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Amazon Crime: fatturati in aumento, ma lavoratori senza guanti e mascherine

Mentre le grandi multinazionali dell’e-commerce incrementano i loro fatturati per via della chiusura di esercizi commerciali e negozi sul territorio nazionale, le condizioni di sicurezza negli stabilimenti sono colpevolmente ignorate. Nel sito Amazon di Passo Corese (RI) i lavoratori sono in stato di agitazione: dopo due settimane dall’inizio dell’emergenza sanitaria mancano mascherine e guanti di protezione.

Massimo Pedretti, sindacalista, ha seguito direttamente in questi giorni i lavoratori dei siti Amazon in protesta, rilasciandoci questa intervista sulla situazione e le prospettive per i lavoratori.

I lavoratori Amazon di Passo Corese sono in agitazione per la mancanza di sicurezza. Qual è la situazione nel sito e quali sono le mancanze evidenziate dai lavoratori?

I lavoratori già da una settimana sono in agitazione per il mancato recepimento da parte di Amazon delle ordinanze ministeriali sulla sicurezza. Dopo una prima protesta la scorsa settimana sono riusciti a far sospendere i briefing motivazionali che li costringevano a stare a contatto con altre centinaia di persone, ma la situazione è rimasta critica e pericolosa soprattutto nelle aree comuni e in determinati reparti in cui i lavoratori non possono lavorare a distanza di sicurezza ed ai quali non sono state fornite neanche le mascherine di protezione. In un ambiente in cui giornalmente transitano 2000 lavoratori è inaccettabile che non si predispongano misure a tutela del lavoratore.

In questi giorni le multinazionali dell’e-commerce hanno incrementato fortemente i loro guadagni per la chiusura di molti negozi e il ricorso agli acquisti on-line, considerati più sicuri. Avete avuto percezione di questo aumento sul luogo di lavoro? 

Purtroppo si. Sono soprattutto i corrieri, unici lavoratori non indispensabili ad essere rimasti sulle strade, ad evidenziarci questa problematica, il numero di consegne è più alto ora che durante il picco natalizio e non si può dire che sia costituito da beni di prima necessità, anzi.

Quali sono state le contromosse dell’azienda alle vostre richieste? Credete siano sufficienti? 

Amazon purtroppo dialoga controvoglia sia con i sindacati che con i lavoratori stessi. La risposta alle nostre rivendicazioni è stata affidata a due sterili comunicati stampa inviati in maniera identica a tutte le rappresentanze di tutte le filiali d’Italia, in cui si poneva l’accento sull’attenzione che Amazon rivolge alla sicurezza dei suoi dipendenti.

Nonostante queste rassicurazioni le problematiche sono rimaste ed hanno costretto i lavoratori di Passo Corese ad alzare la voce, sulla scia di quelli di Torino e Piacenza.

Come hanno reagito le dirigenze sindacali, ed in particolare la CGIL alla vostra agitazione? 

Per quanto riguarda Passo Corese, Cisl e Uil, che inizialmente avevano condiviso una richiesta di intervento insieme alla Cgil, non hanno voluto aderire alla dichiarazione di astensione dal lavoro.

In Cgil, nonostante idee contrastanti sul blocco delle attività, alla fine ha prevalso la volontà di chi segue direttamente i lavoratori, che era quella di offrirgli ogni tipo di tutela, di fronte anche alla loro determinazione che li avrebbe portati a fermarsi in ogni caso, seguendo l’esempio dei colleghi di Piacenza. Era di primaria importanza quindi tutelarli ad ogni costo, aldilà di ogni altra considerazione o indicazione dall’alto.

Che giudizio dai sul protocollo firmato dai confederali e Confindustria sulla sicurezza nei posti di lavoro in questa emergenza? 

Personalmente lo ritengo ripetitivo e inutile. Lo Stato non impone nulla e si limita a suggerire, lasciando di fatto ogni decisione in mano alle aziende, in cui addirittura l’applicazione dei protocolli di sicurezza non prevede un controllore ed in cui si chiede alle Rsa/Rsu di accollarsi la responsabilità di contrastare le decisioni aziendali, tagliando comunque fuori tutti i soggetti non sindacalizzati o sotto ricatto.

Si continua a incentivare l’utilizzo delle ferie facendo di fatto ricadere sul lavoratore l’onere dell’autosostentamento nel periodo di emergenza e non si impongono linee guida sul blocco della produzione non necessaria. Anche da parte sindacale è stato completamente sbagliato l’approccio, troppo morbido e troppo accomodante nei confronti delle richieste vergognose di Confindustria.

In che modo proseguirà la vostra agitazione? 

Siamo in attesa di verificare se dopo l’esposizione mediatica che c’è stata su questa mobilitazione Amazon provvederà, come ha promesso, ad esaudire le richieste dei lavoratori, diversamente rilanceremo l’astensione dal lavoro.

La vicenda della sicurezza e le proteste operaie stanno riguardando molte aziende e siti produttivi e della logistica, ci sono casi analoghi con cui vi state confrontando? 

Si, in molti magazzini regna la paura e di fronte all’incertezza e all’immobilità delle aziende, molti lavoratori hanno reagito anche spontaneamente rifiutandosi di lavorare. Basta pensare ai corrieri, costretti a entrare in contatto giornalmente con centinaia di persone nel momento in cui si chiede agli italiani di stare a casa.

Quando questa emergenza passerà, rimarrà la questione dei costi sociali ed economici, che graveranno come sempre in larga parte sui lavoratori, sui disoccupati e sulle classi popolari. Che invito fai ai lavoratori per oggi e per domani? 

Oggi la priorità è la sicurezza, il mio invito è alla mobilitazione in tutti i luoghi di lavoro per indurre lo stato a fermare i settori produttivi non indispensabili. Per il dopo servirà serrare le fila e prepararci a nuove mobilitazioni e una stagione di lotta ancora più dura, per evitare che i costi dell’emergenza vengano scaricati come sempre sui più deboli.

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