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La “buona scuola”: crollano le bugie… e non solo quelle

In soli due giorni, fra ieri e oggi in ben due scuole ci sono stati crolli. Ieri a Padova alla scuola elementare De Amicis, dove per fortuna le maestre sono riuscite a far evacuare i bambini in seguito ai primi scricchiolii, prima che l’intero controsoffitto precipitasse del tutto. Oggi alla scuola Rodari di Nichelino, dove invece è rimasta ferita una bambina.

Più passa il tempo e più questi episodi avvengono con sempre maggiore frequenza. Solo a fine settembre, ad esempio, sono crollati il soffitto della palestra della scuola media “Mameli” di Milano, e quello della scuola media “Manzoni” a Rho. Dire che i crolli sono all’ordine del giorno purtroppo non è retorica politica. È la realtà di un paradosso tutto italiano in cui i ministri dell’istruzione e i governi parlano di scuola senza conoscerla, parlando di innovazione tecnologica e digitalizzazione, premurandosi di non far mancare almeno due LIM (lavagne multimediali) in ogni scuola, mentre nel mondo reale le scuole crollano letteralmente a pezzi.

Nel 2008 a Rivoli un ragazzo morì a causa del crollo del controsoffitto della sua scuola, mentre un suo compagno restava paralizzato. Da allora nessun intervento serio sull’edilizia scolastica in Italia è stato messo in atto. Quello citato può sembrare un episodio estremo ed isolato, ma non lo è perché è solo grazie alla fortuna se le decine di crolli di questi anni non hanno avuto conseguenze così gravi. Cosa sarebbe successo se nella scuola di Padova il controsoffitto non avesse scricchiolato annunciando il proprio crollo imminente, e fosse precipitato sulle teste di venti bambini di 10-11 anni?

Nei mesi in cui Renzi promuoveva la sua “buona scuola”, approvata nel luglio 2015, raccontava di riqualificazione dell’edilizia scolastica, quando in realtà si trattava di piccoli interventi ininfluenti e perlopiù ornamentali… del resto non si può fare granché stanziando 700 milioni in un paese in cui più di una scuola su tre – il 37,6% – necessita di interventi strutturali urgenti. La verità è che in Italia si continua a dire che i soldi per la scuola non ci sono, ma ogni anno si spendono miliardi di euro per pagare gli interessi sul debito pubblico (70 miliardi nel solo 2015), per il salvataggio delle banche, per le spese militari (F-35, FREMM, ecc), per “grandi opere” come la TAV, addirittura per finanziamenti alle scuole private mascherati da sussidi per gli studenti. Nessuno parli di casualità o di inevitabilità di ciò che avviene. Al contrario dietro ogni singolo calcinaccio che viene giù dal soffitto di una scuola c’è una precisa responsabilità politica dell’ennesimo Governo che antepone gli interessi dei grandi monopoli europei alla salute dei propri giovani e al benessere dei propri cittadini, degli studenti e dei lavoratori.

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