«Abbiamo constatato sulla nostra pelle cosa voglia dire che gli enti privati entrino nella scuola pubblica. Adesso gli enti con cui facciamo alternanza hanno diritto di pretesa sulle sanzioni disciplinari, di parola su un percorso formativo di cinque anni». È questo il commento a caldo degli studenti vittime di una storia che riguarda l’alternanza scuola-lavoro. Un ente privato che adopera studenti in alternanza scuola-lavoro e che arriva a chiedere sanzioni e misure disciplinari come il “7 in condotta” per gli studenti che protestano. È successo la scorsa domenica agli studenti dell’ultimo anno di una scuola di Napoli, il Vittorio Emanuele II, che svolgono alternanza con il Fondo Ambientale Italiano (FAI). Gli studenti hanno raccontato quello che gli è successo in un comunicato pubblicato dal collettivo della scuola, intitolato ironicamente “ma veramente Fai?”.
La classe, ritornata il giorno precedente dal viaggio d’istruzione, aveva comunicato la volontà di non andare all’alternanza, facendo presente il problema con un mese di anticipo. Gli studenti avrebbero dovuto fare da guida al Museo di mineralogia della Federico II in una giornata gestita dal Fondo Ambientale Italiano (FAI). In seguito alle minacce di provvedimenti disciplinari da parte di Preside e professori, sono andati comunque, scegliendo però di realizzare una piccola protesta.
«Mentre svolgevamo il nostro lavoro di guide, al posto del cartellino FAI con su scritto che siamo degli studenti volontari, ne abbiamo messi alcuni fatti da noi per denunciare il fatto che fossimo non volontari ma obbligati per l’alternanza scuola-lavoro» – raccontano gli studenti. Sul badge artigianale era riportata la scritta “Alternanza scuola-sfruttamento. Questo non è formativo”. – «Abbiamo scoperto che è un metodo di protesta eccezionale e molto comunicativo: le persone, interessate, chiedevano ulteriori spiegazioni e quasi sempre si complimentavano. La delegata del FAI invece non la pensava allo stesso modo: ha provato a strappare il cartellino ad una ragazza, ci ha minacciati addirittura di non ammissione all’esame, dicendo che stavamo infangando le giornate FAI, che sarebbe stato meglio se ce ne fossimo andati, che quello non era sfruttamento». Sul posto vengono chiamati Preside e professori, in un crescendo di discussioni.
Il giorno successivo, riportano sempre gli studenti, «La stessa delegata FAI è venuta a scuola a raccontare l’accaduto e a pretendere provvedimenti disciplinari. Alla docente tutor è stato detto di essere un’incapace e di non aver saputo gestire la situazione, e che i cartellini avrebbe dovuto farceli togliere subito. I nostri professori sono stati chiamati dalla preside e ci è stato comunicato che tutta la classe avrà una nota disciplinare e il 7 in condotta a fine anno».
Agli studenti è giunta la solidarietà da più parti. «Siamo dalla parte degli studenti in lotta contro lo sfruttamento in alternanza scuola-lavoro, senza se e senza ma» – questo il commento di Alessandro Fiorucci, resp. scuola del Fronte della Gioventù Comunista (FGC) – «Il fatto che un ente esterno si senta in diritto di mettere bocca sulla valutazione che gli studenti dovranno ricevere è emblematico di ciò che è diventata la scuola oggi. Una scuola sempre più piegata agli interessi dei privati, che ormai pretendono di interferire anche sulla didattica. Grazie all’alternanza scuola-lavoro tante istituzioni come il FAI impiegano studenti non pagati mascherati da “volontari”, in sostituzione dei professionisti dei beni culturali. Questa alternanza è un danno non solo per gli studenti costretti a lavorare gratis, ma per tutti, perché finisce per ridurre complessivamente la qualità dei servizi offerti. Siamo pronti a mobilitarci al fianco degli studenti, contro l’arroganza di chi vuole punire una protesta legittima con sanzioni del tutto smisurate e campate in aria».