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Aumentano i contagi Covid nei luoghi di lavoro

di Antonio Viteritti

I casi di Covid stanno aumentando sensibilmente nei luoghi di lavoro. Lo certifica il report periodico dell’Inail (Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro). Più del 47% dei contagi (circa 49mila persone) sono stati denunciati come infortunio sul lavoro solo nel bimestre ottobre-novembre, rispetto al 44% (46.500 contagi) della prima ondata (marzo-aprile). Lo stesso report, però, afferma che i casi sono destinati ad aumentare nei prossimi mesi.

Andando ad analizzare i dati, il Nord Italia si conferma l’area con il maggior numero di contagi nei luoghi di lavoro, oltre il 71 % di cui il 30,5% nella sola Lombardia, mentre il settore lavorativo maggiormente colpito rimane quello della sanità e dell’assistenza sociale con il 68,7% delle denunce e il 23,7% dei casi mortali. Particolarmente elevato è il dato di lavoratori immigrati contagiati, che ammonta al 14,4% del totale, con casi diffusi soprattutto in quei settori, come la logistica e l’agricoltura, in cui la presenza della manodopera straniera è rilevante. E a margine di questi dati andrebbe considerato che i dati relativi all’agricoltura non possono che essere parziali a causa dell’irregolarità dei contratti di molti lavoratori.

Il report, come unico aspetto positivo, evidenzia come i morti nei luoghi di lavoro per Covid siano diminuiti nella seconda ondata rispetto alla prima (su 366 totali, il 50,3% solo ad aprile), un dato spiegabile dalla maggiore diffusione e maggiore disponibilità dei dispositivi di sicurezza, carenti durante i primi mesi di pandemia. L’aumento generale dei contagi nella cosiddetta seconda ondata è, invece, un chiaro indice dell’insufficienza delle misure prese dal governo per contenere la diffusione del virus, che nonostante le limitazioni viaggia spedito e sta trovando terreno fertile soprattutto nei luoghi di lavoro. Questa ombra sulla gestione della pandemia nel nostro Paese, che in verità esiste da mesi, è confermata proprio dalle misure adottate dal Governo, che ha ridotto al minimo la socialità pur di non chiudere, senza però fermare il virus. Risulta evidente, allora, che il virus si diffonda prevalentemente nei luoghi di lavoro, ma il Governo finge di non sapere e cerca di scaricare la responsabilità sui comportamenti individuali.

Alla luce di questi dati, risulta evidente come le misure adottate finora non siano state in grado di limitare il virus, tutt’al più ne hanno rallentato la diffusione, come evidenzia lo stesso report per il periodo relativo a giugno-settembre. Con la ripresa della quotidianità, però, i contagi hanno ripreso a crescere e le nuove misure di contenimento adottate in questi ultimi mesi non hanno dato i risultati sperati, se si considera che il record di morti si è toccato il 3 dicembre con 993 decessi, mentre il picco più alto durante la prima ondata è stato di 919, toccati il 27 marzo.

La discutibile gestione della seconda ondata da parte del Governo evidenzia come la volontà sia quella di garantire a Confindustria la massima produttività e di mantenere stabili, nei limiti del possibile, i consumi, preferendo sacrificare la salute pubblica in nome dei profitti e dello shopping natalizio. A pagarne le spese, già da questa ondata ma in maniera ancora più pesante, saranno i lavoratori e purtroppo non solo in termini economici, con aumento dei licenziamenti e della precarietà, ma anche e soprattutto in termini sanitari.

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