*a cura della Commissione femminile FGC
Durante la giornata internazionale contro la violenze sulle donne rimbombano le parole istituzionali contro questo fenomeno, moltissime saranno le iniziative nelle piazze e tra le mura istituzionali per poi oscurare il tema dal giorno dopo. Le giornate internazionali purtroppo si riducono all’unico momento dell’anno in cui parlare e denunciare le atrocità di un certo fenomeno, nascondendosi dietro a queste giornate per tutto il resto dell’anno.
La consuetudine di certi discorsi banali e inconcludenti che nascondono difficoltà culturali ed economiche ad affrontare questa piaga della nostra società.
Combattere la violenza di genere vuol dire prima di tutto lavorare per la prevenzione, per la quale non vi è mai l’attenzione adeguata e sufficiente da parte della politica e dei finanziamenti ad essa riservata.
I finanziamenti passati e anche quelli dell’ultima legge di stabilità* confermano come vi sia un’interesse solo di facciata per questa problematica che rimane comunque ai margini della programmazione finanziaria, a riconferma di un progressivo e sistematico smantellamento dello stato sociale: dalla scuola alla sanità, al lavoro al sistema di welfare.
La legge 119 del 2013 aveva previsto sette milioni di euro per l’anno 2014 e dieci milioni per il 2015. La legge di stabilità approvata a dicembre 2014 prevedeva invece 9 milioni di euro l’anno per il triennio 2015-2017. Di questi circa tremila euro l’anno andranno ai centri antiviolenza, che da anni operano in favore delle donne in difficoltà, la maggior parte dei finanziamenti saranno destinati alle Regioni. Sulla base di sistema sociale che sta andando sempre di più verso una completa privatizzazione, si può supporre come questa sarà anche la logica di dare in gestione un servizio come quello dei centri antiviolenza a privati.
Fine gennaio e fine marzo erano le scadenze fissate dal Governo per l’invio, da parte delle Regioni e delle Province autonome, di un elenco aggiornato delle strutture antiviolenza presenti sul territorio e delle attività implementate con i fondi. I dati sono assolutamente poco chiari e disomogenei, dai quali emergono molte differenze tra il Nord e il Sud Italia.
E dietro alla facciata istituzionale si nascondono scarsi finanziamenti che andranno ad incidere sul lavoro di centri antiviolenza, che rischiano di perdere il proprio primato di professionalità e specializzazione.
Non si può dimenticare che il 25 Novembre si ricordano le sorelle Mirabal brutalmente assassinate nella Repubblica Domenicana nel 1960, perchè contrastavano e lottavano contro il regime, appoggiato dalla politica imperialista statunitense, di Rafael Leónidas Trujillo.
Le donne sono ritenute, considerate e trattate come soggetti deboli e sottomesse, tale concezione tocca sia le sfere della vita privata, come quella lavorativa e politica. Un assoggettamento che vede la donna oppressa su più fronti, la violenza è una delle parti più becere di questa oppressione.
La violenza contro le donne è uno dei sintomi di questo sistema economico e sociale, quindi un problema strutturale che comprende tutte quelle forme di discriminazione e violenza di genere che sono in grado di annullare la donna nella sua identità e libertà. Guardando il problema da questo punto di vista non si può non comprendere che solo agendo nella modificazione delle condizioni di vita si può sradicare una cultura colma di oppressione e di violenza contro le donne.
E’ dalla stessa società capitalistica e borghese che questa accezione della donna trova le sue stesse radici. Non ci si può semplicemente fermare ad arginare e controllare un fenomeno che ha fonte in questa stessa società, occorre che le donne lottino per contrastare la doppia violenza quella di classe e quella di genere.