di Tommaso Morachioli*
Nel mese di gennaio a Pisa è iniziata una mobilitazione generale degli studenti che, in pochi giorni, ha portato all’occupazione di pressoché tutti gli istituti superiori della città. La protesta rivendicava principalmente investimenti immediati per l’edilizia scolastica, per far fronte all’emergenza di edifici pericolanti che mettono a rischio la sicurezza collettiva, e ha denunciato il modello attuale d’istruzione, l’assenza di spazi e momenti di assemblea e l’alternanza scuola-lavoro che mette al centro i profitti delle aziende lasciando gli stagisti senza diritti né tutele.
A seguito di una settimana di occupazioni i presidi hanno deciso di sanzionare duramente le proteste con provvedimenti disciplinari per più di 100 studenti con sospensioni scolastiche per numerosi di essi. I presidi a seguito di numerose riforme sull’istruzione negli ultimi 10 anni, dal ddl Aprea alla Buona Scuola di Renzi, sono diventati dei veri e propri manager che possono decidere sempre più autonomamente su ogni aspetto della vita scolastica. Chiunque provi a contestare e a muovere critiche nei confronti della scuola viene attaccato sempre più duramente.
Il caso pisano sottopone all’attenzione generale il tema dei provvedimenti disciplinari adottati nei confronti di una protesta studentesca: l’occupazione di una scuola non è reato, tanto più se gli insegnanti possono entrare a scuola non interrompendo il servizio pubblico come riconosciuto da diverse sentenze della Cassazione. Nè tanto meno gli studenti sono passibili di sanzioni disciplinari collettive, infatti lo Statuto delle Studentesse e degli Studenti dice chiaramente all’art.4 comma 3 “La responsabilità disciplinare è personale”. Inoltre la protesta interna a scuola è tutelata dallo stesso statuto che dice al comma 4 dello stesso articolo: “In nessun caso può essere sanzionata, né direttamente né indirettamente, la libera espressione di opinioni correttamente manifestata e non lesiva dell’altrui personalità.”
Gli studenti pisani non hanno accettato a testa bassa questi provvedimenti. Il primo passo è stato rilanciare la mobilitazione, rispondere a queste sanzioni disciplinari immotivate, che hanno come obiettivo reprimere delle giuste istanze, con la solidarietà collettiva. Colpito un gruppo di studenti la difesa più efficace è la solidarietà di tutta la scuola. La denuncia dei provvedimenti ingiustificati arriva allora all’attenzione di tutti, gli studenti sono in grado di mettere sufficienti pressioni per ottenere il ritiro delle sanzioni.
In secondo luogo il rifiuto di questi provvedimenti arriva anche nelle sedi legali con i ricorsi agli Organi di Garanzia per far valere i propri diritti. In quelle sedi, con le giuste pressioni collettive della scuola, i provvedimenti disciplinari infondati dovranno essere rimossi.
A Pisa la battaglia non è ancora finita e la loro esperienza non è un caso isolato, in tutta Italia gli studenti subiscono sempre maggiormente casi di repressione simili. Il clima politico degli ultimi anni ha rafforzato questo elemento, a partire dal progetto Scuole Sicure e il decreto sicurezza di Salvini entrambi sostenuti dal Governo Pd-5Stelle-Leu. Le lotte e le proteste dei prossimi anni si troveranno a fare i conti con questo contesto che vede sullo stesso fronte studenti e lavoratori.
*responsabile locale FGC Pisa