reale che in un determinato momento storico viene concretamente esercitata da una forza politica. E l’espressione “riserva di sinistra” che viene utilizzata dal KKE appare al quanto calzante.
Facciamo una considerazione politica generale. Oggi al situazione greca è di una crisi senza uscita, in cui esistono tutte le condizioni oggettive per un rovesciamento rivoluzionario, il cui unico – ma fondamentale – impedimento sta ancora, e nonostante tutto, nelle difficoltà sul lato soggettivo, di coscienza e organizzazione delle masse. Dal momento che il problema non sta nella struttura economica greca, ma nelle forze che dirigono le masse lavoratrici, in capo ad esse c’è la responsabilità della maturazione della coscienza di classe e l’evoluzione verso una prospettiva rivoluzionaria. Syriza e Tsipras hanno dimostrato quanto danno possa fare l’opportunismo e come la prospettiva della socialdemocrazia di sinistra, della salvaguardia della UE e di una proposta radicalmente riformista al suo interno sia fallimentare. Oggi questa opzione viene ripetuta in modo più radicale dal tentativo della ex sinistra di Syriza, che riprende semplicemente in mano il vecchio programma di Syriza, quello che si è dimostrato inattuabile, oppure propone soluzioni parziali. In ogni caso Unità Popolare non indica come elemento necessario la rottura con il sistema capitalistico. Nell’ambito delle politiche economiche ad esempio UP, come prima Syriza, chiede un alleggerimento del debito, non il suo ripudio unilaterale, propone poi l’uscita dall’euro, ma non attraverso un processo complessivo di svincolamento dalla UE e del sistema capitalistico, ma come rimedio a sé. E’ proprio di questo gradualismo, di questo radicalismo interno alle dinamiche capitalistiche che parte dalla giustificazione che non esistono le condizioni, di questa politica che la classe operaia non ha bisogno. Le condizioni oggettive esistono, quelle soggettive si creano, ma se in nome del risultato elettorale si continua a giustificare posizioni arretrate e sbagliate, il risultato è proprio quello di finire per frenare uno sviluppo rivoluzionario. Anche in questo caso insomma: chi non sta da una parte o dall’altra della barricata, finisce per diventare la barricata.
Ovviamente la partita non è chiusa, le elezioni greche ci saranno tra dieci giorni e noi inviamo tutto il nostro sostegno ai compagni del KKE, ai giovani della KNE e a tutte le organizzazioni di stampo sindacale e di lotta che sostengono i comunisti greci. Solo un KKE forte oggi può portare ad un’evoluzione della situazione greca, ad un rafforzamento della lotta di classe e ad un avanzamento dei rapporti di forza nella direzione del socialismo. Contro vecchie e nuove illusioni: «Zito to KKE!»