Si è tornato a discutere in questi giorni delle affermazioni di Francesco Starace, amministratore delegato dell’ENEL, pronunciate lo scorso 14 aprile durante una lezione alla LUISS (link al video nelle note1). Nel rispondere a una domanda su come si possa “promuovere il cambiamento” all’interno di un’azienda, ha candidamente affermato che bisogna individuare chi è contrario al cambiamento per “ispirare paura, promuovere il malessere, distruggere fisicamente i centri di potere che si oppongono al cambiamento”. Chi mastica la neolingua parlata dai moderni padroni non avrà avuto difficoltà nel leggere “licenziamenti e riduzione dei salari, aumento degli orari contrattuali” dietro la parola “cambiamento”, o “lavoratori organizzati” al posto di “centri di potere che si oppongono al cambiamento”.
Che questa “lectio magistralis” di governance aziendale su come schiacciare i lavoratori si sia tenuta alla LUISS, non è cosa che sorprende più di tanto. Al giovane lettore che ha la fortuna di non sapere ancora cos’è la LUISS, basti sapere che è un’università privata di Roma fra le più prestigiose e costose, che nei casi migliori sforna nuovi dirigenti aziendali (perché anche i padroni hanno bisogno di ricambio generazionale), nei casi peggiori produce utili idioti, di quelli capaci di affermare con convinzione che se i poveri sono poveri è perché non fanno impresa.
La lezione di Starace, tuttavia, non insegna soltanto ai giovani rampolli della LUISS, ma suo malgrado dà una lezione a milioni di giovani che oggi sono condannati alla precarietà, al futuro di incertezza e senza diritti imposto da questo sistema alle nuove generazioni. Questa lezione è che non solo la lotta di classe, per quanto si possa negarlo, esiste, ma oggi la conducono i padroni e purtroppo la stanno anche vincendo. La stanno vincendo non solo dal punto di vista socio-economico e politico, ma anche sotto l’aspetto culturale ed ideologico: la riprova sta proprio nel fatto che se un dirigente aziendale spiega in una università la tattica per vincere l’opposizione dei lavoratori, parlando come i peggiori capitalisti di un secolo fa, la cosa è considerata normale al di là di qualche polemica di circostanza. Se si parlasse invece di lotte dei lavoratori per i propri diritti l’accusa a reti unificate sarebbe quella di essere rimasti al ‘900: da destra, perché “i lavoratori dovrebbero ringraziare le imprese che producono ricchezza e danno lavoro”, da sinistra perché “oggi bisogna parlare di società civile, non di lavoratori”.
Dinanzi a questa verità sono molto poco utili, se non quasi deleterie, esternazioni come quella dei senatori di Sinistra Italiana, che hanno semplicemente accusato Starace di aver fatto affermazioni di stampo fascista. Una chiave di lettura comoda, magari neanche sbagliata nel merito, che però non affronta la questione centrale e porta a rifugiarsi dietro alla retorica di un certo antifascismo istituzionale incapace di fornire risposte adeguate. Oggi la questione centrale è quella della coscienza di classe che va promossa fra le classi popolari e in particolare fra le nuove generazioni: la coscienza di appartenere a una classe di sfruttati, contro cui quelli come Starace conducono una lotta impari finalizzata unicamente all’estrazione di profitti sempre maggiori. Un elemento assolutamente centrale, se si pensa che dall’assenza di questa coscienza nascono conflitti fra poveri sia all’interno dei singoli luoghi di lavoro (la competizione fratricida fra i dipendenti per conservare il posto di lavoro in vista di licenziamenti), sia nei quartieri popolari dove questo conflitto assume una connotazione etnica, sfociando in episodi di razzismo. Molto spesso sono gli stessi padroni a fornirci materiale per acquisire questo particolare tipo di coscienza: in questo senso il video della risposta di Starace è uno strumento preziosissimo, che consiglio di visionare a ogni giovane comunista che voglia consolidare le proprie convinzioni.
1 http://youmedia.fanpage.it/video/aa/VznKmeSw79M5dJn3