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Perché il ministro Fioramonti si è dimesso?

L’annuncio delle dimissioni del ministro dell’istruzione, Lorenzo Fioramonti, ha suscitato un curioso dibattito tra le forze di Governo. Aveva dichiarato fin da settembre, all’inizio del suo mandato ministeriale, che senza 3 miliardi di euro in più all’istruzione avrebbe abbandonato l’esecutivo. Se da una parte il Movimento Cinque Stelle, il partito dell’ex-ministro, lo sta duramente criticando, dall’altra le forze di centro-sinistra lo sostengono in modo unanime, applaudendo ad una certa “coerenza” nel gesto. Un sostegno alquanto singolare in quanto PD e Leu, che elevano a icona il ministro, sono le stesse forze responsabili della manovra economica 2020, che non prevede nessun reale aumento di fondi per la scuola pubblica. Rappresentato come colui che credeva sinceramente in un’istruzione diversa, ci chiediamo chi è davvero quest’uomo e cosa rappresentano le sue dimissioni.

In primo luogo la mancanza di fondi alla scuola pubblica era un dato non solo intuibile ma già previsto nelle manovre precedenti, ancora prima dell’insediamento ministeriale a settembre. Al mese di ottobre nella nota di aggiornamento del DEF, il Governo PD-5S-Leu scriveva nero su bianco che non ci sarebbe stato nessun aumento di fondi alla scuola. Inoltre la manovra 2019, firmata Lega-5Stelle, ha previsto ben 4 miliardi di euro di tagli all’istruzione pubblica per il triennio 2019/21, oggetto delle manifestazioni degli studenti della scorsa primavera. Quando quella manovra veniva approvata Lorenzo Fioramonti occupava niente meno che il ruolo di vice-ministro all’istruzione del Governo “Conte I”.  Perché non ha dato le dimissioni allora? Dov’era quando gli studenti sono scesi in piazza per rivendicare il ritiro dei tagli?

Alla luce di questa situazione l’aut aut del ministro rappresentava, come i fatti ce lo dimostrano oggi, niente meno che una presa in giro per gli studenti, che in diverse città italiane, durante le manifestazioni autunnali di quest’anno, ne hanno chiesto le dimissioni immediate mettendo in luce la falsità di tali affermazione.

Il ministro non è privo di responsabilità rispetto alle politiche di attacco alla scuola pubblica. Infatti non si è fatto scrupoli ad approvare la nuova alternanza scuola-lavoro, scritta dal leghista Bussetti, che prevede un rafforzamento dei poteri delle aziende negli stage, un’ulteriore diminuzione dei diritti degli studenti sui luoghi di lavoro. Ha approvato e sostenuto la riforma della maturità, introducendo in modo obbligatorio le prove INVALSI per l’Esame di Stato e non ha alzato dito contro i nuovi aumenti dei costi della scuola che portano l’Italia a essere uno dei paesi europei con il più alto tasso di abbandono scolastico.

In secondo luogo in questo dibattito dobbiamo tenere conto degli equilibri di Governo. Il Movimento Cinque Stelle perde consensi in tutto il paese, e la sua forza parlamentare è sempre più contestata per via della mancanza di sostegni elettorali concreti. Una caduta libera in termini di consensi che potrebbe concretizzarsi con una sconfitta alle elezioni regionali in Emilia Romagna, domenica 26 gennaio. Non stupiscono i forti dissensi interni dei Cinque Stelle, con il centro-sinistra e il centro-destra che inseriscono sempre maggiori elementi di pressione per assorbire forze da quell’area. In questo contesto si inserisce l’appoggio delle forze di sinistra del Governo alle dimissioni del Ministro. Un sostegno che svela l’incoerenza di quei partiti (PD-Leu), gli stessi che hanno scritto la manovra che prevede una quantità di fondi insufficiente per la scuola se non anche una diminuzione complessiva. Un appoggio dunque non disinteressato che ha portato il PD, dopo le dimissioni, ad ottenere lo sdoppiamento del ministero dell’Istruzione, nominando Gaetano Manfredi all’Università e alla Ricerca, figura vicina al centro-sinistra.

Ma in ultima istanza il fattore più importante del dibattito risulta essere la proposta politica in gioco. Le dimissioni di Fioramonti sono veramente legate ad una questione di principio? Perché se da una parte il Governo conferma la sostanziale continuità con gli esecutivi precedenti, con una manovra economica peggiorativa fatta sulle esigenze dell’Unione Europea e dei grandi settori del capitale la proposta del ministro Fioramonti svela l’altra faccia della medaglia. L’ex ministro sostiene maggiori finanziamenti alla scuola ma proponendo metodologie per reperire i fondi tutt’altro che vicine agli studenti, tanto meno ai lavoratori. La prima proposta dell’ex-ministro per i finanziamenti è l’aumento dell’IVA, l’imposta indiretta sui beni e servizi, una misura che non tiene conto della differenza dei redditi e che impone una tassazione uguale quantitativamente a tutti i cittadini. Un provvedimento che verrebbe interamente pagato dalle tasche dei lavoratori che già oggi garantiscono la stragrande maggioranza del gettito fiscale delle casse dello Stato. Un’altra proposta è l’introduzione dell’8×1000 per l’edilizia scolastica, una nuova misura per spostare il finanziamento ordinario delle scuole dallo Stato ai singoli cittadini che potranno decidere se e come finanziare singole scuole, relegando la tutela dell’edilizia scolastica alla contribuzione volontaria dell’individuo. Non sorprende neanche il forte impegno del ministro nell’appoggiare i finanziamenti diretti delle aziende alle scuole, sul modello degli “School Bonus” di Renzi. Il ministro intervenuto il 22 novembre scorso a Rivoli (To) non ha esitato a definire le scuole medie torinesi “Pascoli” e “Fermi” finanziate da Fondazione Agnelli e Compagnia di San Paolo (rispettivamente detenute dal colosso delle automobili FCA e la banca Intesa-San Paolo) come un modello da seguire.

Una scuola pubblica tutta finanziata da contribuzioni specifiche oppure dai finanziamenti dei privati, che piegano la didattica ai propri interessi di profitto, ecco il modello d’istruzione per l’ex-ministro Fioramonti. Un ministro responsabile di duri provvedimenti nei confronti degli studenti, che non ha alzato dito contro i problemi concreti delle scuole italiane. Sotto la maschera dell’uomo giusto e coerente si nascondono gli stessi interessi di chi vuole una scuola pubblica asservita alle necessità delle imprese.

Gli studenti già conoscono questo genere di politiche per reperire i finanziamenti pubblici, e il risultato è sotto gli occhi di tutti. Nuove forme di finanziamento, come i contributi scolastici nelle scuole, si trasformano in fin dei conti nel grimaldello per diminuire l’impegno dello Stato per la scuola pubblica, e il saldo finale rimane sempre lo stesso. Scuole che vanno a pezzi, didattica dequalificata e un’istruzione sempre più cara. Una proposta che non si discosta assolutamente dalla manovra del governo PD-5Stelle e dalla diminuzione di finanziamenti alla scuola pubblica.

Dimissionario non tanto per questioni di principio ma per dinamiche interne al Governo, sostenitore di un modello di scuola pubblica figlio della Buona Scuola, responsabile di politiche anti-popolari, possiamo aspettarci che Fioramonti non sparisca dalla politica nazionale. Ma una cosa è sicura, se gli studenti non hanno nulla da vincere nella beatificazione della sua figura, nulla dobbiamo aspettarci dai nuovi ministri di questo Governo.

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