*Intervento di Lorenzo Lang, segretario nazionale del Fronte della Gioventù Comunista (FGC), alla manifestazione dell’11 novembre per il centenario della rivoluzione d’ottobre, organizzata dal Partito Comunista (PC) e dal FGC.
Cari compagni, care compagne,
Simpatizzanti e sostenitori,
Lavoratori e settori della gioventù proletaria che hanno deciso oggi di scendere in piazza,
abbiamo fatto un importante passo in avanti questo pomeriggio. Abbiamo costruito questa manifestazione contro il governo, per lavoro, casa e diritti sociali solo con le nostre forze, con uno sforzo enorme per permettere la partecipazione da tutta Italia, senza finanziamenti e affrontando anche l’attacco mediatico contro i comunisti e questo corteo. La manifestazione di oggi è la dimostrazione che è possibile fare qualcosa che si dava ormai per impossibile: i comunisti possono decidere di convocare una manifestazione da soli senza nessuna paura. Siamo scesi in piazza contro le misure antipopolari imposte da questo governo del Partito Democratico e dei suoi alleati, per l’uscita dall’Unione Europea e dalla Nato. E non siamo stati ad aspettare che in qualche assemblea delle forze corresponsabili del massacro sociale in atto in Italia decidano le sorti dell’ennesima coalizione di sinistra da guidare in un disastro elettorale. Siamo qui oggi senza compromessi, con le nostre idee e il nostro programma. Con la nostra strategia. Le dimostrazioni materiali valgono più di centinaia di discussioni: la strada per uscire dall’angolo di marginalizzazione in cui sono condotti dall’opportunismo i comunisti e i settori più coscienti dei lavoratori è questa.
Non per caso abbiamo costruito questa manifestazione in occasione del centenario della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre. Ma non l’abbiamo fatto nemmeno per nostalgia. Questa non è una manifestazione di macchiette col colbacco come avrebbe voluto qualcuno per ridicolizzarci. Questa è una manifestazione animata da lavoratori, disoccupati, studenti medi e universitari, pensionati. Da persone che lottano, chi sul posto di lavoro, chi sul proprio territorio, chi contro l’istruzione piegata agli interessi di banche e grandi imprese, contro l’alternanza scuola lavoro e contro l’università-azienda. Semplicemente l’Ottobre ispira le nostre lotte come ha ispirato i momenti più alti di lotta nel nostro paese.
A cominciare dalla voce che girava tra i soldati italiani nelle trincee della Prima Guerra Mondiale, strappati dalla loro famiglie, dalle fabbriche e dalle campagne per andare a combattere qualcuno che aveva subito la stessa sorte, per ammazzare e farsi ammazzare per gli interessi del grande capitale. “Fare come in Russia” era la parola d’ordine per mettere fine a quel massacro di proletari.
Per passare alle lotte operaie, al biennio rosso e all’occupazione delle fabbriche. Anche i Italia le classi popolari si erano mosse, spinte dall’Ottobre, ma non trovarono un partito pronto a guidarle come fecero i bolscevichi in Russia.
L’esempio della resistenza sovietica all’invasione nazista e la difesa delle conquiste rivoluzionarie ha ispirato la grande maggioranza dei partigiani, e ha dato un contributo pari all’aiuto concreto offerto alla lotta antifascista dall’Unione Sovietica a partire dalla guerra civile spagnola. Uno dei primi atti di resistenza a Roma dopo l’8 settembre fu proprio il 7 novembre del 1943: i gappisti romani riempirono la città di scritte “viva l’Urss” “viva Stalin” e tennero dei comizi volanti per incitare la popolazione alla lotta proprio in occasione dell’anniversario della Rivoluzione. Anche le aspirazioni tradite della lotta di liberazione avevano molto a che fare con l’idea dell’ottobre.
In questo solco ripresero le lotte operaie del dopoguerra, con cui i lavoratori hanno strappato con enormi sacrifici diritti anche alla borghesia italiana, i cui interessi erano difesi dai governi democristiani che non si facevano troppi problema ha dare l’ordine di sparare contro le manifestazioni, come a Genova e a Reggio Emilia.
Gli stessi ideali che mossero la Rivoluzione Bolscevica guidarono le lotte operaie nel nostro paese. Lo stesso deve essere oggi.
Da quando a sinistra è passata l’idea della “fine della spinta propulsiva della Rivoluzione d’Ottobre”, dove siamo finiti? Ogni giorno misure antipopolari, promosse per molti anni soprattutto dai liquidatori del PCI sotto queste parole d’ordine, eradicano sempre più a fondo i diritti conquistati con le lotte e il sangue dei lavoratori. Ora non c’è veramente più tempo da perdere. In Italia il malcontento è enorme, palpabile, ma le classi popolari non riescono ad indirizzare la loro rabbia, perché non possono riconoscersi in un partito d’avanguardia che guidi il loro contrattacco, perché non vedono la prospettiva di una lotta per nuove conquiste. Dobbiamo affrontare questa condizione con un peso enorme sulle spalle, con un vento pericoloso che soffia in direzione contraria.
La perdita di consenso delle forze politiche tradizionali è il prezzo che pagano per le misure antipopolari che impongono, e l’astensione che ormai supera il 50% nelle elezioni locali lo dimostra ampiamente. Il Partito Democratico e suoi alleati così come il centrodestra potranno fare tutte le piroette del mondo ma non possono cancellare le loro responsabilità. Nello specifico il Partito Democratico, che è il partito più conseguente agli interessi di banche e grandi imprese, sta portando avanti un’operazione disperata per recuperare consensi a sinistra elevando i fascisti a principale nemico del governo per sfoggiare poi un antifascismo peloso. È una scelta criminale che, mentre fa identificare l’antifascismo con le forze politiche responsabili del massacro sociale, porta un’enorme rilevanza mediatica ai fascisti che vengono presentati come l’unica opposizione “di strada” nei quartieri, facendogli guadagnare consensi nelle periferie e tra i lavoratori assolvendo al ruolo di valvola di sfogo innocua per i padroni.
D’altra parte la maggioranza dei lavoratori e delle masse popolari rimangono completamente disorientati e non riescono ad andare oltre al rifiuto generico della politica. Grazie all’azione ideologica del Movimento 5 stelle questo non fa che acuirsi: qualsiasi causa di malcontento viene automaticamente attribuita all’incapacità dei politici, e in questo modo coperta ogni “responsabilità di sistema”.
Di questa situazione sono responsabili anche tutti quelli che con i nostri simboli e presentandosi come prosecutori della nostra storia non hanno fatto altro che diffondere per più di 20 anni illusioni riformiste, sistematicamente deluse come è ovvio che succeda se si pensa di poter scendere a patti con i padroni. La loro scelta è stata la via parlamentare al disastro, alla smobilitazione dei lavoratori e delle masse popolari. La partecipazione ai governi borghesi di centrosinistra che sono responsabili diretti dell’introduzione di sempre maggiori contratti precari, della sottoscrizione dei trattati europei e del rifinanziamento plurimo di missioni militari all’estero poteva portare ad altro se non alla perdita di fiducia dei lavoratori nei comunisti? Ad altro se non al disorientamento?
La strada da percorrere alla luce di queste esperienze è chiara. Dobbiamo tornare a dire quotidianamente alle masse popolari che un’alternativa esiste. Che non è nell’attesa che le cose cambino da sole o che l’elezione di qualche nuovo parlamentare possa garantire qualche riforma o anche solamente qualche briciola. L’alternativa è totale, e non può trovarsi di certo nel putrido sistema di gestione politica del capitalismo, né con una guida socialdemocratica, né con una guida liberale, né tanto meno con una svolta reazionaria. L’alternativa viene dalla lotta dei lavoratori, degli studenti, dei disoccupati, delle classi popolari, dal loro protagonismo. Viene dalla consapevolezza della necessità di distacco dalla forze di gestione del capitalismo. Oggi abbiamo fatto un passo importante in questa direzione.
Il nostro cammino deve partire dalla critica spietata alle pratiche opportunistiche che hanno distrutto la presenza comunista in Italia. Per proseguire su questa nostra strada abbiamo ancora la forza della Rivoluzione d’Ottobre, della dimostrazione che è possibile costruire un mondo nuovo senza sfruttamento dell’uomo sull’uomo, che è possibile costruire lo stato della classe operaia. La Rivoluzione d’Ottobre è la dimostrazione che, se i lavoratori strappano il potere alla borghesia monopolistica, possono edificare una società che risponda alle loro necessità e alle loro aspirazioni. Aspirazioni che nel capitalismo vengono annientate nel nome del profitto. Quanto sono attuali le conquiste ottenute a partire da 100 anni fa dall’Unione Sovietica figlia della Rivoluzione d’Ottobre?
Oggi in Italia, grazie alle riforme del mondo del lavoro e per ultimo al Jobs Act, i padroni possono permettersi di rilanciare i loro profitti sulla pelle dei lavoratori, abbassando i salari, cancellando i diritti, alzando l’orario di lavoro.
In Unione Sovietica la ricchezza veniva investita nello sviluppo sociale. I lavoratori potevano decidere cosa produrre e quanto produrre per soddisfare le necessità del popolo sovietico e non per inseguire il profitto. L’orario di lavoro era di 7 ore e per alcune categoria arrivava fino a 4.
Oggi in Italia i padroni possono abbassare i salari grazie al ricatto dei contratti precari, della delocalizzazione e di una disoccupazione generale oltre l’11% e di una giovanile oltre il 40%.
In Unione Sovietica esisteva il diritto al lavoro e l’ultimo disoccupato ebbe un impiego nel 1930.
Oggi in Italia la spesa pubblica e i diritti sociali vengono azzerati in nome del rientro del debito pubblico. Il 36% delle famiglie deve rinunciare alle cure mediche perché non può permettersele mentre i governi degli ultimi anni hanno potuto varare piani di salvataggio delle banche per centinaia di miliardi di euro.
In Unione Sovietica subito dopo la Rivoluzione le banche, così come le fabbriche e tutte le grandi imprese, vennero nazionalizzate dallo stato degli operai e dei contadini. Il debito pubblico accumulato dall’Impero zarista venne ripudiato. Anche per questo i diritti sociali erano garantiti e la sanità era universale.
In Italia ci sono centinaia di migliaia di persone in attesa di una casa popolare, in emergenza abitativa e centinaia di migliaia di persone senza un tetto sotto cui andare a dormire. Nel frattempo i grandi gruppi immobiliari e i palazzinari possono tenere centinaia di migliaia di appartamenti sfitti per fini speculativi.
Uno dei primi decreti dopo la presa del Palazzo d’Inverno fu il decreto sulla casa, che prevedeva l’esproprio della grande proprietà immobiliare e l’assegnazione immediata delle case requisite a chi ne aveva bisogno. Senza toccare le singole case di proprietà e lanciando in seguito enormi piani di edilizia popolare di qualità, in Unione Sovietica tutti avevano diritto alla casa.
Oggi in Italia la selezione di classe nell’istruzione è fortissima e sia la scuola che l’università sono sempre più dequalificate e piegate sempre di più sugli interessi delle banche e delle grandi imprese. L’alternanza-scuola lavoro permette alle aziende di usare la scuola per la formazione aziendale e consente l’utilizzo di oltre un milione di studenti anche come sostituzione di una parte della forza lavoro. Le università sono gestite come fondazioni impegnate a fare utili con le tasse universitarie e investimenti vari senza spendere un euro per il diritto allo studio e per aumentare l’accessibilità. La ricerca è completamente piegata agli investimenti privati e perciò al profitto, con le università pubbliche che non si fanno problemi a stabilire partnership con la Nato e ad impegnarsi nella ricerca a fini bellici.
In Unione Sovietica l’istruzione era gratuita ed accessibile a tutti, dalle scuole primarie all’università. La formazione degli studenti era finalizzata allo sviluppo complessivo della società, e lo stesso fine aveva la ricerca. Così in pochi anni gli scienziati e i ricercatori sovietici primeggiavano in ogni campo, raggiungendo scoperte fondamentali e arrivano a mandare il primo uomo nello spazio, Jurij Gagarin, figlio di un carpentiere che lavorava in una fattoria collettiva.
Oggi in Italia a larga parte dei lavoratori e della gioventù è preclusa la possibilità di fare sport e accedere alla cultura, soprattutto nelle periferie. La pratica sportiva in società private ha costi che molte famiglie non possono permettersi, mentre il tempo libero dei lavoratori diminuisce sempre di più.
In Unione Sovietica in ogni luogo di lavoro o di studio era presente un gruppo sportivo a cui si poteva accedere gratuitamente, come gratuitamente si poteva accedere a tutti gli impianti sportivi all’avanguardia di proprietà dello stato. Furono edificati un numero straordinario di teatri e cinema di proprietà dello stato. E soprattutto giovani e lavoratori avevano del tempo libero.
Queste conquiste, questi diritti sono impossibili nel capitalismo. Vediamo come quanti di essi ci sono preclusi oggi in Italia, che è uno dei paesi più ricchi al mondo. Queste conquiste sono tutte figlie del socialismo.
I lavoratori e la gioventù proletaria possono conquistare tutto questo facendo leva solo sulla propria forza e solo se avranno chiaro che il loro obbiettivo è il potere dei lavoratori, e solo se potranno riconoscersi in un’avanguardia organizzata che rifiuti ogni tipo di compromissione con le forze del nemico. Un’avanguardia che sappia indicare che non ci può essere conciliazione di interessi tra lavoratori e padroni, che non veda i lavoratori e gli studenti come pedine da sacrificare in un tavolo di trattative per far passare qualche proposta demagogica con l’idea di aumentare i consensi elettorali e mantenere qualche poltrona.
Dobbiamo dire le cose con estrema chiarezza. Esistono solo due classi: chi è sfruttato e chi sfrutta; chi lavora e produce con il suo sudore la ricchezza e chi se ne appropria come un parassita. Chi sta con una, è contro l’altra. Tornare a spiegare come diceva Lenin, che: «Fino a quando gli uomini non avranno imparato a discernere, sotto qualunque frase, dichiarazione e promessa morale, religiosa, politica e sociale, gli interessi di queste o quelle classi, essi in politica saranno sempre, come sono sempre stati, vittime ingenue degli inganni e delle illusioni. I fautori delle riforme e dei miglioramenti saranno sempre ingannati dai difensori del passato, fino a quando non avranno compreso che ogni vecchia istituzione, per barbara e corrotta che essa sembri, si regge sulle forze di queste o quelle classi dominanti. E per spezzare la resistenza di queste classi vi è un solo mezzo: trovare nella stessa società che ci circonda, educare e organizzare per la lotta forze che possono – e che per la loro situazione sociale debbano – spazzar via il vecchio ordine e crearne uno nuovo.» Dobbiamo di nuovo levare in alto la teoria rivoluzionaria indipendente della classe operaia, il marxismo leninismo.
Questa è la direzione in cui si muove la manifestazione di oggi. Con l’idea appunto di costruire un partito i cui militanti sappiano spiegare ogni giorno a tutti coloro che ha attorno il perché e gli interessi che ci sono dietro ogni misura del governo, dietro ogni proposta politica. Un partito che studi attentamente e acquisisca la profondità di analisi, la conoscenza del nemico, dei grandi blocchi monopolistici e dei loro interessi, che possa quindi capire in anticipo gli sviluppi e permetta ai lavoratori di organizzarsi di conseguenza nella lotta. Che parli chiaro e alla luce del sole. Che sia pronto ad misurarsi nel terreno aspro della lotta come riferimento immediato per le classi popolari. Che sia conseguente nello sforzo per il radicamento.
L’ottobre ci insegna che solo un partito con queste caratteristiche può portare i lavoratori alla vittoria. Il Partito Comunista. Le energie di tanti giovani, tanti lavoratori e disoccupati vanno impiegate nella direzione del rafforzamento dell’unico strumento politico proprio della classe operaia, che potrà dare protagonismo effettivo ai lavoratori e consegnare il potere nelle loro mani.
In conclusione,
permettetemi di citare la Lode della Dialettica di Brecht.
«Da chi dipende se dura l’oppressione? Da noi.
Da chi dipende se viene infranta? Sempre da noi.
Chi fu abbattuto, si rialzi!
Chi è perduto, combatta!»
C’è bisogno di raccogliere le forze e rialzare la bandiera. C’è bisogno dell’impegno di tutti voi. Solo con la presenza e il duro impegno militante si possono portare coscienza e organizzazione tra i lavoratori, tra i disoccupati, gli studenti e le classi popolari.
Cinque anni di lavoro in questa direzione della gioventù comunista hanno svelato tante potenzialità. Ora però non si può rimanere a guardare. Nessuno può rimanere più alla finestra ad aspettare. Tutti dobbiamo impegnarci nella costruzione del Partito Comunista in Italia. Lottare conseguentemente contro il governo, l’Unione Europea, per l’uscita dalla Nato, per far riacquistare consapevolezza e sciogliere la confusione.
I rapporti di forza sono sfavorevoli e la strada è ardua e in salita. E per ogni passo in arretramento peggioreranno esponenzialmente. Ma i bolscevichi ci hanno mostrato che non la giusta linea si possono affrontare situazioni difficilissime: le dure giornate dell’estate del ‘17, la guerra civile, la costruzione del socialismo e la vittoria sul nazifascismo sono esempi che dobbiamo avere sempre negli occhi. L’organizzazione si rafforza e i rapporti di forza si spostano a favore delle classi popolari per ogni lavoratore che diventa consapevole che solo il socialismo, solo il potere ai lavoratori può rispondere alle sue necessità e aspirazioni.
Non mancano le difficoltà e non bisogna sottovalutarle, ma possiamo far passare questa consapevolezza con semplicità, dicendo ad ogni sfruttato: oggi, come 100 anni fa, è la tua rivoluzione!