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«Turni da 12 ore e nessun distanziamento, siamo ancora nel ricatto tra lavoro e salute». Intervista a operaio ex-ILVA di Taranto

L’emergenza sanitaria di questi giorni sta facendo emergere una realtà ben definita sui luoghi di lavoro. In moltissime situazioni i diritti dei lavoratori vengono infatti sistematicamente trascurati. Spesso non vi è alcuna garanzia delle misure sanitarie che dovrebbero tutelare la salute di migliaia di persone impegnate a lavorare.  Abbiamo intervistato un operaio dell’ex Ilva di Taranto, oggi Mittal. È emersa una realtà sconcertante, inumana e non dignitosa, che tocca i lavoratori dell’industria siderurgica di Taranto.

A rispondere alle nostre domande è Giorgio (nome di fantasia), un operaio di 44 anni addetto alla manutenzione degli impianti, che assume in forma anonima il ruolo di portavoce della sua categoria.

Ci parla di “estenuanti turni di 12 ore, data la grande assenza della maggior parte degli operai per malattia da cui non si può “smontare’’ in anticipo, rischio licenziamento”. Alla domanda riguardante il dovere dell’azienda di dotare i lavoratori di apposite misure di protezione individuale ci risponde: “stiamo vivendo della minima dotazione di materiale opportuno mirante alla protezione dell’individuo’’. A questo aggiunge l’esaurimento delle mascherine di tipo FFP3, normalmente utilizzate per proteggere i lavoratori da benzopirene e micro-polveri di varia natura, “per adattarsi alle misure del decreto si stanno diffondendo mascherine di tipo chirurgico, che magari potranno diminuire il rischio di contagio, ma non sono idonee alle ore di lavoro sull’impianto”.

Inoltre, denuncia che “le pratiche di distanziamento sociale sono totalmente ignorate”. Giorgio ci fa presente che “una situazione di sovraffollamento di operai, volontaria, o imposta dalla necessità, rappresenta l’ordinarietà. I lavoratori ignorano la normativa poiché, in assenza di strumenti che ne permettano il rispetto, risulta inconciliabile con il loro tipo di lavoro. Ciò accade soprattutto a causa della noncuranza dei padroni e della mala gestione da parte dei sindacati.”

L’emergenza legata alla diffusione del Covid-19 non fa che sottolineare ulteriormente il dilemma del ricatto tra il lavoro e la salute. Infatti, “la reazione degli operai è varia: dalla paura, alla noncuranza. Una noncuranza forzata, poiché costretti a correre il rischio di ammalarsi pur di non rischiare di essere licenziati. Ricordiamo infatti che solo nello scorso mese di marzo, data la parziale chiusura degli impianti, che si dice essere definitiva, i licenziamenti sono stati molti, per non parlare poi dei molteplici casi di cassa integrazione: solo dalla chiusura dell’ACC1 vi è stato un dimezzamento dell’unità operaia, che ora conta solo 3000 lavoratori.”.

Il quattro aprile sono state revocate le limitazioni da parte del prefetto. “La maggior parte della colpa è sua [del prefetto]. Si sta reagendo con servilismo alla padronanza dell’azienda Mittal, a discapito della salute dei cittadini e degli operai. Si continua a parlare di questioni economiche, facendo forza sull’impossibilità dello stato di coprire le spese d’emergenza. L’unica soluzione è nella protesta immediata, mediatica degli operai. Non permettiamo al clima di emergenza di ovattare le nostre voci e le nostre richieste.”

Dopo averlo ringraziato Giorgio per il tempo che ci ha concesso, ci saluta raccontandoci la situazione generale di ogni lavoratore della Mittal/ex ILVA: “La situazione quotidiana è instabile ed il futuro incerto. Viviamo nel terrore di non poter scegliere fra la salute ed il lavoro già da prima dell’emergenza, ma ora l’imprevedibilità del caso è ancor più incerta. A nessuno importa di noi, forza operaia, che manda davvero avanti l’industria.”

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