*di Lorenzo Scala
Di selfie ne vediamo ogni giorno tanti, forse troppi, ma pochi hanno la capacità di far parlare di sé le testate mondiali più blasonate. È il caso della fotografia che qualche giorno fa ha immortalato insieme due ginnaste coreane, rappresentanti una il Nord e l’altra il Sud ai Giochi olimpici di Rio de Janeiro. Si è trattato di una semplice testimonianza dell’affetto che ancora lega i cittadini del Nord con quelli del Sud, facenti parte dello stesso popolo ma formalmente in guerra fra loro dal lontano 1950 per tutta una serie di contingenze storico-politiche. Forse esagerando, questo gesto di distensione può anche essere visto come un segno di speranza per una eventuale riappacificazione delle due Coree. Insomma, da qualunque lato lo si guardi, lo scatto avrebbe dovuto essere solo una felice ed ottimistica parentesi nel più grande evento sportivo che i popoli del mondo conoscano.
Purtroppo i mezzi di comunicazione di massa dei paesi capitalistici non hanno rinunciato ad ideologizzare il tutto, cedendo alla propria mentalità aggressiva e da guerra fredda, e da più parti si è ipotizzata una futura punizione della ginnasta nordcoreana Hong Un Jong, che agli occhi della “dittatura” di Pyongyang sarebbe ora rea di aver “fraternizzato” col nemico. Chi si pone questi grandi dubbi giornalistici, difficilmente in buona fede, ignora di certo che il governo nordcoreano in passato ha condotto dei negoziati con Seoul per presentare un’unica delegazione coreana per i Giochi del 2000, del 2004 e del 2008.
Del resto, una fotografia che ritragga sia nordcoreani che sudcoreani è sì rara, ma non troppo. Basterebbe andare a cercare i pochi reportage fatti sugli ultimi incontri intercoreani avvenuti sul Monte Kumgang, Corea del Nord, in cui famiglie ed amici divisi da oltre sessantacinque anni di ostilità e guerra hanno avuto la possibilità di rivedersi dopo tanto tempo. Attimi commoventi, di grande impatto emotivo e testimonianti la tragicità che può assumere la storia, sono stati snobbati dalla grande stampa internazionale, o perlomeno hanno ricevuto molta meno eco del selfie delle due ginnaste. Forse, ma è solamente un’ipotesi, i media non avevano molto interesse nel mostrare al grande pubblico incontri come questi, raggiunti dopo anni di insistenze e pressioni da parte nordcoreana e tenutisi in territorio nordcoreano. Per riempire il palinsesto ed accattivare l’attenzione del lettore è molto meglio sfornare notizie senza fondamento e caricaturali, in cui i nordcoreani vengono dipinti come una popolazione normalmente educata o costretta all’odio.
Una persona informata dei fatti dovrebbe piuttosto stupirsi e rallegrarsi scoprendo che ad avere l’iniziativa è stata proprio l’atleta sudcoreana, cresciuta una società abituata ad instillare nelle nuove generazioni indifferenza o spesso anche ostilità verso i propri connazionali del Nord. Nel caso in cui non sia possibile rinunciare a del sensazionalismo vuoto e propagandistico su una fotografia, allora sarebbe più credibile temere per il futuro della ginnasta sudcoreana, visto che in Corea del Sud rimane in vigore la Legge di Sicurezza Nazionale, che vieta ogni tipo di contatto col Nord e coi suoi cittadini. Lo sa bene Lim Su-kyung, cittadina sudcoreana che nel 1989 venne condannata a cinque anni di carcere per aver partecipato al 13° Festival della Federazione Mondiale della Gioventù Democratica, tenutosi quell’anno proprio a Pyongyang.