Quella di Renzi, Merkel e Hollande riuniti su una portaerei è una fedele immagine del vero volto dell’Unione Europea; poco importa che il luogo scelto per il vertice sia stata l’isola di Ventotene. L’operazione è chiara: tentare di riproporre un’immagine positiva della UE, celando agli occhi dei popoli e della gioventù la vera natura di questa organizzazione dietro le presunte “nobili origini” del Manifesto di Ventotene di Spinelli.
Oggi sull’Europa si combatte una grande battaglia, forse ideologica prima ancora che politica. I settori maggioritari delle classi dominanti mobilitano tutto l’apparato mediatico e culturale in una sottile opera di costruzione del consenso che ha come bersaglio principale i giovani. Sui media si parla di giovani cosmopoliti che sognano l’Europa, contro i “vecchi” chiusi di mente e preda del populismo. Nelle scuole si parla della cittadinanza europea, del progetto dell’Europa unita come un progetto di pace, fratellanza e condivisione, dell’Europa come una grande opportunità per il futuro. Engels definiva l’ideologia parlando di un pensatore che agisce in base ad una falsa coscienza, ignaro delle «vere forze motrici che lo spingono». Sull’Europa più che su ogni altro tema oggi si produce o si tenta di produrre ideologia, di instillare opinioni facendole passare per ovvietà, fino a renderle senso comune. Ma cosa rappresenta nella realtà l’Unione Europea per la gioventù?
Per quanto si possa affermare il contrario, l’Unione Europea non ha nulla a che vedere con la fratellanza fra i popoli. L’Unione Europea nasce come creazione di un grande mercato continentale, fondato sulla libera circolazione di merci e capitali, funzionale all’interesse dei grandi monopoli. Le istituzioni europee, governate da una troika (Commissione Europea, BCE, FMI) priva di ogni legittimazione democratica, si sono rivelate l’assetto istituzionale adeguato attraverso cui il capitale ha condotto un gigantesco attacco ai diritti dei popoli e dei lavoratori. La gioventù è forse la prima vittima di questo attacco, perché la nostra generazione è la prima che vivrà peggio dei propri genitori. Nel nome del profitto oggi si eliminano diritti conquistati in anni di lotte, misure che passano contro i lavoratori di oggi e soprattutto di domani. Nel quadro di una ristrutturazione del sistema produttivo, si promuove in paesi come l’Italia una dequalificazione dell’istruzione, funzionale ad abbattere il costo del lavoro producendo futuri lavoratori dequalificati, precari e ricattabili. Un giovane su cinque in Europa è disoccupato; in Italia quasi un giovane su due.
Dinanzi alla dura realtà dei fatti, l’unica risposta che questo sistema è capace di dare alla domanda “perché un giovane dovrebbe sostenere l’UE?” non può che essere ideologica. Il teatrino andato in scena a Ventotene è stato esattamente questo. L’affermazione di Renzi, secondo cui «l’Europa non è il problema, può essere la soluzione» viene più volte ripetuta come un mantra. La Merkel celebra il Jobs Act, una riforma che aumentando la flessibilità del mercato del lavoro ha condannato una generazione alla precarietà. Si discute di una maggiore integrazione nel settore della Difesa e dell’intelligence, in altre parole di un rafforzamento dell’imperialismo europeo sotto l’aspetto militare, in barba alle sbandierate promesse di pace, mentre Renzi afferma che «se l’Europa vuole essere credibile deve andare in Africa e intervenire». Dinanzi alla libera circolazione dei capitali che permette ai padroni di delocalizzare la produzione all’estero lasciando per strada centinaia di famiglie, alle migliaia di giovani che “grazie” alla libera circolazione delle persone (cioè della forza lavoro) emigrano all’estero per fare i lavapiatti, Renzi afferma che «l’Europa è la più grande opportunità delle nuove generazioni», alludendo a progetti come l’Erasmus, che “permettono” ai giovani del ceto medio che vi accedono di sentirsi cittadini di un’Europa che esiste solo nella loro testa.
L’idea di un sogno europeo da realizzare, di uno “spirito di Ventotene” da recuperare è oggi un’arma potente nelle mani di chi sta cancellando il futuro della gioventù. L’idea del sentirsi “cittadini del mondo” e per traverso cittadini europei, un cosmopolitismo che nulla ha in comune con l’internazionalismo della classe operaia al quale la sinistra dovrebbe richiamarsi, maschera sotto una luce di finto progressismo il sostegno ad una organizzazione imperialista, l’UE, che risponde in tutto e per tutto al grande capitale monopolistico. Si tratta, dinanzi a questa nuova falsa coscienza che le classi dominanti diffondono, di far avanzare una nuova consapevolezza nella gioventù, che nulla conceda alle destre nazionaliste che all’UE si oppongono in senso reazionario e antipopolare, ma che parta dalla constatazione dell’impossibilità di conciliare i diritti dei popoli, dei giovani, dei lavoratori con l’interesse del capitale che oggi tiene le redini della UE. Pur non essendo la soluzione (come dimostrerà l’Inghilterra), la rottura con la UE è una tappa necessaria e non eludibile per un cambiamento reale di questa società.
Alle promesse di una UE diversa, di una “Europa dei popoli” bisogna rispondere con la consapevolezza che nulla del genere potrà nascere dall’attuale Unione Europea. Ad esempio bisogna imparare a rispondere, a chi ci parla di Erasmus come un’opportunità per i giovani, che il futuro della gioventù è fuori dall’Unione Europea.