*di Lorenzo Vagni
Solo pochi giorni dopo le elezioni europee iniziano a manifestarsi le prime conseguenze dei loro verdetti. Se da una parte la vittoria della Lega e il crollo del Movimento 5 Stelle preannunciano un riassetto degli equilibri all’interno della maggioranza, fino ad una possibile caduta del governo e all’indizione di elezioni anticipate, anche all’interno delle opposizioni si cominciano a vedere tentativi di alleanze e di intese in vista di questo possibile scenario, con il Partito Democratico che mira, alla luce del sorpasso sul M5S, ad accreditarsi come unica alternativa alla destra.
Per quanto riguarda le forze “minori”, si è assistito in Italia alla disfatta elettorale dell’area immediatamente alla sinistra del PD: la lista “La Sinistra”, ennesimo ricettacolo nato appena prima della consultazione e composto anche da esponenti legati in maniera più o meno evidente con il PD (tra cui Corradino Mineo e Silvia Prodi), si ferma infatti all’1,75% dei voti, ben al di sotto del 4,03% ottenuto da L’Altra Europa con Tsipras alle europee del 2014 e del 3,39% di Liberi e Uguali alle politiche 2018. Il risultato negativo dalla lista di sinistra rientra nella più ampia tendenza all’arretramento sul piano continentale delle organizzazioni afferenti all’area del Partito della Sinistra Europea e della sinistra riformista nel suo complesso.
Proprio nell’area della sinistra, rimasta per la prima volta in Italia priva di rappresentanza, emergono dissidi a seguito della disfatta alle urne. Un esempio di questo è l’intervista che Nicola Fratoianni, il quale come segretario di Sinistra Italiana rappresenta nei fatti la figura centrale della coalizione, ha rilasciato al Manifesto in data 29 maggio.[1]
Risalta subito come l’esponente di SI, analizzando le cause della sconfitta, non metta mai in discussione i contenuti politici della sua lista, ammesso che siano esistiti in maniera chiara e univoca, elencando invece quali cause del risultato negativo la costruzione tardiva della lista e la logica del voto utile. L’elemento centrale della narrazione di Fratoianni è però il richiamo alla difesa dall’”onda nera” che sta colpendo il paese; non solo Fratoianni si guarda bene dall’individuare e denunciare la cause che hanno portato alla crescita delle destre, ossia gli anni di politiche antipopolari condotte dai governi di centro-sinistra, ma con la scusa di volerle arginare torna ad aprire ad una possibile alleanza con il PD. Fratoianni auspica perfino che una coalizione a guida PD riesca ad attirare al suo interno il M5S:
«Gli elettori hanno scelto chi sentivano più efficace per fermare le destre. Ci hanno considerati insufficienti e poco credibili. […] Il voto ci pone un’altra questione: collocare lo sforzo di ricomposizione e rigenerazione dentro la costruzione di un’alternativa alle destre. Il nodo non può essere più aggirato. Non possiamo chiuderci fra noi dicendo che abbiamo ragione ma non ci hanno capiti. Senza rinunciare ai nostri valori e contenuti, occorre dichiararsi pienamente coinvolti dalla richiesta che viene dal paese: costruire un’alternativa a una destra che raggiunge il 50 per cento e in cui la destra radicale sta sul 40. […] Un’alternativa concreta non può limitarsi alla riproposizione di schemi vecchi. Tanto meno il centrosinistra. Serve rivolgersi ai 5 Stelle e favorirne il cambio di prospettiva. Per tirarlo dentro questo campo».
Nel definire il campo di alleanze che il suo partito sarebbe disposto ad accettare, Fratoianni arriva ad aprire persino a Carlo Calenda, pur definendolo un “centrista“:
«Sarebbe persino una buona notizia se nascesse una forza centrista. Ognuno fa il suo mestiere e organizza pezzi di società. […] Se il tema è la costruzione di un’alternativa la discussione si fa tra diversi. […] Sarebbe un errore se fosse così [se si ponessero pregiudiziali sull’alleanza con il PD; n.d.r.]. Lo dico qui e lo dirò all’assemblea del 9 giugno. Non ho cambiato giudizio sul PD e sui suoi governi. Ma non possiamo non misurarci con la realtà».
Dalle parole di Fratoianni riemergono vecchie logiche, risalenti ai tempi dell’antiberlusconismo, che si sono rivelate fallimentari, arrivando molte volte se possibile anche a rafforzare i governi di centro-destra, e che hanno portato alla nascita di governi antipopolari al pari di quelli che si diceva di voler contrastare. Sinistra Italiana cala in questo modo la maschera d’ipocrisia che aveva indossato, ossia l’opposizione di facciata ai governi a guida PD mentre allo stesso tempo il partito governava con questo nelle regioni e in molti comuni. Perfino le argomentazioni che Fratoianni utilizza per attaccare il governo M5S-Lega mettono in luce l’incoerenza di questo partito: in un post di ieri (30 maggio), il segretario di SI attacca la Lega, affermando che questa vorrebbe «il rilancio delle grandi opere, a danno di territori e di una politica di investimenti che deve avere altri obiettivi».[2] Potrebbe sembrare un discorso sensato, se non fosse che Sinistra Italiana sia tra i partiti della maggioranza uscente che ha appoggiato alla Regione Piemonte Sergio Chiamparino, tra i maggiori promotori della TAV.
Lo stesso discorso permette di smascherare l’ipocrisia di un’altra delle liste “di sinistra” in corsa alle elezioni europee, ovvero quella dei Verdi: infatti, proprio la Federazione dei Verdi, che pubblicamente si definisce contraria al progetto della Torino-Lione, si è presentata alle elezioni regionali nella lista unica Liberi, Uguali, Verdi proprio con SI e in coalizione con il PD a sostegno di Chiamparino.
Tra le altre liste a sinistra del PD, già nel mese di aprile Articolo Uno, un altro dei tre partiti che insieme a SI e Possibile aveva costituito LeU, aveva formalizzato l’intenzione di tornare anche formalmente in coalizione con il Partito Democratico, dopo averne sostenuto senza riserve, se non su elementi del tutto marginali, le politiche di governo. A questo si aggiunge l’annuncio, il 18 maggio scorso, del presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, di voler tornare ad iscriversi al PD.[3]
Apertura al PD arriva anche dal sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, il quale si dice disposto a dialogare in funzione di contrasto alla Lega con lo stesso PD, con il M5S, con i partiti centristi e perfino con quelli della destra moderata.[4]
La retorica della presunta “svolta a sinistra” praticata da Zingaretti alla guida del PD, che in realtà rappresenta un’operazione puramente propagandistica e che cela la continuità con la segreteria di Matteo Renzi,[5] ha permesso a una sinistra in crisi di consensi di riesumare una già sperimentata fraseologia che chiami all’unità contro l’avanzata delle destre: lo spauracchio dell’”onda nera” serve infatti ad occultare le pesanti responsabilità del centro-sinistra nell’aver condotto le peggiori politiche filopadronali e nell’aver così permesso alla destra stessa di presentarsi come forza anti-sistema. Va al contrario ricordato sempre come sia impossibile l’unità tra chi sostiene gli interessi dei lavoratori e chi si è reso invece portavoce degli interessi dei padroni e delle banche, e che una proposta di unità con forze di questo tipo va pertanto rigettata con forza. Solo dall’organizzazione autonoma delle masse popolari può infatti nascere un’effettiva opposizione tanto alla destra reazionaria quanto alla sinistra borghese.
Note
[1] Da Fratoianni: «Ora anche la sinistra si impegni nell’alternativa all’onda nera», ilmanifesto.it, 29 maggio 2019.
[2] Dal post di Nicola Fratoianni.
[3] Da Enrico Rossi: “Ho deciso, rientro nel Pd, la sinistra deve riunirsi”, repubblica.it, 18 maggio 2019.
[4] Da Regionalismo, de Magistris: “Progetto eversivo”. De Luca: “L’autonomia si fa a modo nostro”, repubblica.it, 29 maggio 2019.
[5] Per approfondire: Zingaretti: cronaca di un grande bluff, Senza Tregua, 3 marzo 2019.