9 Marzo. Grande mobilitazione in Spagna, nella giornata dello sciopero generale della scuola che ha visto le diverse sigle dei lavoratori della scuola e dei sindacati studenteschi marciare uniti contro le politiche del governo del Partito Popolare. Secondo la Piattaforma Statale per la Scuola Pubblica, hanno scioperato il 65% dei lavoratori e delle lavoratrici dell’istruzione, con un blocco quasi totale delle attività. Ancora più elevata la partecipazione studentesca, che secondo i primi dati ha visto l’85% degli studenti aderire allo sciopero, partecipando alle decine di cortei e mobilitazioni in tutto il paese. Fra le principali rivendicazioni il ritiro dei tagli all’istruzione, il miglioramento delle condizioni dei lavoratori dell’istruzione, l’abrogazione della LOMCE (la legge sull’istruzione che spinge verso una maggiore aziendalizzazione e privatizzazione della scuola pubblica) e delle riforme universitarie.
In prima linea nelle mobilitazioni il Fronte degli Studenti (Frente de Estudiantes), sindacato studentesco nato nel 2015 su iniziativa dei Collettivi dei Giovani Comunisti (CJC), che ha rivendicato il ritiro del decreto che introduce un sistema “3+2” simile a quello italiano, l’abrogazione della LOMCE, una giusta retribuzione per gli studenti della formazione professionale, troppo spesso costretti a lavorare gratis nei tirocini, anche qui similmente a quanto avviene in Italia.
«Siamo dinanzi a una giornata di sciopero storica, in cui finalmente, dopo tre anni senza una convocazione unitaria, i lavoratori e gli studenti marciano uniti contro le politiche di privatizzazione» – aveva dichiarato pochi giorni fa in un intervista Javer Martín, responsabile degli studenti dei CJC – «Chiediamo l’abrogazione della LOMCE, il ritiro di decreti come il “3+2”, invertire tutti i tagli che hanno peggiorato la qualità degli insegnamenti, le condizioni di lavoro e la possibilità di accesso a migliaia di studenti». Nel mirino anche le politiche sull’istruzione dell’Unione Europea: «L’ET2020 è un quadro strategico con applicabilità agli stati membri della UE, un passo avanti nel suo piano mercificazione dell’istruzione, che punta cioè tramutare l’istruzione in uno strumento al servizio delle grandi imprese».
«Perché la comunità educativa possa realmente avanzare e ottenere vittorie dinanzi al governo che privatizza l’istruzione in favore degli interessi delle grandi imprese» – secondo Martín – «è necessario in primo luogo essere coscienti del fatto che la difesa dei nostri diritti non è un qualcosa che si può delegare, ma che siamo noi in prima persona a doverci organizzare e lottare. In secondo luogo, è necessario rompere con il sistema degli scioperi ciclici, e iniziare a marcare un calendario di mobilitazioni, dove lo sciopero sia lo strumento più forte a disposizione della comunità educativa, inserito in un contesto di organizzazione e di lotta per sferrare il contrattacco. In terzo luogo l’unità, ma unità a livello di base, in ogni centro e in tutti i settori dell’istruzione».
Il FdE si è distinto come l’organizzazione più combattiva all’interno del movimento: «Bisogna innanzitutto mostrare al governo che c’è una gioventù che non si farà calpestare e che vuole cambiare radicalmente le cose, spazzando via le sue misure e costruendo una educazione al servizio del popolo e della classe operaia. Vogliamo lanciare un nuovo ciclo di mobilitazione, rinforzare e ampliare le nostre organizzazioni, il nostro sindacato e rafforzare la nostra unità. In ballo c’è il nostro futuro; che leggi come la LOMCE o le misure volute dalla UE rischiano di trasformare in miseria.»