PRATO. L’istituto tecnico Tullio Buzzi, 2000 studenti e scuola-modello per Confindustria, è finito sotto i riflettori di tutta la stampa locale. Il Consiglio d’Istituto del Buzzi dopo una lunga seduta lo scorso 21 febbraio ha bocciato, con il voto unanime degli studenti, la proposta del Preside di svendere i laboratori della scuola alle multinazionali della moda e dell’industria chimica.
L’I.T.S. Buzzi da anni è entrato in un processo di aziendalizzazione e formazione strettamente legata a grandi marchi. L’Istituto ha aperto le sue porte a multinazionali come Gucci, Armani, Saint Laurent, Chanel (per citarne alcuni) che si servono di laboratori sulla base delle proprie esigenze. I laboratori dell’istituto tecnico, vista l’importanza per le necessità delle aziende, hanno assunto perfino un nome proprio: il “BuzziLab”. In questo Lab studenti, docenti e personale assunto appositamente dalla scuola hanno svolto commissioni di analisi chimiche che hanno gonfiato il fatturato del conto terzi: 6,5 milioni di euro solo nel 2016.
Visti gli enormi profitti generati dal lavoro del BuzziLab il preside, sotto consiglio delle aziende, ha proposto di fare un ulteriore passo in avanti nell’aziendalizzazione della scuola. “La proposta presentata al Consiglio d’Istituto” – spiega Lorenzo D’Ambrosio, studente comunista e rappresentante d’istituto del Buzzi- “è stata quella di esternalizzare i laboratori del Buzzi, tramite la creazione di una fondazione alla quale la scuola parteciperebbe solo con poche azioni, per metterli ancora maggiormente a disposizione delle aziende e non incorrere nei controlli più severi presenti nel pubblico. In tutto ciò si gli studenti sarebbero privati della possibilità di fare lezione con macchinari acquistati in passato dalla scuola con spese anche ingenti. Come rappresentanti degli studenti ci siamo opposti alla completa svendita della nostra scuola alle multinazionali.»
Il dibattito sul “modello Buzzi” ha coinvolto anche la politica, con l’intervento diretto della consigliera regionale del Partito Democratico Ilaria Bugetti, che ha dichiarato: «Il BuzziLab è un esempio pressoché unico di vera integrazione tra sistema scolastico-formativo e mondo del lavoro. […] Credo che la Regione debba raccogliere il grido di allarme che giunge dalle categorie economiche e dalle aziende che da tanti anni utilizzano questa struttura.» Un pieno sostegno al modello scuola-azienda, che vede centrale il “grido di allarme” del padronato, e si inserisce nelle politiche condotte sulla scuola pubblica degli ultimi anni dei governi di centro-sinistra e centro-destra. A fronte del crescente disimpegno statale nel finanziare l’istruzione pubblica si è proposto l’impegno dei privati. In prima battuta attraverso le contribuzioni volontarie delle famiglie per finanziare le scuole e in un secondo tempo con l’impegno diretto delle aziende nei settori più lucrosi.
«Il voto del Consiglio d’Istituto che ha bocciato la svendita del BuzziLab è senza dubbio importante ma non ancora sufficiente.» continua D’ambrosio «La scuola e la didattica devono essere fatti sulla base delle esigenze degli studenti e non su quelle delle aziende che lucrano sulle nostre spalle. Continueremo a batterci contro questo modello d’istruzione che vuole vedere le scuole come la nostra essere un semplice sotto-settore di qualche multinazionale.»