*di Alessio Angelucci
Il denaro non ha odore, dicevano i romani… oggi queste parole si adattano alle vergognose affermazioni trasmesse dalla rete nazionale Rai1 qualche giorno fa dopo i tragici fatti di Amatrice. A pochi giorni dal terremoto, con l’intero paese in stato di shock, il ministro Delrio e Bruno Vespa si sono esibiti in un raccapricciante scambio di battute durante la trasmissione “Porta a Porta”: «Questo (il terremoto ndr) rappresenterà una bella botta per l’economia» – afferma il conduttore- «L’Aquila è il più grande cantiere d’Europa (…) la ricostruzione farà PIL» – risponde il ministro.
Con sconcertante naturalezza il ministro e il conduttore svelano un’amara verità: mentre la gente muore sotto le macerie, nei salotti borghesi, televisivi e non, i padroni annusano come sciacalli le disgrazie di centinaia di persone e hanno già l’acquolina in bocca di fronte all’imponente business della ricostruzione sul quale cominciare a fare profitti.
D’altronde non ci sono nuove questo tipo di affermazioni. Erano le 3.32 del 6 Aprile 2009 quando l’Aquila era scossa da un devastante terremoto. Mentre migliaia di persone scappavano dalle loro case e 309 cittadini perdevano la vita, qualcuno rideva. A ridere erano due imprenditori romani, Piscicelli e Gagliardi, che registrati da un’intercettazione telefonica, ammettevano candidamente di aver accolto con gioia il disastro perché avrebbero guadagnato a suon di appalti. A nessuno di noi verrebbe mai in mente di ridere di fronte ad una tragedia di quelle proporzioni, ma si sa che la brama di profitto porta a tutto e che i padroni non hanno certo umanità quando si parla di denaro.
Ma quanto frutta questo business della ricostruzione? I numeri sono impietosi: per l’Aquila ad esempio lo Stato ha sborsato fino ad oggi circa 12 miliardi di euro, soldi che sono finiti direttamente nelle tasche dell’imprenditoria e che ad oggi non hanno garantito ancora condizioni di vita dignitose a tutta la popolazione. A distanza di 7 anni infatti il centro della città appare ancora un cantiere a cielo aperto. Nel frattempo però, per la gioia dei costruttori, sono state tirate su piccole cittadine carenti dal punto di vista dei servizi e delle infrastrutture e quindi poco agevoli per i residenti. Per fare un esempio, nella “new town” (così sono state denominate queste creazioni urbanistiche) di Assergi (frazione dell’Aquila) il supermercato più vicino dista circa 10 chilometri; non c’è da meravigliarsi poi se sui 96 appartamenti di questa cittadina circa un terzo sono vuoti.
È chiaro che chi è stato incaricato della ricostruzione non si è interessato per nulla dell’effettivo benessere dei cittadini aquilani e ciò lo si riscontra anche dal punto di vista della sicurezza, messa in molti casi da parte sempre in nome del profitto. Risparmiare sui materiali e sugli standard di sicurezza è infatti uno dei modi più semplici di moltiplicare i profitti quando si costruisce, e proprio alla luce di ciò si può comprendere come sia possibile che già nel 2014 in uno dei complessi ricostruiti dopo il terremoto siano stati sequestrati 800 balconi ritenuti non a norma dopo che ne era “inspiegabilmente” crollato uno. D’altronde perché costruire strutture solide quando si può attendere il prossimo sisma per ricostruire tutto daccapo intascandosi un’altro gustoso appalto?
Quando ci sono profitti così facili, infine, non può mancare alla tavola della grande abbuffata la criminalità organizzata. Secondo il rapporto semestrale della Direzione investigativa antimafia (Settembre 2015), sul settore edilizio e alberghiero nelle zone del terremoto c’è lo zampino di ‘ndrangheta e soprattutto camorra che a suon di tangenti si sono conquistate fette sempre più ampie di mercato. Persino l’ex vicesindaco dell’Aquila Roberto Riga (manco a dirlo del Partito Democratico… qualcuno si sorprende?) è finito in manette per corruzione sulle gare d’appalto.
Ecco dunque il business della ricostruzione: lavori incompiuti, non a norma, appalti al ribasso, tangenti e criminalità organizzata. Ecco a cosa facevano riferimento il ministro Delrio e Vespa quando vedevano nel disastro di Amatrice una opportunità di crescita. La crescita effettivamente ci sarà, ma a crescere sarà il profitto dei padroni e della criminalità organizzata. Tutto questo andrà tenuto a mente quando verranno a parlarci di ricostruzione, perché si abbia la consapevolezza della necessità di lottare contro chi è pronto a barattare la vita di centinaia di persone innocenti con qualche milione di euro. In momenti di tragedia la polemica rischia sempre di sembrare fuori luogo e sono molto più facili gli appelli a restare “tutti uniti”, ma una cosa dovrà essere chiara a tutti: i ricostruttori non sono sulla nostra stessa barca, tantomeno su quella delle vittime di questo terremoto.