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Sapienza, le imprese entreranno negli organi dell’università?

La didattica e tutti gli aspetti ad essa strettamente connessi sono regolati, in ogni dipartimento, da uno specifico organo, il Consiglio d’Area Didattica (CAD) composto da docenti e qualche studente. Nelle prossime settimane sarà discussa all’interno del CAD di Ingegneria Elettronica alla Sapienza di Roma la costituzione di un Comitato d’Indirizzo, organo che, secondo la visione dei proponenti, dovrebbe agire parallelamente al primo e costituire un tavolo strutturato di lavoro al fine di modellare l’offerta formativa sulla base delle istanze di “portatori esterni di interesse”. Se ne venisse approvata la costituzione vi siederebbero 5 rappresentanti per i docenti, un solo rappresentante per gli studenti e fino a 10 esponenti di grandi imprese, tra le quali ad oggi hanno dato disponibilità Leonardo (già Finmeccanica), Fincantieri, Elettronica e ST Microelectronics. Risulta chiaro chi siano i portatori d’interesse dalla composizione proposta per il Comitato.

Il Comitato d’Indirizzo che dovrebbe, a detta del CAD, svolgere funzioni esclusivamente consultive in realtà andrà necessariamente ad influenzare le decisioni del Consiglio d’Area, intenzionato a tenere in considerazione le sue deliberazioni. Queste, in virtù della sua composizione, saranno forzatamente indirizzate nell’esclusivo interesse delle aziende private, mettendo come sempre in secondo piano quello degli studenti. I dirigenti d’azienda non sono infatti interessati ad intervenire nell’università per il bene degli studenti o del progresso scientifico, ma solo a sfruttarne le potenzialità formative a vantaggio delle imprese che essi rappresentano. Le aziende, come sempre, non sono mosse dalla volontà di agire in favore gli studenti ma da quella di massimizzare i loro profitti. Ma il CAD potrebbe non tenere conto dei suggerimenti, peccato che, a causa delle logiche favorite dall’autonomia universitaria, l’ateneo svolge ricerca anche per conto di enti privati. Diversi docenti sono coinvolti in tale ricerca o in altre tipologie di partnership o progetti (anche esterni all’università) con aziende, hanno cioè il piede in due staffe e sarebbero predisposti ad assecondare le richieste del Comitato, magari vincolanti al fine di ottenere fondi per la ricerca o altre collaborazioni. Questo rende nei fatti la natura del Comitato non più consultiva, ma capace di incidere a tutti gli effetti sulle deliberazione del CAD.

È necessario comprendere quali siano i vantaggi che le imprese intendono trarre dall’intervento sulla didattica universitaria. Normalmente a seguito della laurea sono le aziende a formare i propri dipendenti, investendo sulle loro competenze e fornendogli una preparazione specifica per il lavoro che dovranno svolgere. Invece il dipartimento di Ingegneria Elettronica, così come gli altri, propone una formazione di ampio respiro in questo campo, che copre vari settori nei quali gli studenti potranno lavorare una volta completati gli studi. Il Comitato invece non farebbe che spingere per una maggiore settorializzazione delle conoscenze fornite sulla base della richiesta di mercato delle  imprese rappresentate. Insomma la creazione di questo organo darebbe ai privati la possibilità di utilizzare l’università pubblica come “corso di formazione aziendale”, scaricando così sulla collettività e sugli studenti stessi spese che altrimenti spetterebbero a loro. In oltre offrire una minore preparazione di base agli studenti vuol dire metterli in seria difficoltà nel caso non venissero assunti da quelle aziende che ne hanno dettato la formazione (o nel caso un domani decidessero di cambiare ambito lavorativo).

In quest’ottica vanno considerate anche le ricadute dal punto di vista occupazionale e contrattuale. Se una preparazione fondata sulle esigenze di una certa azienda non necessariamente coincide con quella richiesta da un’altra impresa, anche all’interno di uno stesso settore, allora una formazione così orientata renderebbe i futuri lavoratori ancora più ricattabili. Infatti una volta formati molti più studenti di quanti se ne intendano assumere, consci della difficoltà nel cercare lavoro altrove, questi non possono che essere in più forte competizione per quei pochi posti. Così si genera non solo una competizione al ribasso sui salari ma anche la disponibilità ad accettare peggiori condizioni contrattuali, entrambe le cose certo non fanno dispiace ai padroni. L’aumento della competizione tra gli ingegneri stessi, tendenza nei fatti già caldeggiata durante il periodo universitario, nel quale la cooperazione invece di essere favorita viene ostacolata, in accordo con l’individualismo dominante in questo sistema.

L’intromissione di agenti terzi all’interno dei percorsi universitari pubblici non è in realtà cosa nuova a livello nazionale. Ad esempio l’ateneo di Trento incarna molto bene il modello di università-azienda: i finanziamenti statali sono stati ridotti e le principali entrate dell’Università si basano su vari progetti di collaborazione con privati, mediati dalla fondazione Bruno Kessler. Uno dei fiori all’occhiello della fondazione è la creazione del laboratorio Eledia, nei pressi dei dipartimenti d’ingegneria dell’università, progetto di cui sono partner, tra le altre[1]: Leonardo, Thales Group, Elettronica Group, Vitrociset e Selex; società multinazionali o facenti parte di gruppi multinazionali, coinvolte nella fabbricazione di droni militari e sistemi di sorveglianza. Per avere un’idea dei modelli d’impresa di queste aziende basta controllare uno degli obiettivi della Thales Group nella sezione “difesa”[2]: «Dare alle varie forze piena capacità d’azione nel momento in cui vengono affrontati momenti decisivi. Con ogni mezzo». Attualmente hanno la possibilità di utilizzare il laboratorio Leonardo e Selex, entrambe aziende esportatrici di armi dall’Italia.

Anche alla Sapienza vi sono già ad oggi esperienze di collaborazione a vari livelli dell’Università con imprese private, e spesso si svolgono nell’ateneo eventi che presentano le aziende e le loro politiche con toni encomiastici. Tra i numerosi casi vi è quello di ENI ad Ingegneria Energetica che, per esempio, lo scorso 19 aprile ha ospitato una conferenza il cui oggetto era “il contributo di ENI nella transizione energetica verso un futuro low carbon“. La grande multinazionale è stata presentata come paladino delle energie pulite per via della propria proposta in sede europea di istituire dazi e sanzioni per le imprese che usano il carbone[3]. In verità il motivo per cui ENI si è fatta promotrice di una simile proposta, insieme ad altri colossi europei nel settore energetico, risiede nel fatto che i suoi investimenti nel mercato del carbone sono inferiori rispetto a quelli di molte società concorrenti. Si deve infatti tenere presente che ENI, secondo uno studio della Thomson Reuters del 2017, è la 14ª impresa al mondo per emissione di gas serra, a testimonianza di come le sue mosse non siano dovute a una lodevole attenzione per l’ambiente, ma siano tese solamente a scalzare concorrenti con maggiori investimenti nel carbone.

Tornando al caso di Ingegneria Elettronica, a prescindere dalle posizioni portate avanti, questo argomento avrebbe necessitato di un’adeguata campagna informativa da parte del CAD, cosa che non è avvenuta, al punto che buona parte degli studenti non era o non è tuttora a conoscenza dell’oggetto della futura seduta del Consiglio d’Area. Considerato che il compito dell’università non dovrebbe essere quello di garantire manodopera a minor costo alle imprese private o di aumentarne i profitti, ma di formare professionisti sulla base delle necessità collettive, i rappresentanti degli studenti nel CAD hanno già annunciato la propria opposizione a maggioranza assoluta in fase di discussione sulla costituzione del Comitato d’Indirizzo.

La criticità dovuta alla creazione del Comitato non deve essere considerata come una questione circoscritta esclusivamente ad Ingegneria Elettronica della Sapienza: infatti il CAD di Ingegneria Elettronica potrebbe essere preso a modello, qualora questo “esperimento” fosse giudicato soddisfacente, spingendo altri Consigli d’Area Didattica afferenti al Dipartimento e alla Facoltà di cui fa parte Ingegneria Elettronica a creare organismi analoghi. Va inoltre considerato che la Sapienza è tra le università più importanti del paese, di conseguenza un’iniziativa considerata positiva potrebbe essere riproposta anche in altri atenei.

[1] http://eledia.science.unitn.it/index.php/trasferimento-tecnologico/industrial-partners

[2] https://www.thalesgroup.com/en/defence

[3] https://www.nytimes.com/2015/06/07/opinion/the-case-for-a-carbon-tax.html

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