di Agostino Alagna*
Nonostante i mezzi di comunicazione borghesi abbiano riservato poco spazio alla notizia, gravi eventi stanno sconvolgendo in questi giorni il Burkina Faso, dove mercoledì scorso si è materializzato un Colpo di Stato ad opera dei militari della Guardia Presidenziale guidati da Gilbert Diendéré, legati al dittatore Blaise Campaoré destituito dopo 27 anni in seguito alla sollevazione popolare del 30 e 31 ottobre 20141 da cui si avviò un “periodo di transizione” verso le elezioni previste per il prossimo 11 ottobre.
Gli interessi imperialisti nel paese sub-sahariano e la presunta “transizione democratica”
Il Burkina Faso è situato in Africa Occidentale a nord della Costa d’Avorio. Ha una popolazione di circa 18 milioni di abitanti, ma nonostante sia uno dei principali produttori di oro a livello mondiale e possegga grandi risorse minerarie ha un Pil pro-capite pari a 1.500 dollari, il che lo rende uno fra i paesi più poveri del mondo, con un’aspettativa di vita media di circa 50 anni e un’età media della popolazione di poco inferiore a 17, oltre ad essere tra i primi paesi al mondo per mortalità infantile2;
Dopo la caduta di Camporé, la borghesia locale e le potenze imperialiste hanno posto sotto il loro controllo reazionario il “processo di transizione” allo scopo di soffocare il processo rivoluzionario che si era messo in modo con l’insurrezione del 30 ottobre. Le potenze imperialiste (Francia, USA, UE) e i vari regimi reazionari africani attraverso l’ECOWAS (Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale) e l’Unione Africana sono intervenuti pesantemente negli eventi con il pretesto di “aiutare il popolo del Burkina Faso” per risolvere pacificamente e democraticamente la crisi. Il Burkina Faso è soprattutto per l’imperialismo francese e americano una piattaforma strategica fondamentale per i loro interventi militari nella regione nel quadro della competizione inter-imperialista per la spartizione dei territori e il saccheggio delle risorse minerarie del continente africano. L’imperialismo francese ha installato stabilmente nel paese le proprie truppe e un corpo speciale di intervento con il pretesto della “lotta al terrorismo e ai gruppi jihadisti” così come l’imperialismo statunitense che ha nella capitale Ouagadougou una sua base militare che funge da base d’intelligence per gli interventi imperialisti nella regione, le cosiddette “Operazioni Antiterrorismo” come quella avvenuta in Mali nel 2013.
Nell’Agosto 1983, il rivoluzionario marxista Thomas Isidore Noël Sankara divenne presidente, cambiando il nome del paese da Alto Volta in Burkina Faso (Terra degli Uomini Incorruttibili), sotto la sua presidenza ebbero luogo straordinarie conquiste sociali e significativi miglioramenti nelle condizioni di vita delle masse burkinabè. Alcuni tra i successi più eclatanti furono la massiccia campagna di vaccinazione e assistenza sanitaria, la ridistribuzione delle terre ai contadini, la soppressione delle imposte agricole, la proibizione della poligamia e dell’infibulazione e l’assoluta parità dei sessi. Vennero inoltre assicurati cinque litri d’acqua e due pasti al giorno ad ogni cittadino. Nel 1987 un colpo di stato guidato dall’Imperialismo Franco-Statunitense con l’appoggio dei militari liberiani pose fine all’esperienza del governo anti-imperialista in Burkina Faso con l’assassinio di Sankara e altri dodici ufficiali per opera di Blaise Compaoré che prese in quel momento il potere nel paese conservandolo per 27 anni, cancellando le conquiste democratiche e sociali delle masse popolari e restaurando le precedenti condizioni di sfruttamento e di miseria, rendendo i profitti delle ricchezze minerarie a esclusivo appannaggio dell’oligarchia locale e dei monopoli internazionali.
Dopo che le rivolte dell’ottobre scorso furono inizialmente represse nel sangue dai militari che non esitarono ad aprire il fuoco sul popolo insorto, esasperato dalle disumane condizioni di vita nel paese e dai quasi trent’anni di dittatura degli assassini di Sankara, il potere venne assunto dalle stesse forze armate con il loro capo, Nampere Honoré Traoré, figura vicina al regime e alle potenze imperialiste che ve ne fanno capo, che si dichiarò a capo di un governo di transizione di durata massima di dodici mesi incaricato di mantenere ordine nel paese, passando poco dopo l’incarico di Presidente all’ex diplomatico Michel Kafando e di Primo Ministro a Isaac Zida, fino allo scorso 16 settembre quando agli ordini di Gilbert Diendéré, il Comandante Aziz Korongo e il Generale Celeste Coulibay, la Guardia Presidenziale, addestrata dall’Esercito e i servizi segreti francesi3, hanno sequestrato il presidente ad interim sciogliendo le istituzioni e dichiarando pubblicamente “la fine del degenerato governo di transizione” con un comunicato del generale Mamadou Bamba sulla televisione nazionale. Il ruolo avuto nel golpe dalla Guardia Presidenziale indica la firma dell’imperialismo francese a cui sono strettamente legati i leader golpisti a garanzia della continuità della promozione degli interessi economici dei monopoli francesi nel paese e geostrategici nel continente africano.
Uno scontro interno alle fazioni della borghesia locale collegati agli interessi e manovre delle potenze imperialiste con l’obiettivo di restaurare l’ordine nel paese, alla luce dello sviluppo del movimento popolare e dell’ascesa in particolare dei partiti di ispirazione sankarista.
Il crescente protagonismo della classe lavoratrice e della gioventù nel mito di Sankara
La sollevazione di fine ottobre scorso fu figlia di una accumulazione di forze del movimento popolare dalla “rivolta della fame” del 2008, momento in cui si sono susseguiti nel paese diverse proteste sociali, in particolare nel 2011, che hanno coinvolti gli strati popolari, dai contadini poveri, agli operai e dipendenti pubblici, ai piccoli commercianti e artigiani, e persino alcuni settori militari, ma in particolare da parte dei settori più giovani della classe operaia, contadina e degli strati medi, per il diritto a una vita dignitosa, contro la fame, per la giustizia, l’istruzione, le libertà politiche e il progresso sociale in un cambiamento reale a favore del popolo. Lo sviluppo di queste lotte ha coinvolto gli strati più profondi della società portando alla rottura e la formazione di un potente movimento insurrezionale che è andato oltre la guida dei “partiti dell’opposizione borghese” che hanno però risolto la crisi dell’esplosione del partito di governo, il CDP (partito del Congresso per la Democrazia e il Progresso), con una riconfigurazione della scena politica nazionale funzionale a una riforma del sistema politico in collaborazione con l’alto comando militare attraverso un “governo di transizione” che ha salvaguardato il sistema soffocando il processo rivoluzionario.
Un risveglio radicale nella società e il fermento nelle masse popolare, in particolare nei giovani, è testimoniato dagli eventi dello scorso 25 maggio, nel giorno della riesumazione del corpo di Sankara, in cui nella capitale e nelle principali città del paese sono ricomparse le immagine di Sankara e manifestazioni inneggianti alla sua figura e al suo progetto rivoluzionario anti-imperialista facendo rivivere il suo mito nelle lotte per le aspirazioni delle masse popolari giovanili, cuore della rivolta dello scorso ottobre ma che non hanno ottenuto alcuna soluzione nel periodo della transizione, controllata dalle forze reazionarie, ai problemi del lavoro, dell’istruzione, delle abitazioni, della terra. Ma la progressiva forza e organizzazione assunta dal movimento popolare e la sua pressione per riforme democratiche nell’ordine borghese-oligarchico, a pochi giorni dalle elezioni4, sono state viste come un pericoloso sviluppo per gli interessi imperialistici non solo in Burkina Faso ma in tutta l’area dell’Africa Occidentale, che necessitava di esser fermato attraverso il golpe guidato dagli imperialisti francesi.
La memoria di Sankara e di ciò che il suo governo ha rappresentato per il paese sono ancora ben vivi nelle giovani ed esasperate masse proletarie del Burkina Faso, che in questi giorni stanno generosamente lottando per le strade e nelle piazze, con numerosi arresti, feriti e almeno una decina di morti nei violenti scontri nelle principali città, innalzando barricate con la parola d’ordine di “resistere in ogni quartiere” contro i golpisti e per la fine della dominazione imperialista, della fame e la miseria endemica degli ultimi 28 anni per un miglioramento delle condizioni di vita e il soddisfacimento delle proprie necessità in base alle capacità e ricchezze che possiede il paese.
Mentre il Presidente del governo di transizione Kafando e il Primo Ministro Zida sono ancora imprigionati, il Presidente del Parlamento della transizione, Cherif Sy, ha chiamato la popolazione alla resistenza dichiarandosi nuovo presidente a interim: “Questo colpo di stato non è una sorpresa, ho sempre detto dall’inizio della transizione, che se tale unità [si riferisce alla Guardia Presidenziale] non fosse stata sciolta, queste forze sarebbero state schierate altrove e avremmo avuto dei problemi. L’ho ripetuto in questi giorni che a partire dal momento in cui entriamo nella linea dritta fino alle elezioni, a meno di un mese da esse, era ovvio che a un certo punto, si lanciassero per fare in modo di evitare queste elezioni” annunciando che è l’unica “autorità oggi effettivamente investita dalla Carta e dalla Costituzione nei poteri di capo dello Stato…”1.
Gli eventi dimostrano come sia necessaria una forte organizzazione indipendente della classe operaia, dei settori popolari e della sua gioventù per realizzare le ispirazioni democratiche e antimperialiste delle masse liberandosi dall’oppressione della borghesia locale e internazionale. Riprendiamo il passo finale del precedente articolo sugli eventi in Burkina Faso: “affinché questa fiamma non venga spenta nuovamente è necessario approfondire la rivolta per una nuova rivoluzione burkinabé che non sia diretta solo ad un “formale cambio di governo” (con uomini vicini ai monopoli stranieri e alle élite locali) ma alla rivendicazione del potere e della ricchezza che produce”. Solo in questo tipo di percorso si potrà giungere alla liberazione dalle catene dell’imperialismo.
1 http://www.rfi.fr/emission/20150916-burkina-faso-prise-otage-president-rsp-kafando-isaac
1 Il nostro articolo di allora: https://www.senzatregua.it/?p=1465
2 Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo – UNDP – Rapporto sullo sviluppo umano 2009
3 Il Régiment de Sécurité Présidentielle (RSP) è un corpo militare formato da 1300 uomini al servizio di Campaoré (ma agli ordini in realtà del governo francese) responsabile dell’uccisione di 232 civili durante la sollevazione dello scorso Ottobre 2014.
5 http://www.rfi.fr/emission/20150916-burkina-faso-prise-otage-president-rsp-kafando-isaac
commissione internazionale FGC