*di Paolo Spena
Tantissimi giovani, in Italia e in tutto il mondo, hanno nella propria camera un poster di Fidel Castro. Basterebbe questo per affermare che oggi non scompare solo un grande rivoluzionario, un grande combattente nella lotta per la liberazione dell’uomo e dei popoli dallo sfruttamento e dall’oppressione, ma anche e soprattutto un grande esempio per le nuove generazioni che oggi si affacciano alla lotta per un futuro migliore.
«Condannatemi pure, la storia mi assolverà», rispose Fidel al tribunale del regime di Batista che lo processava nel 1953. Oggi Cuba, nonostante le difficoltà seguite alla scomparsa dell’Unione Sovietica e del campo socialista, è il miglior paese dell’America Latina in cui si possa vivere. Questa affermazione sembrerà strana a chi per anni è stato abituato a sentir parlare sui media di fantomatici “prigionieri politici”, persecuzioni, povertà e quant’altro, ma lo sarebbe molto meno se solo i media dedicassero alle favelas del Brasile, alle periferie del Messico, alla povertà estrema in cui vivono migliaia di persone nei paesi caraibici come Haiti, Repubblica Dominicana, Giamaica ecc. la stessa attenzione che dedicano a Cuba.
Grazie al sistema socialista, ogni giovane cubano sa che avrà diritto a un futuro dignitoso, che avrà una casa, un lavoro, il diritto a una sanità d’eccellenza e gratuita, il diritto di accedere gratuitamente ai livelli più alti dell’istruzione. Lo stesso non possono dire il 40% di giovani disoccupati in Italia, e più in generale i milioni di giovani che pur vivono in paesi capitalisti di gran lunga più ricchi di Cuba, che però oggi sono condannati a un futuro di precarietà e assenza di diritti, nel nome degli interessi dei grandi monopoli, dei grandi gruppi bancari e industriali, dei padroni che tuonano contro “l’assenza di diritti” a Cuba mentre rivendicano per sé il “diritto” di fare profitti sulla pelle dei lavoratori e dei popoli. Che la storia abbia “assolto” Fidel è semplicemente la realtà dei fatti, e negarlo come fanno oggi giornali, politici e intellettuali significa semplicemente produrre ideologia, trincerarsi a difesa di un sistema ingiusto che ogni giorno genera miseria, disperazione, guerra e sfruttamento.
Fidel Castro è stato un grande dirigente marxista-leninista, capace di condurre fino in fondo una rivoluzione contro questo sistema, liberando non una, ma due volte il suo popolo: dall’oppressione straniera e dall’oppressione capitalistica. I padroni lo sapevano bene, avendo provato ad assassinarlo più di 600 volte con attentati organizzati dalla CIA in combutta con la mafia cubana di Miami (al fianco della quale oggi Roberto Saviano festeggia senza pudore la morte di Fidel). Tanti hanno paragonato, non sbagliando, la vittoria di Cuba contro la più grande potenza mondiale, gli USA, alla storia di Davide che sconfigge Golia.
Ma il più grande merito di Fidel è stato l’aver perseverato sulla via rivoluzionaria nel momento più duro, quando tutto sembrava perduto dopo la caduta del Muro di Berlino e del campo socialista guidato dall’Unione Sovietica. «La rivoluzione è la più grande e straordinaria riforma della storia, perché cambia radicalmente tutto» – affermava Fidel nel 1990 – «Riforme capitaliste? Riforme neoliberali? Nemmeno per sogno! Devono saperlo tutti che la Rivoluzione non arretrerà di un millimetro». Tanti hanno descritto Fidel come una sorta di “dinosauro” che da solo ha preteso di tenere l’isola ancorata “nel passato”, ma la verità è che la resistenza di Cuba, la difesa del sistema socialista persino negli anni più bui del período especial è stata un’impresa di tutto il popolo cubano, che ha dimostrato una straordinaria tenacia e una grande volontà di non rinunciare alle conquiste della Rivoluzione. Senza la resistenza di Cuba, vero e proprio faro in un continente che gli USA continuano a considerare il proprio cortile di casa, difficilmente ci sarebbero stati il processo bolivariano in Venezuela e le esperienze di governi progressisti nei paesi dell’America Latina.
Proprio in questa incrollabile fede nel socialismo sta il lascito di Fidel Castro alla nostra generazione, alla gioventù comunista che oggi ha il difficile compito di ricostruire sulle macerie. Per quanto aspre possano essere le difficoltà da affrontare, non scompaiono le ragioni di chi sceglie di lottare per una società più giusta. Come disse Fidel nel discorso al 7° Congresso del PCC di quest’anno, suo “testamento politico”: «Per tutti noi giungerà il nostro turno, ma rimarranno le idee dei comunisti».