È ormai da qualche settimana che il Presidente del Consiglio, nel tentativo di arginare il contagio da Covid-19, ha deciso di mettere l’Italia in quarantena, invitando tutti i cittadini a “restare a casa”. Moltissimi lavoratori, nonostante la decisione di chiudere i servizi non essenziali, sono quotidianamente obbligati a spostarsi per raggiungere il proprio luogo di lavoro. È evidente, infatti, che in pochi possano lavorare da casa tramite smart-working. Tra coloro i quali sono obbligati ad uscire ci sono i lavoratori dei trasporti pubblici, in particolare quelli del TPL (trasporto pubblico locale), che non possono restare a casa poiché forniscono un servizio essenziale.
Ne abbiamo parlato pochi giorni fa con Antonio (nome di fantasia), autista GTT, l’azienda pubblica di trasporti torinese, che ci ha raccontato cosa vuol dire lavorare in prima linea al tempo di una pandemia globale. “La situazione è grave: è evidente che le misure per tutelarci vengano prese sempre a “danno” fatto, senza riuscire sul serio a prendere delle misure di sicurezza efficaci. La decisione di chiudere la porta anteriore dell’autobus vicina all’autista è arrivata una settimana dopo l’ordinanza di chiusura delle scuole, ad esempio, e su indicazione delle organizzazioni sindacali”.
Gli chiediamo dei DPI (dispositivi di sicurezza individuali) e se per caso l’azienda li abbia forniti. La risposta è negativa: “Non abbiamo niente. Le mascherine non sono mai arrivate, quella che uso l’ho comprata io; prima ci davano un paio di guanti a testa, ma ormai sono giorni che li aspetto, sembra non ci diano più nemmeno quelli. Immagino siano finiti. Ad un certo punto l’azienda aveva parlato di fornirci delle salviette disinfettanti, ma anche quelle, come le mascherine, non sono mai pervenute”.
L’unica cosa che fornisce GTT è il gel disinfettante per le mani “Ma il dispenser si trova in deposito, e puoi riempirlo solo se ti presenti con un boccettino adatto, altrimenti ti disinfetti le mani ad inizio e fine turno. Tornando a ciò che si diceva prima, è sempre e solo grazie alle pressioni del sindacato se, da una settimana a questa parte, abbiamo ottenuto la possibilità di avere turni che iniziano e finiscono in deposito, per sanificare le vetture ad ogni inizio turno. Prima, se finivamo in linea il nostro turno, non ci davano neanche l’alcool per disinfettare il volante che aveva toccato il collega poco prima”.
Antonio ci racconta poi che il personale addetto alla sanificazione dei veicoli è ormai ridotto al minimo, a causa dei continui tagli che GTT ha operato prima dell’emergenza sanitaria. Riprende: “È inaccettabile che l’azienda ci faccia lavorare senza le misure di sicurezza necessarie, e che siano i lavoratori a farsi carico del peso, soprattutto economico, di queste”. Dice però anche: “Tutto sommato sono ancora fortunato: non faccio linee centrali o che passano vicino ai grandi mercati cittadini. Se lavorassi su quelle linee sarei sicuramente più a rischio. Oltretutto, ora che hanno anche ridotto il servizio, gli autobus sono più affollati e meno sicuri. I tagli fatti sono stati indiscriminati e attuati senza tener conto della reale affluenza delle linee”.
Sì, perché GTT per far fronte all’emergenza, oltre ad aver chiuso i centri di servizio al cliente e le biglietterie ferroviarie, si è vista costretta a ridurre l’orario di servizio: infatti, quando la Regione Piemonte ha deciso di chiudere scuole e università, il comune di Torino e l’Agenzia Metropolitana hanno, di comune accordo, disposto una prima riduzione di circa il 25% delle corse, a cui l’azienda si è adeguata; dal 18 marzo, poi, il servizio è stato ridotto ulteriormente, arrivando a ciò che oggi corrisponde all’incirca al 50% del servizio ordinario, e non solo: anche la metropolitana subirà una riduzione del servizio, arrivando ad aumentare l’attesa della vettura nelle ore di punta.
“Mi sembra paradossale – ci dice – che in questo momento si riduca in maniera così drastica il servizio, mettendo a repentaglio non solo la nostra salute, ma anche quella degli utenti, che si trovano accalcati, spesso sprovvisti di mascherine e guanti, senza poter rispettare le distanze di sicurezza minima imposte dai decreti. Molte di queste persone sono lavoratori che ogni giorno si muovono per andare a lavorare: così facendo si aumenta solamente il rischio del contagio.”
E aggiunge: “In questo momento non prenderei l’autobus da passeggero: troppo pericoloso. Sappiamo che l’azienda è obbligata a mantenere il servizio, ma ora vorremmo sicurezze e tutele. Fa rabbia che il Comune e l’Agenzia Metropolitana, in un momento simile, antepongano i propri profitti alla salute dei lavoratori e dei cittadini: invece di aumentare le corse, per diminuire il rischio di contagio, decidono di tagliare il servizio per risparmiare sulla manutenzione dei veicoli, sulle spese di esercizio e sull’erogazione degli stipendi. Pochi giorni fa poi è arrivata la notizia della cassa integrazione per noi dipendenti. Una batosta. Alla mancanza di sicurezza ora si somma anche l’incertezza che deriva dall’annuncio della cassa. C’è tanta preoccupazione, anche perché ancora non sappiamo le modalità effettive con cui l’azienda deciderà di muoversi”.
Infatti ora a spaventare gli autisti non c’è solo il rischio del contagio, accompagnato dalla totale mancanza di DPI che possano realmente tutelarli mentre svolgono quello che è un servizio essenziale, ma anche l’incertezza che deriva dall’annuncio della cassa integrazione, e la conseguente decurtazione del 20% sugli stipendi, arrivato la sera del 25 marzo: infatti, GTT, di fronte al crollo dei passeggeri e delle entrate da essi derivate, avrebbe deciso di ricorrere al fondo bilaterale di solidarietà, ovvero l’equivalente della cassa integrazione, per i suoi 4.200 dipendenti. Nella giornata del 27 marzo, a seguito delle trattative che le organizzazioni sindacali, di base e confederate, hanno portato avanti con l’azienda, abbiamo ottenuto qualche informazione circa le modalità con cui la cassa integrazione sarebbe stata attivata. La cassa è partita dal 30 marzo, a rotazione in ordine alfabetico, per nove settimane, assicurando il 20% delle giornate lavorative.