L’attacco degli Stati Uniti che ha portato all’uccisione di un importante generale iraniano è un atto di guerra che rischia di precipitare l’umanità in un conflitto militare di vasta scala. La gioventù italiana e di tutto il mondo non può restare a guardare passivamente lo svolgersi degli eventi, ma deve prendere una chiara posizione contro la guerra impedendo ai propri governi di continuare e addirittura intensificare le politiche imperialiste in medio oriente e in ogni parte del mondo.
Dopo quasi vent’anni sono evidenti i risultati della politica di aggressione americana e europea all’Iraq. Nel 2003 con prove false gli Stati Uniti dichiararono unilateralmente di intervenire in Iraq per rovesciare Saddam Hussein sotto la falsa bandiera della lotta al terrorismo internazionale. In realtà lo scopo era mettere mano sui grandi giacimenti di petrolio della regione. Ogni intervento militare non solo non ha sconfitto il terrorismo, ma lo ha potenziato e rafforzato, portando distruzione e impoverimento tra le classi popolari di quei Paesi e facendo avanzare visioni reazionarie e fondamentaliste.
Oggi gli Stati Uniti aumentano la loro aggressività sul piano militare per compensare la perdita di posizioni internazionali nei confronti di Cina, Russia e delle nuove potenze emergenti a livello mondiale o regionale, come nel caso dell’Iran. La crisi di egemonia del capitale statunitense, e le sue conseguenze sugli equilibri politici sono le vere cause di questo conflitto. D’altronde la guerra è sempre stata uno strumento per gli stessi scopi: i capitalisti la usano per aumentare i loro profitti, creando false paure e obiettivi per distogliere i lavoratori e le classi popolari dalla crisi e dai suoi responsabili; i politici per aumentare il loro consenso interno, in momenti di crisi di popolarità, come accade oggi con Trump.
Ma a pagare sono sempre i popoli, i lavoratori e le nuove generazioni che saranno costrette a vivere in un mondo di insicurezza, terrore e povertà. Prima di tutto i popoli dei Paesi messi a ferro e fuoco dalle guerre imperialiste, che li privano delle loro risorse e della possibilità di un futuro dignitoso, costringendo e abbandonare le proprie terre e emigrare, a vivere sotto la minaccia costante di morte. Ma a perderci sono anche le classi popolari dei Paesi che conducono operazioni militari all’estero. Ogni soldo speso per la guerra è sottratto alle politiche sociali, all’istruzione, alla sanità alla possibilità per le classi popolari di avere un livello di vita migliore. Ogni soldo, ogni soldato impiegato rende il nostro Paese corresponsabile della guerra imperialista. I capitalisti guadagnano, i popoli perdono.
Per questo i giovani non possono restare passivamente a guadare ma devono far sentire la loro voce contro la guerra imponendo ai propri governi nazionali il ritiro delle truppe dai teatri di guerra, la non concessione delle basi militari per nuove azioni imperialiste, la riconversione dei fondi utilizzati per il sostegno al militarismo in spese sociali.
Oggi il Parlamento iracheno si appresta a chiedere agli Stati Uniti di ritirare il proprio contingente. L’Unione Europea e gli altri Paesi della Nato sono pronti a rivendicare il loro diritto di restare. L’Italia è il secondo Paese dopo gli USA per presenza militare in Iraq. Non c’è nessuna differenza sostanziale tra il lavoro che fanno i soldati italiani da quello dei soldati americani: anche la nostra è una presenza imperialista che serve solamente a difendere gli interessi dei capitalisti italiani e assicurargli la gestione di qualche concessione petrolifera.
Il Movimento Cinque Stelle aveva promesso nel suo programma elettorale il ritiro dei contingenti militari all’estero. Molti giovani avevano votato per i Cinque Stelle per queste promesse, poi tradite. Oggi, dopo anni di governo, non solo i soldati non sono stati ritirati ma si pone addirittura la prospettiva di un loro aumento. Allo stesso tempo il nostro Paese è puntellato di basi americane e Nato che potrebbero essere direttamente coinvolte nell’escalation militare voluta dagli Stati Uniti, e il governo italiano non ha preso alcuna posizione reale contro questa possibilità.
La nostra opposizione all’intervento imperialista e all’escalation militare nella regione è un duro attacco alle responsabilità degli Stati Uniti, in nessun caso un sostegno alla teocrazia reazionaria iraniana, ma non può restare su un piano di denuncia e consenso. Il nostro primo compito reale è impedire il rafforzamento della presenza imperialista del nostro Paese, chiedendo il ritiro delle truppe italiane dall’Iraq, mobilitando la gioventù in questa direzione a partire da ogni luogo di studio e di lavoro. Tutti i giovani che hanno a cuore questa battaglia devono attivarsi immediatamente in prima persona, nella propria realtà per spiegare le ragioni dell’opposizione alla guerra e di un’azione risoluta dei giovani in questa direzione. Solo la nostra azione coordinata e unita potrà spezzare la propaganda dei media che presto si getteranno a capofitto a sostenere la necessità della presenza dei soldati italiani in Iraq, giustificando ogni nefandezza e ogni escalation.
La gioventù italiana non vuole la guerra. Non un soldo, né una base, né un soldato italiano per la guerra imperialista deve essere la parola d’ordine che i giovani grideranno da ogni parte d’Italia, perché non vogliamo essere complici del massacro dei popoli per il petrolio e i profitti dei capitalisti. Perché spetta al popolo iracheno decidere il suo destino, libero da ogni intromissione e ingerenza dei capitalisti stranieri di ogni nazione. Perché la guerra imperialista non sarà mai fatta nel nostro nome.