di Alessandro Fiorucci*
Anche quest’anno le scuole stanno richiedendo un contributo economico alle famiglie al momento dell’iscrizione dei figli. Questa quota, nata quasi due decenni fa come forma di finanziamento alle attività extracurricolari, oggi costituisce invece la principale fonte di sostentamento per le scuole italiane e raggiunge talvolta cifre notevoli, attestandosi attorno ai 150 euro medi a livello nazionale, ma raggiungendo picchi anche di 250 euro in alcune scuole.
Il contributo volontario in questi anni ha svolto una funzione precisa, di cui tuttavia si parla ben poco. Soltanto dal 2008 a oggi i governi che si sono alternati hanno operato miliardi di tagli all’istruzione pubblica. La Legge Finanziaria del 2008 programmava tagli per il triennio 2009-2011 per un totale di quasi 14 miliardi di euro. Il Documento di Economia e Finanza (DEF) del 2011 aggiungeva altri 8 miliardi di tagli ai fondi statali per la scuola pubblica nel triennio 2012-2014. In altre parole nell’arco di sei anni le scuole hanno ricevuto 22 miliardi in meno, e sono state ridotte letteralmente in ginocchio. Il Governo Renzi non ha minimamente invertito la rotta, ma al contrario ha proseguito nel solco dei suoi predecessori. Mentre si tagliavano miliardi alla scuola, li si utilizzava per il salvataggio delle banche, per spese militari, regalati alle grandi imprese o ai creditori di un debito pubblico che solo nel 2016 è costato 66,5 miliardi di soli interessi!
Nel frattempo i contributi scolastici sono gradualmente lievitati, fino ad aumentare del 200%. Il nesso è tutt’altro che casuale, se si aggiunge anche la crescente insistenza con cui gli istituti hanno cominciato a pretendere il versamento della quota (che solo formalmente non ha mutato il suo carattere volontario). I contributi sono serviti in questi anni a scaricare sulle famiglie l’onere di finanziare l’istruzione, in barba al principio di gratuità sancito in Costituzione. Grazie a questo meccanismo è stato possibile “attutire” l’impatto dei tagli alla scuola (che non è stato certo indolore), impedendo il collasso degli istituti.
Da diverse settimane le scuole di tutta Italia stanno aderendo alla battaglia per l’abolizione dei contributi scolastici, che chiama gli studenti a boicottare in massa questa tassa mascherata. Non sorprendono i frequentissimi casi di repressione nei confronti degli studenti che hanno aderito alla protesta, organizzandosi insieme ai compagni di scuola per boicottare il contributo. Non di rado infatti agli studenti viene esplicitamente impedito di discutere apertamente di questa tematica, intimando sanzioni e provvedimenti disciplinari per il solo fatto di aver sollevato la questione, giustificando questa arroganza paventando disastri a livello di bilancio della singola scuola. Le reazioni spesso ai limiti dell’isteria da parte dei Dirigenti Scolastici sono il sintomo più evidente dell’incisività di questa battaglia: abbiamo deciso di rompere il silenzio e la connivenza che per anni hanno reso il contributo volontario un vero e proprio tabù.
Abbiamo scelto di rifiutare l’ennesimo “sacrificio necessario”, perché è inaccettabile che siano le famiglie a sostenere una scuola pubblica in ginocchio, mentre si spendono miliardi per salvare le grandi banche. È inaccettabile il ricatto “o pagate voi, oppure i soldi non ci sono”, quando è evidente che i soldi ci sono e vengono spesi per altro. Non ci sono scuse che tengano, né vi possono essere vie di mezzo o tentativi conciliatori: la responsabilità di questa situazione è dei governi che consentito in piena consapevolezza che tutto ciò si verificasse. Per questo gli studenti devono rispedire al mittente ogni accusa diretta a delegittimare una sacrosanta e necessaria protesta, che per la prima volta dopo anni è in grado di scardinare i meccanismi che hanno permesso un vergognoso smantellamento dell’istruzione pubblica.
Oggi continuare a pagare il contributo volontario significa di fatto legittimare questa ingiustizia, rendendosi complici del processo di dismissione della scuola pubblica condotto in questi anni. Non basta denunciare i casi in cui il contributo viene richiesto con intimidazioni e minacce (che pure sono all’ordine del giorno). La particolare insistenza con cui si pretendono questi versamenti è la dimostrazione del fatto che oggi questi soldi costituiscano la principale fonte di sostentamento per le scuole, andando a coprire spese ordinarie anziché progetti extracurricolari. Per questo è fuorviante parlare di “truffa dei contributi”, poiché si punta il dito contro il singolo istituto anziché comprendere il problema nel suo complesso. L’unico modo per costringere il Ministero dell’Istruzione ad assumersi le proprie responsabilità è organizzare un boicottaggio su larga scala, che non lasci scampo a chi per anni ha tenuto nascosta questa ingiustizia per ragioni di convenienza.
La lotta per l’abolizione dei contributi scolastici e per la totale gratuità dell’istruzione sta diventando una lotta di massa, e lo dimostrano le migliaia di studenti e studentesse che hanno scelto di alzare la testa, di denunciare apertamente questa situazione vergognosa rompendo il ricatto che si cela dietro questa tassa mascherata da contributo “volontario”.
*responsabile scuola FGC