Nel campeggio “Guerrilla 2019” del Fronte della Gioventù Comunista erano presenti le gioventù comuniste di Grecia, Spagna e Turchia per un seminario internazionale sui temi della difesa dell’ambiente e dei cambiamenti climatici. Un importante momento confronto per discutere sulle strategia comune della gioventù comunista. Di seguito il testo dell’intervento della Gioventù Comunista di Grecia (KNE)
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Cari compagni,
la Gioventù Comunista di Grecia (KNE) partecipa ancora una volta, con grande piacere, al campeggio Guerrilla del Fronte della Gioventù Comunista, giunto alla sua sesta edizione. Le attività congiunte delle nostre organizzazioni in tutti questi anni, la cooperazione bilaterale basata su principi e obiettivi comuni, la continuità e coerenza della vostra attività che assicura un prestigio crescente agli occhi della gioventù italiana e anche a livello internazionale tra le altre organizzazioni della gioventù comunista, ci permette di continuare in modo ancora più deciso e sviluppare ulteriormente la nostra lotta comune, per scambiare esperienze riguardanti questioni importanti degli sviluppi politici e della nostra lotta.
Compagni, permettetemi di esprimere la nostra posizione sul seminario di oggi, prendendo in considerazione la discussione nei nostri paesi e il fatto che la protezione dell’ambiente preoccupa sempre più giovani.
Cari compagni, la crescente frequenza con cui avvengono eventi climatici estremi non può essere spiegata esclusivamente dal cambiamento climatico naturale. Negli ultimi anni, infatti, ci troviamo davanti a grandi inondazioni, ondate di calore più durature e più intense e anche ondate di grande freddo in alcune regioni del pianeta.
Ovviamente non tutti soffrono questi eventi allo stesso modo. I poveri e i lavoratori a basso reddito si trovano in una posizione peggiore, spesso non protetti di fronte a questi eventi climatici contrariamente a chi guadagna ed è avvantaggiato dalla produzione capitalista, anche se è il sistema capitalista stesso che è caratterizzato dall’anarchia nella produzione e il profitto come unico criterio che contribuisce fortemente al cambiamento climatico. L’interesse che i governi borghesi dimostrano non è, ovviamente, una totale ipocrisia ma è interessante notare che questo interesse sia limitato alle conseguenze del cambiamento climatico sull’accumulazione del capitale o sulla fondazione di nuovi settori per investimenti redditizi, e che finisca quando la redditività del capitale è limitata o quando si aprono nuove prospettive che possono aumentarla come risultato prodotto dal cambiamento climatico.
E’ la politica dell’Unione Europea dell’analisi costi-benefici che determina che i soli progetti infrastrutturali (anti-inondazioni, anti-terremoti) da realizzare siano quelli che contribuiscono alla redditività del capitale, e ciò porta a morti, distruzione di proprietà, produzione agricola e bestiame quando ci sono intense, se non estreme, condizioni ambientali. Lo stesso vale per il crescente pericolo di incendi come conseguenza del cambiamento climatico degli ultimi anni, che non può essere affrontato dall’attuale politica forestale che declassa la protezione dei boschi e la protezione civile.
Allo stesso tempo, la commercializzazione della terra porta all’anarchia urbana che rende ancora più difficile affrontare un possibile incendio e in molti casi porta alla riclassificazione del terreno per uso civile. Questi sono i principali fattori responsabili per l’incendio nella località di Mati della scorsa estate, che ha causato 100 morti, e l’alluvione nell’area di Mandra. In queste zone, il pericolo di un possibile disastro di questa portata è stato previsto molto tempo prima, ma le opportune precauzioni sono state continuamente rinviate perchè sconvenienti e non redditizie.
Sia in Grecia che in Italia, il patrimonio naturale è sacrificato e messo al servizio del profitto dei capitalisti del settore edile e turistico, e da ciò consegue l’inquinamento dell’ambiente e lo sfruttamento economico dei mari.
Inoltre, le conseguenze del riscaldamento globale come lo scioglimento dei ghiacci nel circolo polare artico attivano la mobilitazione degli stati capitalisti più potenti del mondo, non solo per sfruttare le risorse naturali che si trovano lì ma per creare nuove rotte commerciali. Un tipico esempio è la creazione della rotta da parte del monopolio danese Maersk, i piani geostrategici di Stati Uniti e UE, i piani della Cina per la nuova via della seta e quelli della Russia per la connessione del Mar del Nord con l’oceano Atlantico. E’ perfettamente chiaro il fatto che l’unico interesse in questi casi di disastro ambientale sia quello degli antagonismi intra-imperialistici.
Nell’ultimo periodo, tutte le organizzazioni internazionali e i loro mezzi di propaganda stanno utilizzando la stessa tattica: presentano la protezione dell’ambiente come un caso di responsabilità personale, incolpando abitudini quotidiane come l’uso della plastica e glorificando altre come il riciclaggio dei rifiuti o la riduzione della cosiddetta impronta ecologica individuale. Argomentazioni come quelle appena citate possono essere definite almeno come provocatorie quando vengono accompagnate da politiche di riduzione se non esenzione di tasse a favore di industrie ad alta intensità energetica e armatori che sono i responsabili numeri uno dell’inquinamento dei mari. Inoltre nell’UE, la possibilità di comprare la percentuale di inquinanti in eccedenza rispetto alla quota massima è stata prevista dalla legislazione europea già ormai da anni. Questo opzione è considerata sempre più vantaggiosa dai governi borghesi rispetto al prendere misure contro l’inquinamento dell’ambiente. L’azienda italiana FIAT, utilizzando la legislazione in vigore, riesce ad evitare sanzioni che sarebbero imposte per non aver adeguato la propria produzione agli standard internazionali semplicemente trasferendo 2,4 miliardi a Tesla per dividere la propria “impronta ecologica”.
Le fonti rinnovabili e la green economy che alcuni governi borghesi e le loro alleanze predicano in tutto il mondo non sono altro che un grande campo di investimenti e profittabilità, che spesso ha conseguenze sproporzionate sui salari e le condizioni di vita dei consumatori, senza riuscire a risolvere il problema dato che l’energia rimane una merce.
Miliardi di euro vengono elargiti dallo stato ai monopoli dell’energia del nostro paese per creare parchi eolici e fotovoltaici e poi ricomprare l’energia da questi come consumatori ad un prezzo più alto di quello odierno. Ovviamente la costruzione di questi parchi non prende minimamente in considerazione né la qualità della vita dei residenti delle zone limitrofe né la sensibilità degli ecosistemi, dal momento che vengono concesse licenze per parchi eolici anche in aree protette dal progetto europeo “natura”. Allo stesso tempo, le tecnologie ecologiche per gestire gli inquinanti delle già esistenti centrali a lignite non vengono utilizzate perchè non offrono profitto al capitale privato.
Da comunisti, non siamo sorpresi da questi avvenimenti. Milioni di giovani nel mondo sono preoccupati dal cambiamento climatico intuendo che la protezione dell’ambiente costituisce un bisogno contemporaneo. Questo bisogno, tuttavia, – e questa è la realtà – non può essere soddisfatto in questo sistema. I governi e meccanismi borghesi stanno cercando di manipolare questa preoccupazione giusta e legittima e la volontà dei giovani di contribuire alla soluzione del problema utilizzando dei movimenti guidati da loro e attività che finiscono per essere utilizzate nelle contraddizioni inter-monopolistiche o -nel miglior caso- per riempire i vuoti lasciati dello stato stesso approfittandosi della buona volontà dei giovani disposti a contribuire come volontari. In Italia, per esempio, gli eredi dei governi Prodi e D’Alema che non hanno esitato a bombardare la Jugoslavia con tonnellate di uranio, uccidendo persone innocenti, distruggendo terre e devastando l’ambiente, stanno cercando di presentarsi come protettori dell’ambiente contro gli annunci provocatori del politico di destra Salvini (incluso quelli sull’ambiente), irrealistici per permettere ai monopoli italiani di non perdere la propria competitività.
L’ascesa del partito verde europeo non porta niente di positivo per i popoli europei, sia a livello generale che per quanto riguarda l’ambiente. Essa riflette la tendenza dei monopoli più forti in Europa di investire in modo massiccio nel settore dell’energia. E’ importante ricordare la loro posizione rispetto a diverse questioni fondamentali degli ultimi anni, il fatto che, insieme agli altri eurogruppi, sono stati i responsabili dell’ambiente barbarico nei luoghi di lavoro, l’incubo che milioni di giovani vivono in Europa. Sono sempre stati tra i più fanatici sostenitori dell'”integrazione europea”, con tutte le conseguenze negative che derivano per i popoli. Non sono mai stati assenti quando c’era il bisogno di votare in favore di una legge antipopolare e antioperaia dell’Unione Europea. Si sono allineati diverse volte con le forze più reazionarie nell’isteria anticomunista. L’esempio più tipico è il loro voto a favore della risoluzione vergognosa intitolata “coscienza europea e totalitarismi” che hanno co-redatto, insieme alla promozione della politica estera e di sicurezza comune.
Cari compagni, negli ultimi anni in cui l’essere arrivati ad un vicolo cieco è un fatto sempre più ovvio, compreso per quanto riguarda l’ambiente, c’è un tentativo architettato per diffamare l’unica soluzione possibile, il socialismo-comunismo. Parte di questo tentativo è la serie TV Chernobyl, prodotta in Grecia oltre che in altri paesi, che indica come responsabili del disastro la pianificazione centrale e il metodo di produzione socialista, nascondendo che fu proprio l’indebolimento della pianificazione centrale a portare alla burocrazia, al carrierismo e ai ritardi nella produzione. Tuttavia, non hanno potuto nascondere il fatto che i meccanismi statali fossero pronti ad affrontare tali disastri, senza aver bisogno di fare calcoli sui costi, e anche il sacrificio eroico di migliaia di cittadini dello stato socialista. La realtà storica prova che il sistema socialista è stato il sistema più progressista che l’umanità abbia mai conosciuto. Ciò vale anche per gli ultimi cinque anni prima dello stravolgimento e la deviazione dai principi del metodo di produzione socialista.
La nostra proposta politica -la proposta dei comunisti- è l’unica che affronta il problema in maniera completa, l’unica che lo affronta alla radice, facendo emergere il potenziale della pianificazione centrale della produzione basata sulle necessità del popolo, opposta all’anarchia che domina oggi. Una produzione che non sacrifica la salute delle persone e l’ambiente per il profitto dei monopoli. Con la nostra attività possiamo dimostrare che la gioventù ha la possibilità di fare propria la causa della protezione dell’ambiente. Ciò non vuol dire che dobbiamo sostituirci alle infrastrutture statali mancanti. Iniziative come quelle intraprese dalla KNE negli scorsi anni in periodi ad alto rischio, come formare squadre per proteggere i boschi intorno ad Atene dagli incendi o il parco Tritsis che ospita il nostro festival ogni anno e rappresenta uno dei pochi boschi di Atene. Allo stesso modo, non possiamo essere solamente spettatori delle conseguenze del cambiamento climatico e delle mancanze terribili dello stato. Gli esempi delle zone di Mati e Madra sono recenti. I membri del KKE e della KNE sono stati in prima linea nell’organizzazione della solidarietà, sono stati le guide nella direzione dei sindacati di classe per far sì che la solidarietà sia una questione di tutta la classe operaia.