di Enrico Bilardo
Duecento anni fa nasceva Friedrich Engels. Insieme a Marx teorico del socialismo scientifico, la sua figura viene spesso sottovalutata. Ciò avviene nonostante il suo apporto al movimento operaio e alla definizione del pensiero marxista abbia pochi eguali nella storia. I suoi contributi teorici hanno tutt’oggi enorme importanza per analizzare e cambiare la realtà che ci circonda.
Come è noto Engels fu figlio di un industriale. Fin da giovanissimo, tuttavia si distaccò dalle idee e dai retaggi familiari. Avendo l’opportunità di conoscere in prima persona la situazione delle fabbriche, ebbe la possibilità di toccare con mano la realtà fatta di terribile miseria e sfruttamento vissuta dalla classe operaia, i cui echi si ritrovano in una delle sue più note opere giovanili, “La condizione della classe operaia in Inghilterra”. Conoscere lo sfruttamento, l’avidità dei capitalisti, che non si facevano alcuna remora a sfruttare in condizioni disumane persino dei bambini, contribuì al suo avvicinamento a idee socialiste. L’incontro con Karl Marx cambiò le loro vite e le sorti dei proletari di tutto il mondo. La loro collaborazione rese possibile la definizione del socialismo scientifico, che si impose come lo strumento teorico per l’emancipazione dei lavoratori. Per primi compresero come il socialismo non dovesse rappresentare un orizzonte posto da sognatori, un eden immaginifico a cui tendere, ma lo scopo finale ed il risultato necessario dello sviluppo delle forze produttive. Capirono come l’evoluzione della società fosse condizionato dallo sviluppo di forze materiali – le forze produttive – e come gli stessi individui, le coscienze, le idee, le rappresentazioni della realtà, fossero condizionate dall’attività materiale e dalle relazioni materiali caratterizzanti la società in cui gli individui stessi si trovavano a vivere. Ciò rese possibile la comprensione della storia dell’uomo come una storia caratterizzata dalla lotta di classe e l’individuazione del proletariato, in virtù della sua posizione all’interno dei rapporti di produzione e delle caratteristiche della società capitalistica, come classe rivoluzionaria, come soggetto storico in grado di rovesciare il dominio di classe della minoranza sulla maggioranza per portare, infine, al superamento delle classi stesse. Hanno fornito alla classe operaia gli strumenti per avere coscienza del proprio ruolo, imponendo la scienza al posto delle utopie. Per la prima volta la teoria poteva diventare forza materiale in grado di cambiare la storia.
Engels diede un contributo fondamentale alla produzione di Marx, non solo da un punto di vista teorico, condividendo la scrittura e l’elaborazione di alcuni tra i testi fondamentali del comunismo, ma anche dandogli supporto economico nei momenti di necessità. Descrivere Engels come la semplice spalla di un genio non rende giustizia alla sua figura. Non fu solo un intellettuale, un teorico, ma un dirigente comunista in prima linea nelle lotte dei lavoratori. Dopo la morte di Marx ordinò alcune delle sue opere incomplete, che altrimenti non avrebbero mai visto la luce, e continuò ad assistere il giovane movimento operaio.
Attraverso i suoi testi è possibile comprendere la natura del materialismo storico e il funzionamento del ragionamento dialettico in tutta la sua complessità. Le basi metodologiche, fondamentali per chiunque aspiri a comprendere e cambiare lo stato delle cose presenti, vengono spiegate da Engels in una maniera che probabilmente non ha pari in tutta la produzione marxista. Molte delle questioni che tutt’oggi sono al centro del dibattito tra comunisti -e non solo- possono trovare risposta nella produzione di Engels. Fin da pochi anni dopo la morte di Marx, ad esempio, si svilupparono tendenze che interpretavano il socialismo scientifico in maniera meccanica e economicista. Delle interpretazioni che, intrise di fatalismo, affermavano che sulla base dello sviluppo storico ed economico il socialismo si sarebbe imposto naturalmente a seguito dell’esplosione delle contraddizioni insite alla società capitalista. Dinnanzi a letture meccaniche, che presentavano lo sviluppo storico come frutto di tendenze unidirezionali, Engels non esitava nel sottolineare la natura dialettica dello sviluppo della società, fondata su movimenti reciproci:
“Secondo la concezione materialistica della storia la produzione e riproduzione della vita reale è nella storia il momento in ultima istanza determinante. Di più né io né Marx abbiamo mai affermato. Se ora qualcuno distorce quell’affermazione in modo che il momento economico risulti essere l’unico determinante, trasforma quel principio in una frase fatta insignificante, astratta e assurda. La situazione economica è la base, ma i diversi momenti della sovrastruttura – le forme politiche della lotta di classe e i risultati di questa – costituzioni stabilite dalla classe vittoriosa dopo una battaglia vinta, ecc. – le forme giuridiche, anzi persino i riflessi di tutte queste lotte reali nel cervello di coloro che vi prendono parte, le teorie politiche, giuridiche, filosofiche, le visioni religiose ed il loro successivo sviluppo in sistemi dogmatici, esercitano altresì la loro influenza sul decorso delle lotte storiche e in molti casi ne determinano in modo preponderante la forma. È un’azione reciproca tutti questi momenti, in cui alla fine il movimento economico si impone come fattore necessario attraverso un’enorme quantità di fatti casuali (cioè di cose e di eventi il cui interno nesso è così vago e così poco dimostrabile che noi possiamo fare come se non ci fosse e trascurarlo). In caso contrario, applicare la teoria a un qualsiasi periodo storico sarebbe certo più facile che risolvere una semplice equazione di primo grado.” [1]
Questo chiarimento non è semplicemente di natura teorica. Segna tutta la differenza tra chi nel corso della storia ha promosso atteggiamenti attendisti e fatalisti, rispetto a chi, come Lenin, ha compreso la profonda necessità del partito politico rivoluzionario come forma organizzativa della classe operaia in grado di dare la decisiva spallata a un capitalismo sempre più schiacciato dal peso delle proprie contraddizioni. Una lezione che oggi assume particolare importanza. Dinnanzi a una situazione di crisi endemica e strutturale del capitalismo in tutto il mondo, infatti, non si scorgono nell’immediato prospettive rivoluzionarie. Ciò accade perché, nonostante questo livello di crisi, oggi risulta assente una soggettività politica in grado di organizzare la classe operaia e porre concretamente la prospettiva della costruzione della società socialista. La strutturazione di questa organizzazione politica deve rappresentare una necessità inderogabile per chiunque voglia costruire una società fondata sulla libertà e la giustizia sociale e libera dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Insieme a Marx è riuscito a cogliere tutte le complessità e le contraddizioni del capitalismo, che si riflettono anche nelle classi dominanti. Studiando Engels è possibile comprendere come, anche all’interno della stessa borghesia, esistano delle contraddizioni, che possono produrre dei conflitti economici e, talvolta, anche di natura ideologica. Scontri destinati a scomparire nel momento in cui si palesa una minaccia concreta rispetto al dominio di classe, ma che si sviluppano continuamente nel momento in cui la borghesia non si sente, come classe, minacciata dai lavoratori, esattamente come accade oggi. Un approccio a queste contraddizioni semplicistico e inquinato dall’utilizzo di categorie che non appartengono al marxismo, ha portato nel corso della storia -e porta tutt’oggi- diverse organizzazioni “comuniste” a mettersi alla coda di settori della borghesia, tradendo nei fatti la causa dei lavoratori.
Una questione fortemente legata anche a quella della proprietà statale, che ha rappresentato storicamente uno dei maggiori nodi di discussione all’interno del movimento comunista. Con grande lungimiranza e lucidità, derivanti da una totale consapevolezza nello sviluppo del ragionamento dialettico, Engels riuscì a chiarire anche come andassero interpretati determinate evoluzioni e movimenti interni alla società capitalista, evitando di farsi trarre in inganno:
“Ad un certo grado dello sviluppo, neanche questa forma (quella delle cosiddette “società anonime”, che nell’ordinamento italiano si distinguono in S.p.A. e S.r.l., ndr.) è più sufficiente; il rappresentante ufficiale della società capitalistica, lo Stato, deve assumerne la direzione. La necessità della trasformazione in proprietà statale si manifesta anzitutto nei grandi organismi di comunicazione: poste, telegrafi, ferrovie. Se le crisi hanno rivelato l’incapacità della borghesia a dirigere ulteriormente le moderne forze produttive, la trasformazione dei grandi organismi di produzione e di traffico in società anonime e in proprietà statale mostra che la borghesia non è indispensabile per il raggiungimento di questo fine. Tutte le funzioni sociali del capitalista sono oggi compiute da impiegati salariati. Il capitalista non ha più nessuna attività sociale che non sia l’intascar rendite, il tagliar cedole e il giocare in borsa, dove i capitalisti si spogliano a vicenda dei loro capitali. […] Ma né la trasformazione in società anonime, né la trasformazione in proprietà statale sopprime il carattere di capitale delle forze produttive. Nelle società anonime questo carattere è evidente. E a sua volta lo Stato moderno è l’organizzazione che la società capitalistica si dà per mantenere il modo di produzione capitalistico di fronte agli attacchi sia degli operai che dei singoli capitalisti. Lo Stato moderno, qualunque ne sia la forma, è una macchina essenzialmente capitalistica, uno Stato dei capitalisti, il capitalista collettivo ideale. Quanto più si appropria le forze produttive, tanto più diventa un capitalista collettivo, tanto maggiore è il numero di cittadini che esso sfrutta. Gli operai rimangono dei salariati, dei proletari. Il rapporto capitalistico non viene soppresso, viene invece spinto al suo apice.”[2]
Già alla fine dell’Ottocento Engels ammoniva i comunisti dal non confondere la proprietà statale con il socialismo, a mantenere l’attenzione sui rapporti di produzione interni alla società, reale indicatore del dominio di classe sul proletariato. Delle considerazioni che risultano estremamente attuali e utili a interpretare la reale natura di determinati modelli di società, che spesso vengono erroneamente presentati come alternativi al capitalismo .
Questi sono solo alcuni esempi di come il contributo di Engels alla causa del comunismo sia stato fondamentale e come lo studio delle sue opere possa rappresentare ancora oggi un utilissimo strumento per i comunisti di tutto il mondo.
Lenin in occasione della sua morte, avvenuta il 5 agosto del 1895, scrisse di Engels definendolo il “il più grande scienziato e maestro del proletariato moderno dell’intero mondo civilizzato”[3], secondo solo allo stesso Karl Marx. A duecento anni dalla sua nascita non si può che confermare questo giudizio.
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[1] Friedrich Engels, “Lettera a Jon Bloch”, 1890.
La lettera fu scritta in un contesto in cui molti studiosi del pensiero di Marx, analizzando il rapporto tra struttura e sovrastruttura, abbandonavano una prospettiva dialettica, interpretando la relazione come univoca. Secondo queste letture con lo sviluppo delle contraddizioni a livello economico la società sarebbe cambiata in maniera automatica. Tutto ciò che avveniva a livello della sovrastruttura diventava conseguenza meccanica dei movimenti al livello della struttura. Engels chiarì che se lui e Marx avevano calcato maggiormente sul ruolo della struttura, elemento necessario e determinante, non era perché le idee, le soggettività politiche e la dimensione sovrastrutturale nel suo complesso fosse ininfluente, ma semplicemente perché in quella particolare fase storica vi erano socialisti che negavano il ruolo fondamentale del lato economico nello sviluppo della società.
[2] Anti-Dühring – Terza sezione. Socialismo, Elementi teorici
[3] Lenin, Articolo Biografico su Engels