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L’Hardcore Punk: una voce contro la guerra, la massa, l’indifferenza

* Federico Bongiovì

L’Hardcore Punk viene spesso descritto come un fenomeno prettamente musicale e stilistico, che ha portato nel secolo scorso masse indiscriminate di giovani ad identificarsi in band, simboli e vestiti predefiniti. Questo non è che un maldestro e penalizzante tentativo di sintesi di quello che nei fatti è stato un movimento di straordinaria portata e profondità. Infatti l’Hardcore è una vera e propria filosofia di vita: dal finire degli anni settanta, partendo dalle periferie degradate delle grandi metropoli come Londra o Pittsburgh, si è diffusa inarrestabile in gran parte del Mondo e ha condizionato in maniera più o meno radicale le masse di giovani proletari che si sono susseguite da allora.

Il Punk fu uno dei mezzi di espressione dei figli della classe operaia inglese e già in esso il motivo economico era inscindibile da quello di riflessione esistenziale. E proprio questa diventerà prioritaria nell’Hardcore, per il quale il mondo storico e sociale vale come specchio dell’anima. Tuttavia, nei limiti in cui la natura umana si identifica con la storia e la società, occuparsi della prima o della seconda non è che la medesima cosa. E allora è inscindibile la riflessione hardcore sull’individuo da quella sulla società in cui esso vive.

L’Hardcore tradizionale si oppone dunque alla guerra, all’imperialismo bellico ed economico, all’ingiustizia, alla massificazione, all’indifferenza, al sessismo, al razzismo, al fascismo, alla corruzione, all’autorità, alle ideologie religiose e politiche, al maltrattamento degli animali, all’inquinamento e, ovviamente, negli Stati Uniti alla barbara tradizione della pena di morte. Stato, Chiesa e famiglia sono i suoi bersagli principali, in quanto pilastri essenziali di una società sbagliata e organi attraverso i quali si trasmettono buona parte dei disvalori appena citati. Soprattutto, però, ciò contro cui esso si scaglia è il conformismo borghese, considerato fautore di mortali contraddizioni economiche, dell’alienazione e della massificazione degli individui, del nichilismo imperante.

Alle origini dell’Hardcore

I Paesi in cui l’Hardcore prende immediatamente piede sono gli Stati Uniti d’America e la Gran Bretagna. Non è un caso che un movimento il cui punto cardine è il rifiuto del sistema costituito si sviluppi qui: vediamo perché.
Da sempre la condizione economico-sociale di queste due nazioni è unica al mondo: l’avanzamento in esse del sistema capitalistico è senza precedenti, tanto da permettere che non sopravviva al loro interno che una larva di stato sociale. La scuola pubblica è scadente, la sanità pubblica nemmeno paragonabile a quella italiana, le tutele dei lavoratori molto vicine allo zero, la liberalizzazione dei mercati totale. I popoli inglese e statunitense però non ne hanno tratto alcun beneficio: solamente una piccola parte di loro infatti (coloro che reggono le fila dell’industria, della finanza, della politica, in una parola la Borghesia) si è arricchita enormemente sulle spalle dell’intera popolazione che diventa via via più povera. Ecco dunque spiegato perché le radici di questo genere musicale affondino in questi paesi e perché comunichino odio per i politici, per l’economia, per il Potere, considerato corrotto e dunque causa del malessere comune. L’Hardcore punk non è dunque che l’espressione musicale dell’inconscio odio di classe provato dai giovani proletari nei confronti del sistema capitalistico.

Purtroppo, a causa dell’estrema frammentarietà sociale dovuta all’ottica individualistica tipica del capitalismo, l’Hardcore Punk finisce per perdere la sua carica potenzialmente rivoluzionaria: concentrandosi sul cambiamento spirituale del singolo invece, aderisce a una forma particolare di Anarchia nella quale il classico anarchismo distruttivo e autodistruttivo lascia gradualmente il passo ad un percorso di crescita interiore, che inevitabilmente isola i suoi membri e allontana il fenomeno dal disagio sempre attuale delle masse.

L’Hardcore Punk in Italia: voce dei dissidenti, coscienza di classe

Il discorso per quanto riguarda la scena italiana è totalmente differente. Se è vero che anche il nostro Paese è soggetto ad un’economia di stampo capitalistico, è altrettanto vero che negli anni ottanta questa non ha ancora raggiunto il livello di sviluppo da noi oggi conosciuto e che le crisi sistemiche, mettono sempre in discussione. Il popolo italiano ha vissuto sulla propria pelle più di vent’anni di regime fascista, per antonomasia la forma di governo più assoggettata al capitale, e ha combattuto tre anni una guerra popolare di liberazione dal nero mostro cameratesco. Alla fine della guerra questa coscienza di popolo, grazie al ruolo guida del Partito Comunista Italiano, è nella maggioranza divenuta coscienza di classe. In questo periodo molti italiani conoscono e comprendono quale sia il vero volto del Capitalismo, sanno quanto sia nemico del popolo  e delle sue rivendicazioni. Quando il movimento comunista inizia a perdere gradualmente la sua spinta rivoluzionaria e ad adeguarsi agli standard della “democrazia borghese”, parte di quella vasta area sociale rappresentata dal PCI riconosce il cambiamento del partito, avvertono che il riformismo e l’opportunismo stanno prendono piede e fuoriesce da quello che non riconoscono più come il loro rappresentante.

L’Hardcore si inserisce proprio in questa spaccatura, divenendo la voce dei dissidenti, delle sinistre extra-parlamentari, di coloro che si definiscono “compagni”, di coloro che sentono l’odio di classe fremere dentro di se, ma non si identificano più in quella formazione politica.

Gli Erode: un esempio di Hardcore militante

Un esempio di questo fenomeno lo danno gli Erode, gruppo lombardo che nasce alla fine dell’epoca d’oro del movimento hardcore italiano, ossia la seconda metà dei novanta. Danno alle stampe un solo album, “Tempo Che Non Ritorna”, il quale diventa immediatamente un’icona del punk-hardcore italiano di estrema sinistra.

L’opera è pervasa da un forte immaginario profondamente filo sovietico, basti pensare alla traccia Stalingrado, in cui inneggiano all’ardore dimostrato dai compagni sovietici nella strenua difesa della città, presa dalla band come simbolo del Socialismo tutto: “Compagno Timoshenko, ricorda chi è caduto per la Bandiera Rossa, per il Proletariato!”. Questo li pone in netto contrasto con il movimento comunista italiano del tempo, troppo impegnato a rivestirsi coi panni della democrazia borghese; esso viene così duramente attaccato in “Orgoglio Proletario”: “Quali interessi avete difeso, quali promesse avete mantenuto, al popolo tradito, al popolo offeso dai falsi difensori del Proletariato!“. La presa di coscienza della mancanza di rappresentanza da parte di alcun organo politico (nessuno è considerato, a ragione, realmente rivoluzionario), porta gli Erode alla ricerca di nuove forze affini alla lotta di classe, che identificano nelle tifoserie calcistiche. Per questo ascoltiamo brani come “Pro Patria”, in cui si evidenzia la provenienza proletaria degli ultras di questa squadra, o “Frana La Curva”, in cui troviamo traccia anche di una componente che diventerà fondamentale per il movimento di sinistra extraparlamentare, soprattutto per quello dei cosiddetti “centri sociali”, ossia l’odio indiscriminato per le forze armate: “Se violenza deve essere che violenza sia, ma che sia contro la polizia!“.

Gli Erode incarnano perfettamente il sentimento di dolore, rabbia e spaesamento causato dal “tradimento” dei leader del P.C.I., che hanno contribuito a distruggere il movimento comunista italiano. Lanciano, allo stesso tempo, un messaggio di fondamentale importanza che è proprio del Fronte della Gioventù Comunista e che deve esserlo di ogni giovane proletario: organizzare il contrattacco. Questo traspare soprattutto dai versi della traccia che da il nome all’opera, ossia “Tempo Che Non Ritorna”, riportata qui di seguito, con la speranza che trasmetta al lettore ciò che ha trasmesso anche a chi scrive, secondo lo spirito del miglior punk-hardcore italiano di sempre.

 

E’ tramontato il sole sul mondo d’occidente
Si dorme senza sogni e sonno più pesante
Dove sono gli uomini per suonare le campane
Per richiamare in vita le belle addormentate?
Una riga grigia crudele tirata sul mondo
Di quelli che avevano creduto che ribellarsi era il minimo da fare
Che liberarsi era il minimo da fare, che ribellarsi era il minimo da fare, che liberarsi era il minimo da fare

“E nessuno di noi accetta il discorso che un caduto fascista è uguale a un caduto partigiano”
E’ tempo di bilanci che non possono quadrare
Non c’è più sostanza, niente soldi per saldare
Si alzano i lamenti di quelli che han pagato
Quando l’unica moneta era sangue da versare
Una riga grigia crudele tirata sul mondo
Di quelli che avevano creduto che ribellarsi era il minimo da fare
Che ribellarsi era il minimo da fare, che ribellarsi era il minimo da fare, che ribellarsi era il minimo da fare

“E nessuno di noi accetta il discorso che un caduto fascista è uguale a un caduto partigiano”
Ribellarsi era il minimo da fare
Tempo che non ritorna e non ritornerà se tu non vuoi capire
Tempo che non ritorna e non ritornerà se tu non vuoi lottare
Avanti o popolo, alla riscossa, bandiera rossa (bandiera rossa)
Avanti o popolo, alla riscossa, bandiera rossa la trionferà!

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