Giornata di lotta per i lavoratori in tutta Italia, in occasione dello sciopero generale del 27 ottobre convocato da CUB, SGB, SI-Cobas, USI-AIT e SLAI-Cobas. Lo sciopero era stato rilanciato, un mese fa, dall’assemblea nazionale dei sindacati di base tenutasi il 23 settembre a Milano. L’assemblea aveva assunto 5 punti fondamentali come rivendicazioni dello sciopero di oggi: l’aumento dei salari e degli investimenti pubblici sul territorio a fronte di una riduzione degli orari di lavoro; l’abolizione della Legge Fornero con il ristabilimento dell’età pensionabile a 60 anni o 35 anni di contributi; la garanzia dei diritti sociali (casa, salute, scuola, trasporti ecc); la lotta contro la precarizzazione del lavoro e il Jobs Act; la difesa del diritto di sciopero contro le leggi che lo vincolano e contro l’accordo-truffa del 10 gennaio 2014 sulla rappresentanza sindacale. Una mobilitazione nata sull’onda dello sciopero dei trasporti del 16 giugno, che aveva visto una grande adesione da parte dei lavoratori al punto da suscitare la reazione del Governo, che in diverse dichiarazioni ha attaccato il diritto di sciopero. Pochi giorni fa, un decreto del Ministro dei Trasporti Delrio ha imposto la riduzione a 4 ore dello sciopero generale di oggi, limitatamente al settore dei trasporti.
Dal Nord a Sud le mobilitazioni dei lavoratori per lo sciopero. A Milano centinaia di lavoratori sono scesi in corteo partendo da Largo Cairoli dirigendosi verso piazza del Duomo, con un comizio dei sindacati. «La mobilitazione di oggi è la dimostrazione che all’interno dei posti di lavoro si può cambiare qualcosa. Noi siamo per l’unità di tutti i lavoratori, non di chi pensa di sedersi a un tavolo, per difendere quei diritti che sono stati svenduti. Ci riprenderemo quei diritti con la lotta!», ha ribadito nel suo intervento Antonio Ferrari, segretario dei metalmeccanici della CUB – «C’è bisogno di un sindacato di classe, per il quale serve un progetto: non farci imbavagliare e non accettare alcun compromesso. Rafforzare le schiere dei lavoratori e delle lavoratrici, combattere ogni divisione fra i lavoratori che il capitale ci impone per creare una guerra fra poveri. La classe operaia deve prendere in mano il proprio destino». A Roma, in centinaia hanno presidiato il Ministero dello Sviluppo Economico, mentre in tutta Italia all’alba iniziavano i picchetti davanti ai cancelli degli stabilimenti.
Alle mobilitazioni ha partecipato anche il Fronte della Gioventù Comunista, che ha insistito sulla necessità di unire le lotte dei giovani e degli studenti a quelle dei lavoratori. «Le riforme della scuola di questi anni sono state volute dalla Confindustria, dalle grandi imprese, cioè da quegli stessi padroni che oggi sfruttano i lavoratori e con i quali dovremo fare i conti in futuro, quando saremo anche noi lavoratori» – ha affermato a Roma un giovane studente del FGC, intervenendo al microfono – «L’alternanza scuola lavoro oggi è uno dei terreni su cui le nostre lotte convergono a partire dalla condizione materiale che viviamo. Un milione e mezzo di studenti oggi lavora in azienda senza essere pagato, spesso senza nessun legame con ciò che studiamo, nel solo interesse delle imprese. Numerosi sono i casi di aziende che hanno licenziato un certo numero di dipendenti per sostituirli con studenti in stage, senza salario e privi di diritti. La nostra lotta per una giusta retribuzione, per avere diritti e tutele in stage, è legata a doppio filo con la lotta dei lavoratori contro lo sfruttamento, i licenziamenti, la precarietà».
Lo sciopero ha ricevuto il sostegno del Partito Comunista (PC), che in un comunicato aveva definito lo sciopero «L’occasione di rilancio e rafforzamento del conflitto di classe nei luoghi di lavoro, proprio nel momento in cui i primi barlumi di ripresa di settori dell’economia italiana, garantiscono un incremento dei profitti per il capitale realizzato tutto sulla pelle dei lavoratori».
A Roma, il segretario del PC Marco Rizzo è intervenuto dinanzi a centinaia di lavoratori: «Siamo qui per sostenere l’unico sciopero generale non compromesso. Lo sciopero è lotta, è conflitto, e il conflitto principale in questo paese è quello fra capitale e lavoro. Ci parlano tanto di democrazia, ma la democrazia non è votare un faccione che vedete in televisione o un politico che gira l’Italia in treno. La democrazia vera è dare il potere ai lavoratori. L’accordo del 10 gennaio 2014 deve essere lo spartiacque quando si parla di sindacato, perché chi l’ha firmato è compromesso con CGIL, CISL e UIL che si sono seduti assieme ai padroni e alla Confindustria. Il nostro augurio è che da questo sciopero si avanzi verso la costruzione di un vero sindacato di classe in questo paese, che ha bisogno del conflitto come il pane. Pace, pane e lavoro sono parole antiche, ma che hanno un significato quanto mai attuale oggi. Viva lo sciopero generale!»