Il Sud America sta attraversando una fase di reazione dei settori oligarchici legati all’imperialismo – in particolare il capofila mondiale statunitense – che cerca di metter fine ad una grande stagione di lotte popolari in tutta la regione che ha portato al conseguimento di importanti ma parziali e temporanee conquiste sociali, politiche e democratiche attraverso la formazione di governi cosiddetti “popolari” o “progressisti” che non sono mai andati oltre i limiti prefissati dell’ordinamento borghese al servizio del funzionamento del capitalismo. Dai limiti della teoria del “Socialismo del XXI secolo” fino all’aperta conciliazione di classe nell’illusione di “umanizzare il capitalismo” sono alla base della crisi in cui si trovano i processi di liberazione nazionale o progressisti dell’America Latina, con i settori più reazionari e aggressivi delle borghesie che stanno passando all’offensiva utilizzando gli strumenti propri dello Stato borghese e superando – quando necessario – quei limiti della “legalità costituzionale” che – come la storia ampiamente dimostra – servono alla borghesia solo in misura dei suoi interessi. E’ il caso del governo brasiliano guidato da decenni dal Partito dei Lavoratori (PT), nato da una base sociale popolare con grandi proclami riformisti di avanzamento sociale che invece ha servito gli interessi dello sviluppo del capitalismo brasiliano – con alcune politiche di compensazione sociale per mitigare gli effetti sui ceti popolari – al soldo dell’oligarchia brasiliana che progressivamente integrata in posizioni sempre più importanti nella catena imperialistica oggi se ne sbarazza riprendendo la gestione del potere senza mediazioni attraverso un paradossale impeachment chiamato contro la presidente Rousseff dai settori politici maggiormente implicati nei casi di corruzione, dilagante nel capitalismo brasiliano.
L’autorizzazione definitiva al processo di impeachment è arrivato qualche ora fa dopo un dibattito parlamentare di 22 ore e il voto in Senato con 55 favorevoli, 22 contrari. L’iter che ha portato a questa votazione rende ancora più evidente quanto questo processo di destituzione sia una macchinazione che non ha alcun “fondamento legale”. A guidare il processo di impeachment c’era Eduardo Cunha, presidente della Camera dei Deputati, implicato in molteplici casi di corruzione (6 processi nell’inchiesta cosiddetta ‘Lava Jato’ per corruzione e riciclaggio di denaro sporco) e appartenente al PMDB (partito di centrodestra) che ha fatto parte a lungo del governo di coalizione guidato dalla Roussef fino a marzo di quest’anno. Eduardo Cunha è stato nei giorni scorsi sospeso dalla sua carica da parte della Corte Suprema per abuso di potere in quanto ha approfittato della sua posizione per sviare e condizionare le indagini. Cunha è stato così sostituito da Waldir Maranhão, leader del Partito Progressista (un partito di destra) coinvolto anch’esso in molte indagini relative a casi di corruzione e a lungo alleato di governo del PT per poi passare nelle ultime settimane all’opposizione. Waldir Maranhão, aveva così deciso di accettare il ricorso presentato dall’Avvocato Generale dello Stato per la sospensione e annullamento della delibera della Camera (il voto 17 aprile con il quale la Camera ha autorizzato l’avvio del processo) per evidenti “vizi che hanno reso non valido il risultato della sessione parlamentare”. Questo avrebbe fermato il voto del Senato, ma su pressione del suo Partito Progressista, Maranhão ha fatto marcia indietro così che il processo di destituzione è approdato infine al Senato per esser votato nelle scorse ore. Il voto favorevole del Senato comporta la sospensione di 180 giorni della presidente Rousseff che sarà sostituita dal vice-presidente del governo di Dilma, Michel Temer. Un astuto politico senza scrupoli, pluri-indagato per casi di corruzione, tra i più influenti esponenti del Congresso e uno degli uomini di fiducia dell’oligarchia brasiliana che darà vita così ad un governo profondamente antipopolare.
Di seguito riportiamo una nota internazionale diffusa dall’Unione della Gioventù Comunista (UJC) brasiliana – prima del voto del Senato – che in questo difficile contesto lotta con il Partito Comunista Brasiliano (PCB) per metter in marcia la classe lavoratrice brasiliana e la sua gioventù sul terreno della lotta di classe nella resistenza contro le macchinazioni antipopolari borghesi senza concessioni al riformismo e alla direzione del PT, e in modo autonomo e indipendente dai diversi settori della borghesia. A loro, alla classe lavoratrice e i settori popolari brasiliani il nostro pieno sostegno e solidarietà nella lotta contro la reazione borghese nella strada del Potere Popolare e il socialismo, unico modo per liberarsi dall’oppressione dell’oligarchia nazionale e straniera.
UJC: “L’uscita è a sinistra”
Il 17 Aprile la Camera dei Deputati ha approvato l’ammissibilità dell’apertura del processo di impeachment della presidente Dilma Roussef. Questo processo, realizzato sulla base di accuse di reati di responsabilità fiscale, ha deboli giustificazioni legali. Un movimento di ampi settori della borghesia monopolistica e organizzazioni politiche reazionarie sta chiaramente cercando di fermare il mandato presidenziale. Questo processo esprime l’accelerazione dell’offensiva borghese e reazionaria contro i lavoratori e la gioventù, si tratta di un riordinamento politico e giuridico dello Stato borghese per garantire i profitti dei capitalisti e indebolire qualunque prospettiva di resistenza popolare, rivelando ancora una volta il carattere autocratico delle classi dominanti brasiliane.
La UJC, durante gli anni del governo del PT (Partito dei Lavoratori), è stato all’opposizione da sinistra criticando le sue misure economiche antipopolari e la sua politica di conciliazione tra le classi. L’attuale congiuntura politica in Brasile è il risultato di questa politica che tanto ha soppresso i diritti dei lavoratori e della gioventù, elaborando leggi che restringevano la libertà di organizzazione, come si evince chiaramente dalla legge che riduce la maggiore età penale ed etichetta organizzazioni e movimenti popolari come terroristiche. La votazione dello scorso 17 aprile ha chiaramente espresso questa contraddizione dato che la maggioranza dei principali alleati politici del PT hanno votato a favore della destituzione della Presidente. Alla vigilia della votazione alla Camera la stessa Dilma pronunciò un discorso pubblico nel quale ha affermato che, se fosse rimasta al governo, avrebbe chiamato la stessa opposizione che voleva rovesciarla all’articolazione di un patto nazionale senza perdenti né vincitori.
Nonostante tutte le politiche antipopolari e la subordinazione al grande capitale monopolista, le contraddizioni della borghesia brasiliana hanno portato all’allontanamento progressivo di molti settori politici ed economici dal PT, poiché in un momento come quello attuale, dove si vedono forti i sintomi della crisi economica mondiale, è necessario accelerare le politiche che il PT applica gradualmente.
E’ probabile che il futuro governo sarà, senza dubbio, più conservatore e reazionario. Un governo composto esclusivamente da rappresentanti diretti dei grandi gruppi capitalisti. Il programma economico presentato dal vicepresidente del Brasile, principale responsabile dell’impeachment di Dilma, prepara l’accelerazione di misure neoliberiste e la fine di importanti diritti lavorativi conquistati dai brasiliani in anni di lotte.
Per comprendere la serietà della situazione e le sue conseguenze per i lavoratori, la UJC, dall’inizio del processo, si è posizionata contro il processo di rovesciamento del governo della presidente Dilma, poiché oltre a non avere solide basi legali è stato articolato da settori conservatori e reazionari e ciò porterà solo a un peggioramento nelle condizioni di vita dei lavoratori brasiliani.
Attualmente stiamo realizzando una campagna dal nome “L’uscita è a sinistra”, precisamente nel senso di mostrare che la lotta contro questi settori conservatori e reazionari non dev’essere confusa con una difesa acritica del governo del PT e delle sue misure economiche visto che sono state proprio queste a portare alla situazione attuale.
In questo senso la UJC lavora per unificare la lotta della gioventù in un blocco di lotta anticapitalista che racchiuda le bandiere di chi lotta contro l’avanzamento della destra nel paese e soprattutto le rivendicazioni che riguardano direttamente la vita dei lavoratori e della gioventù, come la disoccupazione e la politica di precarizzazione del lavoro, la lotta contro l’aumento del costo della vita, contro le misure di austerità del governo e la fine delle leggi che perseguitano i movimenti sociali.
Le ultime settimane hanno dimostrato che vivremo un momento più intenso della lotta di classe nel paese. Aumenta l’intolleranza politica e la retorica dell’odio contro la sinistra. All’interno del paese si cominciano a registrare casi di assassinii di contadini, così come si verificano scontri nelle grandi città tra la destra e i movimenti popolari. Sollecitiamo vivamente le organizzazioni alle quali inviamo questa dichiarazione di rimanere in allerta per la possibilità di future chiamate di solidarietà nei confronti dei lavoratori brasiliani.
Unione della Gioventù Comunista – Brasile (UJC)
Coordinamento Esecutivo Nazionale