*di Lorenzo Vagni
L’aumento del tasso di disagio occupazionale è dovuto alla progressiva precarizzazione del lavoro, attuata in Italia dai governi di centro-destra e centro-sinistra su chiaro indirizzo delle grandi imprese, che da tale precarizzazione hanno potuto aumentare i propri profitti a spese dei lavoratori, e dell’Unione Europea, che delle grandi imprese è una diretta emanazione. Negli ultimi anni infatti si è assistito ad una concentrazione della ricchezza sempre maggiore, con meno del 10 % della popolazione che possiede l’86 % della ricchezza globale e ad un consistente aumento del numero di milionari.
La crisi economica è stata infatti riversata completamente sulle classi popolari, mentre allo stesso tempo le grandi imprese hanno approfittato per aumentare i propri profitti, risparmiando sul costo del lavoro e portando avanti l’attacco ai diritti dei lavoratori, giustificandosi con la ricerca di una maggiore competitività sui mercati internazionali. In Italia ha avuto un ruolo fondamentale in questa direzione il Jobs Act, con l’introduzione del contratto a tutele crescenti e di altre misure palesemente filopadronali.
In questa fase in cui i governi, apertamenti schierati con la borghesia, portano avanti politiche avverse nei confronti dei lavoratori (non ultimo l’emendamento Sacconi alla legge finanziaria, che, seppur bocciato, prevedeva proposte limitative del diritto di sciopero), solo l’organizzazione dei lavoratori potrà portare al contrattacco delle classi popolari.