Spesso, di fronte alle atrocità che quotidianamente ci vengono riportate dalla Palestina, di abusi ed omicidi commessi in modo particolare sulla popolazione palestinese, capita di idealizzare le ragioni degli uni e degli altri: allo stesso modo anche di pensare che palestinesi ed israeliani siano un blocco culturale-politico monolitico, senza sfaccettature o differenze.
Questo articolo è apparso qualche giorno fa su Haaretz, giornale “progressista” isrealiano, in seguito ai numerosi attacchi all’arma bianca di palestinesi a Gerusalemme1 (ricordiamo che la parte Est, è sottoposta quotidianamente a sgomberi e pulizia etnica da parte di Israele nei confronti della popolazione di origine araba, inoltre l’ONU condanna quella che ritiene una vera e propria occupazione di Israele della città2) a cui ha fatto da contraltare la reazione delle forze di sicurezza israeliane. Si sono verificati episodi in cui persone ormai disarmate sono state uccise a sangue freddo che hanno suscitato molte polemiche ma che in Isreale ( “l’unica democrazia del medio-oriente”) sembrano ormai comunemente accettati3.
La pungente ironia dell’autore, oltre a farci riflettere, ci ricorda però che anche in Isreale ci sono voci che non si tacitano di fronte a quello che sta accadendo nel paese, persone che non si arrendono alla barbarie: e che i movimenti razzisti e fascisti non sono prerogativa di un popolo piuttosto che un altro, ma sono l’espressione più reazionaria e violenta del capitalismo morente, che armi alla mano, punta a mantenere in vita un sistema fatto di sfruttamento, guerra e povertà.
A chi non dimentica qual è il suo vero nemico, a chi non cade nella trappola dell’odio religioso e razziale, a chi lotta e costruisce un futuro di pace e progresso, senza sfruttati e sfruttatori va la nostra solidarietà.
*traduziona a cura della Redazione di SenzaTregua
Tutto iniziò quando mi recai al mio caffè preferito per incontrare qualcuno, sorseggiare qualcosa e riflettere sul significato della mia vita. Nel frattempo, ordinai il caffè e una pasta. C’era una strana tensione nell’aria. Solo il rumore delle auto, il chiacchiericcio dei clienti, le urla di un bambino disperato, l’abbaiare rauco di un cucciolo, una discussione accesa tra un autista e un ispettore comunale e 27 altoparlanti tuonanti di una macchina di passaggio coprivano un po questa sensazione.
Con la coda dell’occhio colsi un movimento. I miei sensi stavano all’erta. Girai la testa e lo vidi. Era di media statura, con i capelli crespi, vestito di nero. Lo guardai dritto negli occhi, non distolsi lo sguardo. Un coltello scintillava nella sua mano destra. “Ha un coltello!” Questa realizzazione mi ha colpito come un lampo. Il bambino continuava a urlare.
Con un movimento esperto tirai fuori la mia pistola fidata e sparai cinque volte. Ho mirato alla parte bassa del corpo, naturalmente. Questo è quello che ho imparato dalla televisione. Urlò. I primi tre proiettili colpirono la parte inferiore del corpo. Gli altri due alla testa, perché quando è caduto a terra la sua testa era a livello delle gambe.
«Il bambino!” esclamai. “Salvate il bambino”, e mi affrettai su quel bastardo per assicurarmi che fosse morto. L’ho imparato dal canale televisivo della Knesset. I poliziotti che arrivarono fecero rapidamente così infatti, accuratamente e meticolosamente. Li ho poi aiutati a togliere il coltello dalla mano del shahid. Spostai la forchetta a distanza di sicurezza, e il cucchiaio, anche. Aveva un intero set di posate! Poi strappai il menu e la tovaglia dalla sua mano che si stava raffreddando. Non volevo correre rischi.
Il proprietario del Caffè era in stato di shock. Quel cameriere aveva lavorato per lui per otto anni, e non ha mai sospettato di lui. Il pubblico applaudì. Alcuni cantavano la canzone di Nachman di Breslav “E la cosa principale – la cosa principale è di non temere affatto.” Altri hanno cantato “Morte agli arabi”. Due delle mie canzoni preferite della terra di Israele. Ero il loro eroe. Mi hanno sollevato sulle spalle e hanno ballato con me intorno al cadavere.
Per primo venne il sindaco a congratularsi con me. E’ venuto con la sua pistola e mi ha dato le chiavi della città. Poi vennero i media e con attenzione annotarono tutte le mie imprese. «Che cosa hai provato quando hai attaccato il terrorista?” Chiesero. “Quello che ogni Ebreo sentirebbe in una situazione del genere”, risposi modestamente. Il pubblico applaudì ancora. In serata sono apparso su tre telegiornali. Una bambina emozionante mi ha dato un mazzo di fiori dal leader dell’opposizione e l’Ufficio del Primo Ministro mi ha informato che ero un candidato per il Premio Israele cultura e sport.
Quella notte è venuto fuori che il cameriere portaposate era un Ebreo.
I giovani di La Familia (gli ultrà di estrema destra del Beitar Gerusalemme, ndr) ei pensionati della Lehava (altra organizzazione di estrema destra che ha come obiettivo principale la separazione, sia personale che di affari, tra ebrei e non ebrei, ndr) circondarono la mia casa, brandivano delle torce, chiedevano fossi consegnato a loro. Il sindaco è venuto con un fucile mitragliatore e ha chiesto indietro le chiavi della città. Habayit Hayehudi e Yinon Magal (ex giornalista e ora politico della “Casa ebraica”, partito sionista di estrema destra facente parte del governo in carica, ndr) chiesero che fossi subito ucciso e messo sotto processo chi non avesse tentato di uccidermi immediatamente. Sms inondarono Internet con le richieste di licenziarmi, esiliarmi, distruggere la mia casa e f*#e la mia defunta madre. La mattina sono venuti ad arrestarmi. Sono stato interrogato con l’accusa di genocidio, aggressione aggravata, l’appartenenza a una organizzazione terroristica e di pubblica indecenza. L’accusa chiede l’ergastolo. La Knesset chiede morte per impiccagione. La mia situazione sta diventando sempre più complicata.
E poi – una svolta! Il mio saggio avvocato assunse una ditta di investigatori privati, che scoprirono che la bisnonna del cameriere per parte di madre era un musulmana che aveva subito la conversione . Un tribunale rabbinico frettolosamente assemblato stabilì che non era ebreo. Era metà arabo. Almeno.
Quello stesso giorno il sindaco mi restituì le chiavi della sua città. Il capo del partito di opposizione propose di farmi dare lezioni di tiro nella sua sinagoga riformata. Un canale televisivo mi ha offerto un reality show. Il primo ministro mi diede un certificato di apprezzamento e il procuratore generale, nel suo discorso di congratulazioni, propose di mettere la “Lista Arabu Uniti” e Haneen Zoabi sotto processo. Ed è così che ottenni una medaglia.
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1http://www.corriere.it/esteri/15_ottobre_07/gerusalemme-palestinese-pugnala-passanti-ebrei-da6d2f5a-6ccb-11e5-8dcf-ce34181ab04a.shtml
2Per un elenco di risoluzioni ONU si veda: http://www.homolaicus.com/storia/israele-palestina/fonti/Principali%20risoluzioni%20ONU%20sulla%20Palestina.pdf
3http://www.haaretz.com/opinion/.premium-1.679781