Forse i più giovani di Licio Gelli non avranno neanche mai sentito parlare. Come della P2 e di un contesto, quello della cosiddetta Prima Repubblica, che appare tanto lontano, quando sconosciuto. Per un giovane abituato alla politica di oggi, fatta di forze omogenee che rappresentano interessi di classe equivalenti, è difficile comprendere una stagione, quella del dopoguerra, che fu segnata da un aspro conflitto ideologico, politico, sociale. Un paese spaccato, in un mondo spaccato, dove da una parte c’erano forze, che nonostante errori, limitazioni e contraddizioni, si ponevano come obiettivo il superamento del capitalismo e dall’altra forze reazionarie legate agli interessi dei gruppi industriali, della mafia, della nato. Le classi popolari da una parte, che alzavano la testa, dall’altra la paura delle classi dominanti che questa avanzata volevano a tutti i costi frenarla. In questo contesto operava un uomo come Licio Gelli e la sua loggia di adepti, conosciuta come P2, in cui diversi personaggi politici, del mondo imprenditoriale, delle forze armate e della struttura dello Stato furono affiliati. L’obiettivo era impedire la presa del potere da parte dei comunisti, obiettivo senza dubbio raggiunto, anche per motivi che sarebbe fuori luogo spiegare qui. Ma soprattutto di trasformare l’Italia, di ridurre quell’anomalia italiana, che vedeva nella presenza del PCI, nel protagonismo della classe operaia, delle sue strutture sindacali di riferimento, e delle masse popolari in generale, una minaccia per la stabilità degli equilibri del paese e internazionali.
Ma se oggi Licio Gelli è morto il suo programma è vivo e lotta contro di noi. In gran parte è stato applicato dai governi di centrodestra e centrosinistra in questi anni, anche grazie alla ultime riforme del governo Renzi, in parte è oggetto di discussione. Perché mentre a parole la politica e la società italiana hanno preso le distanze, il processo che ha condotto alla mutazione e alla scomparsa del PCI a lungo andare ha consentito la realizzazione di quel piano, e la chiusura dell’anomalia italiana. Paradosso solo apparente della storia è che a realizzarlo abbiano contribuito anche i gruppi dirigenti pentiti, di quel partito, contro cui era stato concepito.
Il piano della P2 prevedeva la realizzazione di due grandi partiti, o coalizioni di partiti di centrodestra e centrosinistra, che normalizzassero la politica italiana, consentendo quell’alternanza (non certo alternativa) che permettesse agli uni di governare dopo gli altri, proseguendo nella sostanza i medesimi interessi economici e politici. Una situazione anglosassone insomma, con un governo e un’opposizione di sua maestà, o come avviene negli USA con repubblicani e democratici, due forze talmente omogenee da essere nei fatti due facce della stessa medaglia dell’imperialismo statunitense. Prevedeva la riduzione dei parlamentari, la modifica del bicameralismo e la costituzione del Senato federale, il superamento del sistema proporzionale di voto, la separazione degli atti amministrativi da quelli politici. Riguardo ai sindacati il piano della P2 voleva ridurre la funzione conflittuale ad un livello di interlocuzione e concertazione, limitare il diritto di sciopero, ed in particolare lo sciopero politico, relegandolo a sole questioni di rivendicazioni economiche. Basta vedere quanto accaduto negli ultimi anni per vedere come questo piano con la riduzione della CGIL a sindacato concertativo si sia realizzato. Il piano prevedeva la riduzione delle festività e l’aumento degli orari di lavoro, misure a vantaggio dei capitali internazionali. Sollecitava infine al controllo sulla stampa e sulle emittenti televisive, alla rottura del monopolio della Rai, anche questo tutto avvenuto.
Insomma oggi muore Licio Gelli, un servo del capitalismo italiano. Muore un anello intermedio della catena e non certo la catena di comando come si vuole far credere, di un processo che si è largamente realizzato. Brindare alla sua morte serve a poco, perché il sistema di potere che Gelli per una vita ha servito è più saldo che mai. E se oggi non lo si percepisce nei termini e nei modi di qualche decina di anni fa è solo perché siamo noi – le classi popolari e il loro reparto d’avanguardia – a non essere più protagonisti della storia del nostro paese come un tempo. Il brindisi riserviamolo a quando, insieme a Gelli, seppelliremo imperialisti, padroni e loro servi.